Continua il “cambio di paradigma”

Se c’è stato un papato che ha reso la Santa Sede una fabbrica di novità, è proprio quello del pontefice argentino.

da Tradizione Famiglia Proprietà (12-2018)

Se c’è stato un papato che, secondo un noto vaticanista, ha reso la Santa Sede una fabbrica di novità, è proprio quello del pontefice argentino. Così, nei mesi che sono seguiti alla prima stesura di questo lavoro (Il cambio di paradigma” di Papa Francesco: Continuità o rottura nella missione della Chiesa? Bilancio quinquennale del suo pontificato, Independently published, 20 giugno 2018), la cronaca della vita della Chiesa non è stata certo priva di avvenimenti decisivi. È sembrato quindi necessario esaminare se questi eventi abbiano confermato, smentito o almeno alterato in modo significativo il quadro generale delineato da questo libro e se quindi le sue conclusioni rimangano ancora valide.

Si può tranquillamente asserire che la tesi centrale dello studio — riassumibile nell’idea di un cambiamento di paradigma implicante una nuova concezione del cattolicesimo e della Chiesa — viene nettamente rafforzata dagli eventi di questi ultimi mesi; così come viene confermata pure l’intenzione di inseguire la visione della cosiddetta Modernità, anziché cercare di indirizzarla e di convertirla secondo i principi insegnati dalla Tradizione cattolica.

Quali sono le principali novità che hanno segnato gli ultimi mesi e in che senso possiamo dire che confermano o rafforzano le tesi di questo lavoro? Vanno segnalati in modo speciale il cambiamento del Catechismo sulla pena di morte; le tre “testimonianze” con le quali mons. Carlo Maria Viganò, ex nunzio negli Stati Uniti, ha imputato a Papa Francesco la responsabilità di aver ignorato gli abusi commessi dall’arcivescovo emerito di Washington, Theodore McCarrick, e ha denunciato la rete di complicità che nasconde certe pratiche immorali nella Chiesa; gli accordi stipulati tra il Vaticano e la Cina; e, infine, il Sinodo sui giovani.

La modifica del Catechismo

La modifica all’insegnamento del Catechismo sulla pena di morte è un primo esempio che conferma un cambio di paradigma nell’ottica di una “rivoluzione culturale”. Se finora il Magistero ammetteva la liceità della pena capitale, la modifica del n. 2267 del testo, ufficializzata il 1° agosto 2018, afferma:

“Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. (…) Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che ‘la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona’ e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo” (1).

Il gesuita Ladaria

Come si può ben notare, asserendo che la pena di morte è ‘inammissibile’ in quanto attenterebbe alla dignità umana, si introduce un autentico cambio di paradigma dottrinale. Nonostante gli sforzi compiuti dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Luis Ladaria (2), per cercare di convincere che il cambiamento sia uno “sviluppo coerente della dottrina cattolica”, a ben pochi sarà sfuggito che ci si trova invece di fronte ad una rottura con l’insegnamento di sempre della Chiesa. Basti solo pensare che nel giugno 2004, nella lettera inviata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger ai vescovi statunitensi (3), il porporato specificava che tra i cattolici vi possono essere legittime diversità di vedute sull’applicazione della pena capitale, ritenuta dunque lecita in principio.

Le domande sorgono spontanee: come è stato possibile che la Chiesa in tutta la sua storia abbia sempre ritenuto ammissibile ciò che in realtà non lo è? Cosa resterà dell’indefettibilità della Chiesa, soprattutto se a questa modifica dovessero seguirne altre, fondate sull’idea di una “sempre più viva consapevolezza della dignità della persona”? E come possono giustificarsi i passi biblici in cui non solo non si condanna la pena di morte, ma è Dio stesso a infliggerla in alcune circostanze? Si può accettare un cambio di paradigma così radicale da porre l’esigenza di adeguamento alla cultura dominante al di sopra della stessa Parola di Dio?

Peraltro, quanto stabilito in merito alla pena capitale sembra paradossale vista la caparbia volontà della Santa Sede di stringere accordi con la Cina, dove Amnesty International registra ogni anno migliaia di condanne a morte. Sì, proprio con quella Cina di cui uno stretto collaboratore del Papa, il vescovo Marcelo Sánchez Sorondo, ha avuto la sfrontatezza di dichiarare che “in questo momento, quelli che meglio mettono in pratica la dottrina sociale della Chiesa sono i cinesi” (4).

L’accordo con la Cina

E veniamo così a un altro avvenimento: dopo mesi di polemiche, aspettative, paure e speranze, il 22 settembre 2018 la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese hanno firmato a Pechino un Accordo Provvisorio sulla nomina dei vescovi.

Tutto ciò mentre i principali organi di stampa specializzati continuano a denunciare una persecuzione in atto contro i cattolici e i membri di altre denominazioni religiose in Cina (5). Sembra trattarsi di un salto di qualità in negativo rispetto alla già nefasta Ostpolitik casaroliana, che forse non avrebbe osato tanto davanti a un avversario che neppure si sforza di apparire distensivo.

In tempi in cui si fa un gran parlare di trasparenza, l’accordo è curiosamente rimasto segreto. Nessuno sa cosa prevede e questo è molto strano, come ha fatto notare l’arcivescovo emerito di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen. Il porporato si domanda: “Allora qual è il risultato della lunga fatica? Qual è la risposta alla nostra lunga attesa? Non si dice niente! [L’accordo] è segreto!? Tutto il comunicato (della Santa Sede) si riduce a queste parole ‘C’è stata la firma di un accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei Vescovi’. Tutto il resto sono parole senza senso. Allora quale messaggio la Santa Sede intende mandare ai fedeli in Cina con questo comunicato? (…) E che cosa dirà il governo ai cattolici in Cina? (…) Siamo particolarmente preoccupati di sapere: ‘la nomina dei Vescovi’ include anche la legittimazione dell’Associazione Patriottica? Include anche la rinomina dei Vescovi della Comunità ‘clandestina’ presentati questa volta dal Governo? E a quelli che non accettano tale rinomina, non rimane che essere grati al governo per riconoscerli finalmente come Vescovi Emeriti?” (6).

«I comunisti la pensano come i cristiani». Ebbene sì, una tale corbelleria è stata detta da un papa.

I fatti successivi ai dubbi espressi dal cardinale Zen hanno mostrato che papa Francesco ha riabilitato tutti i vescovi dell’Associazione Patriottica e addirittura ha accettato che due di loro, evidentemente imposti dal governo cinese (7), partecipassero al Sinodo sui giovani svoltosi in Vaticano dal 3 al 28 ottobre 2018. Inoltre, nel Messaggio inviato ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale (8) per spiegare il senso degli accordi, il Papa ha semplicemente invitato i fedeli a fidarsi di lui ‘a scatola chiusa’ lasciandosi alle spalle il passato. Molti dunque si domandano: quali sono per la Chiesa i vantaggi degli accordi, e perché dovrebbero rimanere segreti se non per nasconderne la debolezza di fronte al governo comunista? E tutti i martiri del regime che per decenni hanno testimoniato col sangue e con la prigionia la loro fedeltà a Roma e alla fede cattolica, forse hanno sofferto e sono morti invano? Tutto questo in fondo non rivela che si è operato un altro radicale cambio di paradigma rispetto alla condanna del comunismo, definito “ideologia intrinsecamente perversa” (enciclica Divini Redemptoris, del 1937) e “vergogna del nostro tempo” (Istruzione Libertatis Nuntius su alcuni aspetti della Teologia della Liberazione, del 1984)?

Negli accordi con la Cina, peraltro, per anni ha giocato un ruolo molto attivo l’arcivescovo emerito di Washington Theodore McCarrick (9). L’allora porporato in varie occasioni si è lasciato andare a dichiarazioni a dir poco sconcertanti. Comparando il Pontefice con il dittatore cinese Xi Jinping, in un’intervista al Global Times del 2016 (10) ha affermato che l’affinità tra i due è un regalo speciale per il mondo.

Il “caso McCarrick”

Si tratta dello stesso arcivescovo McCarrick finito sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo perché, a seguito di una denuncia per abuso sessuale su un minorenne avvenuto anni fa, si è dimesso dal collegio cardinalizio. Francesco ha accettato le sue dimissioni il 28 luglio 2018 (11), invitandolo a una vita ritirata di preghiera e sospendendolo dall’esercizio di qualsiasi ministero pubblico.

Con questo gesto simbolico, il Pontefice ha voluto mostrare ancora una volta la sua tolleranza zero nei confronti della pedofilia nella Chiesa. Una linea dura ribadita con la pubblicazione della Lettera al popolo di Dio, il 20 agosto 2018 (12). Sorprende però che nel testo il Papa non parli nemmeno una sola volta di omosessualità, anche se notoriamente molti dei cosiddetti episodi di pedofilia sono in realtà casi di abusi omosessuali di sacerdoti con giovani e, nel caso di McCarrick, anche con seminaristi e sacerdoti adulti. Non a caso, nella sua terza importante testimonianza, l’ex nunzio negli Stati Uniti, mons. Carlo M. Viganò, avverte che non si può “deprecare l’abuso, dire di piangere per le vittime, e però rifiutare di denunciare la causa principale di tanti abusi sessuali: l’omosessualità” (13).

McCarrick e Bergoglio nel 2013

Eppure, per il Papa la radice di tutti i mali sembra essere il ‘clericalismo’, ossia l’abuso di potere da parte del clero. Una buona parte dei mass media e della teologia neo-modernista si compiace di questa accusa, giacché si presta a una interpretazione dal sapore marxista della “lotta di classe”, con fedeli “oppressi” contro sacerdoti “oppressori”, che permetterebbe di aprire la strada a una sorta di rivoluzione che finalmente capovolga la struttura gerarchica della Chiesa. Ma se è assolutamente vero che possono esistere sacerdoti che abusano del loro potere ministeriale, come di fatto è spesso accaduto, trasformando dei fedeli, minorenni o maggiorenni che siano, in oggetti di soddisfazione dei propri vizi, non è meno vero che gli studi più autorevoli rivelano che negli ultimi decenni è esistita ed esiste ancora una vasta pratica dell’omosessualità nel clero e nei seminari, che però nessuno sembra voler affrontare seriamente. Per citare ancora mons. Viganò nella sua terza testimonianza, sebbene sia “accertato che i predatori omosessuali sfruttano il loro privilegio clericale a loro vantaggio”, attribuire il male solo a questo abuso significa confondere “un mezzo, uno strumento” con “la causa principale” (14).

Infatti, vi è una chiara dicotomia tra la manifesta volontà di tolleranza zero con gli abusi sessuali commessi dal clero e la rinuncia a mettere bene a fuoco la causa più profonda del problema, ovvero la relativizzazione morale che domina in ampi settori della Chiesa circa la dottrina e la pratica del Sesto Comandamento, con la loro conseguente apertura e benevolenza verso la mentalità moderna plasmata dalla Rivoluzione sessuale.

Infatti, l’omissione di una severa condanna della rete omosessualista nella Chiesa va di pari passo con le crescenti aperture ecclesiastiche nei confronti delle persone che praticano anche pubblicamente l’omosessualità. Significativa, ad esempio, è la notevole influenza esercitata da un personaggio come il gesuita americano James Martin, consulente per la Comunicazione della Santa Sede e oratore al recente Congresso Mondiale delle Famiglie a Dublino. Padre Martin, forte dei suoi altolocati patrocini, impernia la sua attività sul tema dell’‘accoglienza’ verso le comunità LGBT, idea che ha trovato riscontro nello stesso Instrumentum laboris del Sinodo sui giovani (15).

La denuncia di mons. Viganò

In questa cornice, la prima testimonianza pubblicata il 26 agosto 2018 su vari media cattolici da mons. Carlo M. Viganò (16), ex nunzio negli Stati Uniti, mentre papa Francesco si trovava al summenzionato Congresso Mondiale delle Famiglie a Dublino, ha impresso una svolta clamorosa allo scandalo McCarrick e a tutta la problematica dell’offensiva omosessualista nella Chiesa.

S. E. Mons. Carlo Maria Viganò

In estrema sintesi, l’ex nunzio ha rivelato che il Pontefice sapeva bene chi fosse e quale condotta tenesse l’ex cardinale McCarrick, che per la sua vita scandalosa aveva ricevuto da Benedetto XVI l’ordine – a quanto pare solo verbale – di ritirarsi a vita privata (ordine che l’arcivescovo comunque non seguì alla lettera). Tuttavia, secondo mons. Viganò, Francesco lo avrebbe scelto tra i suoi consiglieri e addirittura gli avrebbe permesso di tornare alla ribalta, anche perché McCarrick sembra aver giocato un ruolo rilevante nell’elezione del cardinale Bergoglio.

La testimonianza dell’ex nunzio, comunque, va ben al di là del caso McCarrick. Si occupa molto più ampiamente del summenzionato problema dell’omosessualità all’interno della Chiesa, citando alcuni nomi di alte cariche vaticane che sarebbero state e continuerebbero ad essere quanto meno complici della ‘lobby’ omosessuale. Di fronte a queste accuse e addirittura a una richiesta di dimissioni, Papa Francesco ha preferito non rispondere. Ciò però non ha fermato le polemiche, che soprattutto negli Stati Uniti risultano molto accese e per nulla soggette a quel tono “ecclesialmente corretto”, di cui invece si fa gran uso nei Paesi europei e altrove.

Marc Ouellet

Dal canto suo, mons. Viganò non si è lasciato intimorire, ma ha rilanciato le accuse il 29 settembre 2018 con un’altra testimonianza (17), in cui ha criticato il Papa per il suo silenzio e ha trascinato nel dibattito il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi. Di fronte a questi attacchi, alcuni giorni dopo papa Francesco ha infatti modificato la precedente linea di condotta impostata sul completo silenzio, dapprima diramando un comunicato della Santa Sede (18) per affermare che le indagini su McCarrick continueranno e poi autorizzando il cardinale Ouellet (19) a rispondere a mons. Viganò. Tuttavia, entrambe le reazioni non vanno al punto centrale della testimonianza dell’ex nunzio negli Stati Uniti: papa Francesco sapeva o no di quanto chiesto da Benedetto XVI a McCarrick? E se sapeva, perché ha permesso che continuasse a viaggiare ed operare tranquillamente? Queste incalzanti domande vengono riproposte nella terza testimonianza di mons. Viganò, in realtà una replica al cardinale Ouellet, che è stata resa pubblica il 19 ottobre 2018.

La questione non è destinata a chiudersi facilmente e in breve tempo. Non è stata certo la denuncia di mons. Viganò, bensì il nuovo atteggiamento disciplinare e dottrinale in campo morale a indebolire l’immagine della Chiesa nel mondo, ad aumentare le profonde divisioni al suo interno e a far crescere lo sconcerto e la perplessità di moltissimi fedeli. È una situazione drammatica, come forse non si è mai registrata nella storia. Per questo si fa sempre più largo la consapevolezza della necessità di una riforma morale e spirituale all’interno della Chiesa.

Il Sinodo sui giovani

In tale contesto si è giunti al Sinodo sui giovani tenutosi nell’ottobre 2018.

Prima della sua apertura, l’aspettativa sulla possibilità di un cambio di paradigma rispetto all’omosessualità era grande, simile e parallela a quella avvenuta dopo i due Sinodi sulla Famiglia in materia di accesso all’Eucaristia per i cosiddetti divorziati-risposati. Ci si domandava cioè se sarebbe stato compiuto un ulteriore passo avanti nell’adattare la morale cattolica alla mentalità dominante, magari invocando la stessa giustificazione già data per modificare la dottrina sulla pena di morte, ovvero che un eventuale cambiamento sull’insegnamento in tema di omosessualità sarebbe stata da attribuire a una “sempre più viva consapevolezza della dignità umana”.

Se il Sinodo sui giovani ha compiuto o meno questo passo, sarà il tempo a dirlo.

Mons. Charles Chaput

Comunque, è interessante riportare quanto affermato prima dell’evento dall’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles Chaput, membro del Consiglio permanente del Sinodo dei Vescovi. Dopo aver chiesto al Santo Padre di rimandare il Sinodo a seguito degli scandali riguardanti McCarrick e il Vaticano, ha sposato la severa critica di un teologo suo connazionale all’Instrumentum laboris, ovvero il documento preparatorio al Sinodo, in cui ancora una volta si delineava la prospettiva di una “rivoluzione culturale”. “Un Sinodo che ha a che fare con i giovani e la sessualità dovrebbe anche affrontare – in modo onesto e completo – le radici degli abusi sessuali sui minori”, ha detto il presule americano, affermando poi che “né al Papa né alla Chiesa viene reso un servizio – in particolare in un’epoca di crisi e umiliazione – da un eccesso di sentimento, di compiacimento e di sociologia. Le fede richiede di più” (20).

Come prevedibile, la richiesta di rimandare a un momento più propizio il Sinodo sui Giovani non è stata accolta e l’evento si è tenuto secondo il programma prestabilito. L’assise sinodale si è conclusa emanando un lungo documento finale, ampiamente approvato dalla maggioranza dei suoi membri. Tuttavia, ancora una volta si è tornato a parlare di imposizioni e di sorprese apparse all’ultimo momento nelle bozze che hanno portato alla redazione e alla votazione conclusive (21).

Come già accennato, l’evento aveva destato un forte interesse nei media soprattutto perché l’Instrumentum Laboris, presentato previamente dalla Segreteria del Sinodo, introduceva persino il linguaggio ideologico omosessualista, fatto senza precedenti in documenti di tale calibro.

Sebbene l’acronimo LGBT presente nell’Instrumentum Laboris abbia suscitato una considerevole reazione fra alcuni Padri sinodali – e ciò spiega perché sia stato escluso dal documento conclusivo – è altrettanto vero che, nella sostanza, nel testo finale latita il chiaro obbligo alla castità per le persone omosessuali finora vigente nella dottrina cattolica. Il documento dà l’impressione che si auspichi un ammorbidimento della posizione della Chiesa sul tema, laddove lascia intendere che l’insegnamento sulle “inclinazioni sessuali” è un processo in corso, che avrà bisogno di “una più approfondita elaborazione antropologica, teologica e pastorale” (22).

Anche nei riguardi del Catechismo, che condanna le “ingiuste discriminazioni” provocate dalle cosiddette “inclinazioni sessuali”, il documento finale (par. 150) fa un passo avanti affermando che bisogna condannare “ogni discriminazione”, non solo quelle ingiuste. Nella sua analisi del documento, il noto vaticanista Edward Pentin si domanda se ad esempio una istituzione cattolica potrà licenziare un dipendente o espellere uno studente che manifesta comportamenti morali in contraddizione con l’insegnamento cattolico. Il giornalista britannico si chiede inoltre se l’accompagnamento alle persone omosessuali raccomandato dal documento non sarà quello predicato dal gesuita James Martin, che si traduce in pratica nella normalizzazione della condotta omosessuale anziché nell’incentivare la vita casta. Eppure, Pentin scrive che il testo finale di questo paragrafo sull’omosessualità è stato significativamente migliorato rispetto alla bozza presentata ai Padri, grazie all’intervento di alcuni di loro (23).

Considerate le numerosissime iniziative svoltesi ultimamente in diocesi e parrocchie per ‘accogliere’ la comunità LGBT, Riccardo Cascioli, direttore della Nuova Bussola Quotidiana, a proposito del documento finale ha scritto che esso conferma la tendenza in atto di cambiare la dottrina con la prassi. “Malgrado la forte pressione che c’è anche nella Chiesa per normalizzare l’omosessualità – scrive Cascioli -, il documento del Sinodo evita di dire una parola chiara sull’argomento, magari citando il Catechismo e ribadendo, pur nell’accoglienza della persona, il giudizio sul disordine oggettivo rappresentato dalla tendenza omosessuale”. “L’aver evitato di inserire nel testo l’acronimo Lgbt – conclude – è soltanto una mossa strategica per evitare che il paragrafo fosse bocciato, ma la sostanza rimane e non passerà molto tempo che vedremo magicamente rispuntare quell’acronimo in qualche documento ufficiale” (24).

Una sessione del sinodo del 2018.

Come riferisce Pentin, a diversi Padri il documento finale del Sinodo ha dato adito anche ad altre preoccupazioni, come l’inserimento, del tutto sproporzionato rispetto a quanto discusso nei dibattiti, del concetto di sinodalità. Col pretesto della sinodalità, vari vescovi temono si produca una decentralizzazione e democratizzazione anche in campo magisteriale, con la conseguente possibile introduzione di insegnamenti eterodossi. Altri Padri invece hanno manifestato al vaticanista inglese “che non importa quanto meritevoli siano le parti buone del documento se poi i passaggi ambigui potranno venire utilizzati per presentare un apparente cambiamento nell’insegnamento della Chiesa”. Pentin inoltre aggiunge che una fonte vicina alla macchina sinodale gli ha confidato che “la vaghezza sarà sempre interpretata nel peggiore dei modi” (25).

E se questa vaghezza si legge alla luce di quanto avrebbe confessato Papa Francesco a mons. Bruno Forte, dopo il secondo Sinodo sulla Famiglia, ovvero: “Se parliamo esplicitamente di comunione ai divorziati-risposati, questi (i padri sinodali, ndr) non sai che casino che ci combinano. Allora non ne parliamo in modo diretto, fa’ in modo che ci siano le premesse, poi le conclusioni le trarrò io”, potremo aspettarci grandi novità in una eventuale esortazione post-sinodale, come è accaduto con Amoris Laetitia.

Note

1. Da rilevare che per giustificare il cambiamento, il Papa nel testo cita se stesso, ovvero il discorso tenuto ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione dell’11 ottobre 2017.

2. press.vatican.va

3. chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/7055.html

4. lastampa.it

5. Cfr. ad esempio asianews.it; asianews.it

6. aldomariavalli.it

7. vatican.va

8. catholicherald.co.uk

9. globaltimes.cn

10. press.vatican.va ;. vatican.va

12. Cfr. terza testimonianza di mons. Carlo M. Viganò, 19 ottobre 2018, in aldomariavalli.it

13. Ibidem

14. vatican.va

15. aldomariavalli.it

16. https://www.aldomariavalli.it/2018/09/27/vigano-papa-fran- cesco-perche-non-rispondi-chi-tace-acconsente/

17. https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2018-10/santa-sede-papa-francesco-mccarrick-abusi.html

18. https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2018-10/lettera-cardinale-ouellet-accuse-santa-sede-vigano-mccarrick.html

19. https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/09/29/news/un-sinodo-senza -fede-216226/

20. Cfr. Edward Pentin, Youth Synod Final Document: Five Areas of Concern, in National Catholic Register, 27.10.2018.

21. Documento finale, n°150, press.vatican.va

22. Cfr. Edward Pentin, Youth Synod Final Document.

23. Riccardo Cascioli, Lgbt o no, l’omosessualismo avanza, in La Nuova Bussola Quotidiana, 29.10.2018.

24. Edward Pentin, Youth Synod Final Document.

25. cfr http://zonalocale.it

(fonte: atfp.it)

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