Giovanni Paolo II? Canonizzato e tradito

Proponiamo ai nostri lettori due interviste riguardo le purghe bergogliose attuate all’Istituto Giovanni Paolo II, che ormai del suo fondatore porta solo il nome.

Mons. Granados: “Così stanno distruggendo l’Istituto Giovanni Paolo II”

In questa intervista al sito spagnolo Religion Confidencial, che La Nuova BQ traduce e riporta integralmente, il vice-preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, padre José Granados, chiarisce come i nuovi Statuti minacciano gravemente l’identità dell’istituto e denuncia le manovre per eliminare i docenti “scomodi”.

Giovedì 1° agosto 2019

Mons. Granados

È vero che i nuovi statuti stanno distruggendo l’eredità di Giovanni Paolo II su matrimonio e famiglia?

Nei nuovi statuti c’è una svolta decisiva: la drastica riduzione della teologia morale. Nel comunicato ufficiale dell’istituto, emesso il 29 luglio, si dice che la teologia morale trova una nuova collocazione e si segnala che ci sono due cattedre di morale: da un lato la morale sull’amore e sul matrimonio, dall’altro l’etica della vita. Quello che non si dice è che ci sarebbero già, secondo i vecchi statuti, due cattedre dedicate a questi insegnamenti (una cattedra di morale speciale, su sessualità e matrimonio, e una di bioetica). Non si dice nemmeno che, nel piano di studi, la morale sul matrimonio (equivalente alla morale speciale) a oggi, vale solo 3 crediti, la metà rispetto agli altri insegnamenti. La morale, pertanto, è stata dimezzata e non solo: ai docenti che la insegnavano è stato dato il benservito: Melina, Noriega e, per la bioetica, Maria Luisa Di Pietro. Particolarmente preoccupante è la soppressione della cattedra di morale fondamentale, occupata da mons. Melina. È una cattedra attiva da 38 anni, per la quale ha insegnato il card. Caffarra, e potremmo dire che è essenziale per il lavoro dell’Istituto, se consideriamo che Wojtyla era moralista e che l’assegnò al primo presidente dell’Istituto. Per approfondire la domanda che mi fa, le do un altro dato, che non riguarda gli statuti, bensì i corsi cancellati in modo inaspettato, in quanto erano già programmati e preparati da marzo: sono stati licenziati quasi tutti i docenti polacchi (Kupkcak, Kwiatkowski, Grygiel). Tenevano corsi in qualità di esperti su K. Wojtyla/Giovanni Paolo II, inerenti in modo particolare i suoi scritti, la sua spiritualità familiare, la sua filosofia. E ora quali corsi verranno offerti per approfondire l’eredità di San Giovanni Paolo II? Per non parlare poi della professoressa Maria Luisa Di Pietro e dei suoi vari corsi, con lei sparisce la rappresentante numero uno del contributo del card. Sgreccia, il quale fu docente nell’Istituto e molto stimato da Giovanni Paolo II. Da ultimo, dando un’occhiata al piano di studi, noterà che anche Antropologia filosofica dell’amore umano, tanto importante per Wojtyla, che esiste solo in una cattedra (ossia quella del professor Kampowski), prevede solo la metà dei crediti rispetto agli insegnamenti delle altre cattedre.

Quali altri cambiamenti sono stati portati agli insegnamenti?

In una delle prime udienze che San Giovanni Paolo II concesse ai docenti dell’Istituto, il card. Caffarra gli disse che tutti i docenti erano disposti a battersi per gli elementi della dottrina cattolica: l’insegnamento di Humanae Vitae sull’amore coniugale e l’indissolubilità del matrimonio. Finora, praticamente tutti i docenti che hanno insegnato nell’Istituto, hanno difeso queste due verità. Se saranno confermati i nomi di alcuni professori che figurano come nuovi, verranno messi in dubbio degli aspetti chiave di questi due insegnamenti. Come si può dire che sarà mantenuta l’eredità di Giovanni Paolo II, punto sul quale ha fortemente insistito il Santo Padre Francesco nel voler rinnovare l’Istituto?

Nei nuovi statuti diminuisce il peso collegiale dei docenti stabili, ci sarà invece un potere diretto del Gran Cancelliere. Quali conseguenze avrà questo cambiamento di potere?

A chi paragona gli statuti vecchi con quelli nuovi almeno due cose sono chiare: in primo luogo, diminuisce la presenza del collegio docenti (i docenti stabili al momento hanno solo due rappresentanti, mentre prima partecipavano tutti, coi loro diversi insegnamenti). Questo vale per l’intera esistenza dell’Istituto: diminuisce il contributo collegiale dei docenti stabili per le tesi di dottorato o per il piano di studi. In secondo luogo: la nomina di nuovi docenti, decisiva per una comunità accademica, ora è a discrezione diretta del Gran Cancelliere. Esaminando con attenzione il procedimento si vedrà che è quasi impossibile che il corpo docenti possa opporsi alla nomina di un candidato da parte del Gran Cancelliere. Prima si richiedeva che il consiglio, composto da tutti i docenti stabili, approvasse a maggioranza il candidato, e il Gran Cancelliere si limitava ad approvare la persona presentata dal Preside, dopo aver ottenuto l’approvazione del Consiglio. Soprattutto la perdita della collegialità crea problemi, perché in un istituto interdisciplinare, che si caratterizza per lo studio dello stesso ambito (matrimonio e famiglia) dai diversi punti di vista di ogni insegnamento, è necessario il contributo di tutti i docenti nelle diverse cattedre, sia per esaminare il piano di studi, sia per approvare le tesi di dottorato, sia per eleggere i nuovi membri del corpo docenti. E questo dovrebbe essere riconosciuto come un diritto negli statuti stessi, in quanto punto vitale dell’istituzione.

Quindi l’identità dell’Istituto è morta?

Se quello che si dice sarà confermato, ossia che arriveranno docenti come Maurizio Chiodi – che è favorevole alla contraccezione e che accetta come “bene possibile”, in date circostanze, gli atti omosessuali – e altri sulla stessa linea (senza seguire le procedure abituali, parlando di un’“urgenza”, ma senza spiegarne le motivazioni), si creerà un’enorme tensione nell’Istituto. Con i poteri ora nelle mani del Gran Cancelliere, e le intenzioni che rivela, rinunciando a Melina e Noriega, la sostituzione del corpo docenti con un altro estraneo al pensiero di San Giovanni Paolo II sarà solo questione di tempo. L’identità non è morta, ma è gravemente minacciata. Per questo occorre far presente con rispetto, ma al contempo con chiarezza, le difficoltà oggettive di questo cambiamento e mettere in guardia circa il pericolo per la missione originaria dell’Istituto, che Papa Francesco ha ribadito chiaramente di voler preservare, esattamente perché in essa c’è una fonte di novità e di cammino per la Chiesa e il suo sostegno alle famiglie. È la gravità della situazione che mi ha spinto a rispondere alle sue domande, dopo aver fatto queste osservazioni, invano, a mons. Paglia e mons. Sequeri, in questi anni di ristrutturazione. In qualità di vicepresidente della sede di Roma, in questo periodo di transizione, ho ritenuto necessario esonerarmi dalla responsabilità rispetto ai nuovi statuti, essendone venuto a conoscenza il giorno stesso della loro pubblicazione. Essi non si possono considerare in alcun modo frutto di un lavoro comune, insieme al resto dei consigli dell’Istituto.

Un’altra novità è l’eliminazione della cattedra di Teologia Morale…

In effetti, è un insegnamento decisivo. Se non si conoscono e non si collocano al posto giusto i fondamenti della morale, la morale matrimoniale resta una cosa campata per aria. Così come ti poni davanti a Veritatis Splendor, allo stesso modo affronti le questioni di morale speciale, come la moralità della contraccezione o gli atti sessuali al di fuori del matrimonio. E allo stesso modo ti metterai davanti alla grandezza della vocazione a cui Dio chiama l’uomo e alla dignità della misericordia con cui egli viene rigenerato in Cristo, per poter fare il bene e vivere una vita grande e bella. Pensi che l’allora card. Ratzinger elogiò il documento chiave dell’Istituto nello sviluppo di questa disciplina di morale fondamentale, a tal punto che negli statuti approvati nel 2011, tra gli scopi primordiali dell’Istituto viene menzionata la morale fondamentale, cosa che adesso viene fatta fuori. Infatti, nell’articolo 2 degli statuti del 2011, dove si parla degli scopi dell’Istituto, è inclusa: “ricerca teologica nell’ambito dei fondamenti della vita morale cristiana”.

Perché la cattedra viene eliminata?

La ragione addotta nel comunicato stampa dell’Istituto è inconsistente. Si dice che è un insegnamento del primo ciclo di teologia, che gli studenti dovrebbero aver già assodato. Tuttavia, tra gli insegnamenti ce ne sono almeno altri due (antropologia teologica e teologia fondamentale) che rientrano in questa casistica, e che non sembrano crear problemi. Inoltre, è risaputo che un insegnamento di carattere generale, quando è frequentato al livello superiore della laurea, non si limita a ripetere quanto già appreso nel ciclo istituzionale. Si tratta di approfondire diversi aspetti, come può vedere chiunque dia un’occhiata ai corsi offerti da Melina negli ultimi anni. Melina ha approfondito diversi aspetti concreti della morale fondamentale per far luce, da lì, sulla morale coniugale e familiare. E perché su questo argomento non è stata fatta alcuna obiezione nei 38 anni di vita dell’insegnamento? La ragione addotta può essere spiegabile solo come una cortina di fumo. La vera e triste ragione? Non sarà che Melina, in qualità di titolare della cattedra, è rimasto fedele a Humanae Vitae e a Veritatis Splendor, e che si elimina la cattedra per poter far fuori Melina? Da qui nasce un’altra domanda: Che cosa ne sarà dell’Area di ricerca in teologia morale fondamentale, una volta che verrà a mancare la cattedra? È un’Area istituita dal card. Scola, fu presieduta in primis da Melina e, in seguito, dal professor Perez Soba, e ha organizzato quasi venti convegni internazionali, con numerose pubblicazioni prestigiose, invitando, tra gli altri teologi, Ratzinger, oltre ai moralisti più rinomati degli ultimi anni e appartenenti alle più svariate tendenze teologiche.

Quindi i professori Melina e Noriega non insegneranno più all’Istituto Giovanni Paolo II. Può chiarire le ragioni addotte dall’Istituto?

In merito alla motivazione fornita a Melina (se non c’è una cattedra, non c’è nemmeno un professore), ho già spiegato la gravità della soppressione di questa cattedra, dopo 38 anni di vita. Perché eliminare morale fondamentale, dicendo che è del primo ciclo, e non antropologia teologica, anch’essa del primo ciclo? E perché aggiungere una cattedra di teologia fondamentale della fede, anch’essa del primo ciclo? Finché non si darà una risposta a queste domande (anche se son domande senza risposta), resta solo una spiegazione. Non è che Melina non rimane perché non c’è una cattedra; al contrario non c’è una cattedra perché Melina non rimane. È stata fatta fuori la morale fondamentale per sbarazzarsi di un docente di fama riconosciuta, senza giudizio, né diritto alla difesa, solo perché la sua proposta di teologia morale non piace. Riguardo a Noriega, viene addotta come ragione un’incompatibilità tra il suo incarico di docente e il suo incarico di Superiore Generale di una congregazione religiosa dei discepoli. Tuttavia il canone152 del Codice di Diritto Canonico proibisce soltanto l’assunzione di due incarichi incompatibili e lo stesso si legge in Veritatis Gaudium, art. 29. In questo caso, sono incompatibili, quando la comunità religiosa di P. Noriega conta soltanto 24 membri a pieno titolo? La risposta richiede un giudizio prudente. E le due persone a cui competeva farlo, ossia, i due precedenti presidi, Melina e Sequeri, non hanno ritenuto incompatibili i due incarichi, permettendo quindi al prof. Noriega di insegnare per 12 anni, e la sua condizione di superiore era pubblica e ben nota. Inoltre, il fatto che non erano incompatibili è chiaramente dimostrato dal fatto che entrambi i presidenti hanno affidato a Noriega un ulteriore incarico, quello di direttore editoriale, che andava ad aggiungersi alle sue funzioni di docente. Insomma, non solo ha potuto svolgere il suo incarico di docente, ma lo ha fatto assumendo un lavoro aggiuntivo. Da ultimo, il prof. Noriega termina il suo incarico di superiore generale tra cinque mesi, cosa che mons. Paglia e mons. Sequeri già sanno. Se il problema è l’incompatibilità, e si valuta il suo lavoro, perché non gli concedono adesso, come previsto nel regolamento della curia, un’aspettativa di sei mesi, così da risolvere il problema? Se non si fa così, quale altra spiegazione rimane, se non che si tratta di una scusa per poter liberare la cattedra di morale su amore e matrimonio e sbarazzarsi dell’addetto alle pubblicazioni? È per via della linea pro Humanae Vitae e Veritatis Splendor che ha seguito?

Questi due casi sono gravissimi in un contesto accademico. C’erano per caso problemi dottrinali nell’insegnamento di questi docenti? Come potranno testimoniare gli studenti e come confermerebbe un’analisi dei suoi scritti, sono sempre stati nel rispetto del Magistero, compreso quello di Papa Francesco. Spiegare il magistero papale in continuità con i precedenti pontefici non solo è fondamentale per qualsiasi ermeneutica cattolica, ma va anche a vantaggio del Papa stesso. In ogni caso, se si pensa che ci siano dei problemi dottrinali nel loro insegnamento, perché non li si giudica e non si dà loro la possibilità di difendersi? La questione, dicevo, è grave. Inoltre, se si permettono questi oltraggi, sarà minacciata la libertà di insegnamento di tutti i docenti. Questo riguarda tutti noi, poiché potremo venire espulsi, non perché neghiamo la dottrina della fede (in questo caso l’espulsione sarebbe giusta), ma perché seguiamo linee teologiche che non piacciono alle autorità universitarie. Da questo punto di vista, tutti noi che abbiamo una cattedra universitaria siamo Melina e Noriega. Dovrebbe allarmarci tutto questo esercizio arbitrario del potere sulla discussione argomentativa in una ricerca comune della verità, che è propria delle università. E cosa penseranno, nell’ambito universitario europeo, di questo modo di procedere?

In effetti, se i nuovi Statuti approvati mantenessero l’identità del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II e non stravolgessero gli insegnamenti, come si spiegherebbe la reazione decisa di 240 studenti ed ex studenti?

Come può vedere dalle mie risposte, ci sono problemi seri, che gli studenti hanno rilevato. La lettera, di fatto, non è stata fatta filtrare dagli studenti, in quanto loro l’hanno pubblicata il 30 luglio. La pubblicazione è arrivata dopo aver appreso del comunicato stampa dell’Istituto, in cui si affermava che i rappresentanti degli alunni chiedevano soltanto dei chiarimenti riguardo alle novità, e non si riconosceva il vero scopo della lettera. Questo è il link messo a disposizione dagli studenti: appellostudentigp2.com. Con la loro azione comune, rispettosa e coraggiosa, i nostri studenti rendono testimonianza di quello che hanno incontrato nell’Istituto, una luce sulla verità dell’amore, che ha aperto loro orizzonti di grandezza e dimostra di essere feconda nel loro ministero pastorale con le famiglie. La lettera si spiega da sola e include le ragioni della loro paura per il fatto che non si mantiene quell’identità che San Giovanni Paolo II ha voluto dare all’Istituto da lui fondato e affidato alla protezione della Vergine di Fatima.

(fonte: religion.elconfidencialdigital.com; traduzione: lanuovabq.it)


Stanisław Grygiel: “Non si rinnova la casa distruggendola”

di Aldo Maria Valli (01-08-2019)

Cari amici di Duc in altum, oggi sono particolarmente lieto di proporvi un’intervista esclusiva al professor Stanisław Grygiel, filosofo polacco, grande amico di san Giovanni Paolo II e fino a poco tempo, prima del suo allontanamento, docente al Pontificio istituto teologico fondato proprio da papa Wojtyła. Un’intervista a tutto campo, nella quale il professor Griygiel accenna alla vicenda che lo ha visto coinvolto ma soprattutto spiega qual è, a suo avviso, la natura dell’attuale crisi della Chiesa e pronuncia parole assai nette: “La Chiesa d’oggi ha bisogno di un Mosè che, portato dall’ira del Dio misericordioso, con cui egli parla sul monte, metterà a ferro e fuoco tutti i vitelli d’oro nella cui adorazione il popolo, con il permesso di tanti pastori, sta cercando la felicità”.

Stanisław Grygiel

Professor Gygiel, lei, a proposito della teologia oggi dominante, ha parlato di “pragmatismo teologico”. Che cosa intende con questa espressione e quali sono gli obiettivi di tale pragmatismo?

Il principio marxista di pensare è: la praxis precede e decide del logos, cioè della verità. Così ha capovolto non solo la vita intellettuale del mondo occidentale, ma anche la vita della Chiesa cattolica. Ricordo gli anni 1966-67 vissuti all’Università Cattolica di Leuven in Belgio e tante lezioni di teologia e di filosofia fatte secondo questo principio. Ne risultò la teologia pragmatica e un pastorale altrettanto pragmatica, che parte non dalla Persona di Cristo, ma dalla descrizione sociologica dei diversi comportamenti degli uomini. Se la maggioranza divorzia, allora… Molti teologi e, purtroppo, anche molti pastori nella Chiesa cattolica dimenticano di parlare con il Figlio del Dio vivente. A loro manca la fede nel senso dell’affidamento alla Persona di Cristo e, di conseguenza, la fede nell’uomo. L’Unione Sovietica, non essendo in grado di conquistare l’Europa occidentale con i mezzi militari, cercò di penetrare la mentalità degli intellettuali, per poterla sottomettere agli ordini dei signori di questo mondo. Vi riuscì perfettamente, come vediamo oggi, mentre viviamo le conseguenze disastrose di questa astuta azione degli agenti comunisti e dei loro “utili idioti” occidentali.

Sappiamo che lei è stato allontanato, insieme ad altri docenti, dall’Istituto Giovanni Paolo II su matrimonio e famiglia. Al di là del suo caso particolare, che cosa insegna questa vicenda? Perché questa rivoluzione?

Non posso nascondere il mio dolore, provocato dal fatto che l’Istituto fondato da san Giovanni Paolo II è stato abolito due anni fa. Il licenziamento dei professori rappresenta un atto coerente con questa decisione. Perciò esso non mi sorprende. Mi dispiace solo per la confusione nella quale sono caduti gli studenti e in cui si sentono smarriti. Qualcuno ne renderà conto un giorno. San Giovanni Paolo II preparò con fervore e passione i primi professori per questa grande missione. Qualche mese prima della fondazione dell’Istituto ci invitò nel suo appartamento per meditare insieme con noi sulla situazione in cui versava non solo la Chiesa ma anche il mondo. Egli volle creare un Istituto in cui la teologia sorgesse dall’esperienza morale della persona umana e dalla Parola Divina in cui la verità dell’uomo è stata pienamente rivelata. Non c’è allora da meravigliarsi che in quel tempo noi meditavamo pregando e pregavamo meditando. Davanti a Dio e davanti all’uomo che arde di Lui, come ne ardeva il roveto sul monte nel paese di Moria, bisogna inginocchiarsi. Altrimenti non si comprenderà “l’universo e la storia” (cfr. Redemptor hominis, 1). Confesso che non riesco a comprendere per quale ragione gli esecutori della decisione papale di abolire l’Istitituto fondato da san Giovanni Paolo II parlano di approfondimento, espansione e ingrandimento dell’insegnamento di Giovanni Paolo II. Non si rinnova la casa distruggendola, inclusi i suoi fondamenti. Sarebbe meglio parlare in modo chiaro e tondo secondo il comandamento del Vangelo: “Ma sia il vostro parlare: Sì, sì: no, no; poiché il di più vien dal maligno” (Mt 5, 37). Lei mi chiede: perché questa rivoluzione? Le ragioni e i motivi forse li sveleranno gli storici. Dio invece li giudicherà. Ogni rivoluzione parte da zero e arriva al punto da cui parte. Sempre e dappertutto il rivoluzionario finisce come inizia: tale il principio, tale la fine. Io vedo la situazione che si è oggi creata come un momento del conflitto in atto tra le due visioni dell’uomo. Karol Wojtyła parte dalla Parola di Dio e dall’esperienza morale della persona unmana. Per lui, quindi, fondamentali “categorie” sono la verità che zampilla dall’atto della creazione e la menzogna che l’uomo commette quando “crea” le proprie verità. Proprio per questo l’esperienza della persona umana ha il carattere morale, cioè consiste nel vivere le azioni come buone oppure cattive. Il “pragmatismo” è una negazione totale del “centro dell’universo e della storia”, cioè del Figlio del Dio vivente.

La Chiesa cattolica sta vivendo una stagione confusa, segnata da profonde divisioni. Lei come giudica la situazione?

La Chiesa cattolica, aprendosi al mondo, si è trovata nella situazione in cui versa il mondo postmoderno segnato dal “pragmatismo”. La teologia e la filosofia postmoderne si riducono al gioco di opinioni (predicati) e non guardano più l’uomo come magna quaestio di sant’Agostino. La domanda sul senso della vita sparisce e il suo posto è preso dalla domanda sulla felicità orizzontalmente intesa. I teologi e i filosofi per i quali la teologia e la filosofia non sono che giochi di opinioni s’inginocchiano non davanti a Dio, ma davanti ai propri prodotti. Giocando le loro carte, adorano se stessi. Però in questo modo rischiano di restare vittime dei bari. La Chiesa d’oggi ha bisogno di un Mosè che, portato dall’ira del Dio misericordioso, con cui egli parla sul monte, metterà a ferro e fuoco tutti “i vitelli d’oro” nella cui adorazione il popolo, con il permesso di tanti pastori, sta cercando la felicità. Il nuovo Mosè incuterà nelle menti e nei cuori la verità dell’amore incisa sulle Tavole e da molti dimenticata. L’economia della salvezza solo fino a un certo punto può vivere nel caos. La misericordiosa ira di Dio prenderà la parola.

Anche alla luce di ciò che sta succedendo all’Istituto Giovanni Paolo II, molti hanno l’impressione che il magistero di papa Wojtyła, specie per quanto riguarda le questioni di morale familiare, sia finito in soffitta, dove si mettono le cose che non servono di più. Condivide questo giudizio?

Non lo condivido, anche se umanamente sembra essere così. La Chiesa vive della fede del popolo, della quale ogni Pietro è custode. I teologi possono aiutarlo o meno a comprendere meglio questa fede, ma è lui a essere garante della fedeltà della Chiesa alla Parola del Figlio del Dio vivente. I teologi possono interrompere la Tradizione e cercare di fare tutto da capo. Lontani dal Principio su cui il Vangelo è imperniato, possono inventare nuove interpretazioni del Vangelo stesso per renderlo accettabile al mondo postmoderno. Però prima o poi il cuore dell’uomo orientato all’Amore che è Dio si sveglierà, gridando di non poter più vivere lontano dalla casa del Padre. La saggezza che proviene da Dio rimane per sempre. La stupidità che proviene dall’uomo passa, lasciando che l’uomo dipenda non dalla verità ma dai venti. Una sera il santo Papa Giovanni Paolo II mi mise nelle mani la lettera che gli scrisse un teologo moralista molto conosciuto nel mondo. Il teologo chiese al Papa di cambiare l’etica della vita matrimoniale, altrimenti, secondo questo teologo, la Chiesa avrebbe perso i fedeli. “Che cosa ne pensi?”, mi chiese il Papa. Risposi forse troppo bruscamente: “Ha scritto una stupidaggine”. Il Papa mi guardò e dopo qualche secondo disse: “È vero, ma chi glielo dirà?”.

È opinione assai diffusa che Amoris laetitia rappresenti un vero e proprio strappo rispetto all’insegnamento precedente. Il professor Seifert ha parlato addirittura di una “bomba atomica” che rischia di distruggere l’intero edificio morale cattolico. Che cosa ne pensa?

Non essendo teologo, non mi sento di dare giudizio. Sono un semplice credente e come tale posso e devo confessare che non mi ritrovo in questo testo se non parzialmente. La mia esperienza dell’amore è più evangelica che sociologica e psicologica. Colui che vuole conoscere la natura della persona umana, cioè il suo essere orientato a Dio, deve contemplare i santi e soprattutto il Figlio del Dio vivente, diventato uomo nel grembo della Vergine Madre, Maria. Descrivere le malattie matrimoniali e sessuali non è realizzazione del comandamento che dice: “Andate nel mondo e predicate il Vangelo!”. In questi giorni mi vengono spesso in mente le parole di Cristo, secondo le quali “chiunque” abbandona la propria moglie e prende un’altra donna commette adulterio (cfr Gv 2, 25). Egli lo dice di ogni uomo, senza eccezione. Lo dice perché sa che cosa c’è dentro l’uomo. Se è vero che oggi in alcuni casi non è adulterio, come alcuni dotti in teologia dicono, significa che Cristo non sa cosa c’è dentro l’uomo. Non è quindi Dio. “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 8). Questo documento, se fosse più corto, sarebbe più espressivo e forse più chiaro e adeguato alle parole del Vangelo: “Sì, sì – no, no”. Invece una nota a piè di pagina offusca tutto il suo contenuto.

Se dovesse parlare di Giovanni Paolo II a un giovane d’oggi, come presenterebbe, in poche paole, il papa santo?

Giovanni Paolo II direbbe a un giovane d’oggi le stesse parole che disse al popolo in piazza San Pietro il giorno della sua intronizzazione: “Non abbiate paura!”. Lo condurebbe all’atto della creazione e all’atto dell’Ultimo Giudizio, perché solo alla luce del Principio e della Fine l’uomo intravvede la verità, alla quale è orientato. Contemplerebbe insieme con un giovane d’oggi la bellezza dell’Amore che è Dio e cercherebbe di risvegliare in lui l’amore affinché quel giovane si possa affidare a Dio. Penso che l’esperienza della bellezza della persona umana, della bellezza del suo amore, indichi la via che può condurre un giovane d’oggi a Dio. Forse è per questo che il maligno cerca di colpire micidialmente l’amore umano e tutti quelli che, affascinati da esso, coraggiosamente, senza paura, svelano la sua verità. Il maligno spera (è l’unica sua speranza) che colpendo l’amore divino-umano distruggerà il fondamento del matrimonio e della famiglia e, in fin dei conti, anche quello della Chiesa. La lettera di suor Lucia al cardinale Carlo Caffarra ne parla in modo chiaro e tondo.

Professore, la famiglia cristiana, fondata sul matrimonio, ha un futuro?

Ogni uomo, ogni matrimonio, ogni famiglia ha davanti a sé un futuro a condizione che siano affidati alla verità. “La verità vi renderà liberi”, disse Cristo. La libertà che è frutto dell’affidarsi alla verità rappresenta il futuro, verso cui anela il cuore umano. Non bisogna difendere la verità. Essa si difenderà da sola. Coloro che si affidano ai giochi e ai calcoli umani perderanno tutto, anche se prima apparentemente hanno guadagnato tutto. Quelli di questo mondo non sono i successi cui mirano gli uomini affidati alla verità. Loro mirano alla vittoria eterna. Perciò già oggi loro partecipano ad essa. La persona umana può essere uccisa, la comunione in cui essa vive può essere talvolta distrutta, ma la verità non sarà mai vinta, poiché essa è invincibile.

(fonte: aldomariavalli.it)

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