Cosa pensare del Sinodo sull’Amazonia?

Il prof. Roberto de Mattei spiega che, con questo sinodo, qualcuno stia rubando qualcosa di più grande dell’Amazzonia. Stanno rubando la Chiesa.


Vorrei parlare di un documento che mi è sembrato sbalorditivo e sconvolgente, l’Instrumentum Laboris cioè la bozza di lavoro per il Sinodo sull’Amazzonia che si aprirà in Vaticano il 6 ottobre.

Il Sinodo è una riunione periodica dei rappresentanti dei vescovi di tutto il mondo. E’ la quarta assemblea di questo genere che si tiene sotto il pontificato di papa Francesco. I Sinodi del 2014 e del 2015 furono dedicati alla famiglia, quello del 2018 ai giovani e quello del 2019 sarà dedicato all’Amazzonia: un tema strano, perché l’Amazzonia è un grande territorio: una regione tropicale di 7 milioni di metri quadrati, situata per il 65 per cento in Brasile e per il restante 35 per cento in altri 8 paesi dell’America latina.

Nel documento, pubblicato dalla Santa Sede il 17 giugno, l’Amazzonia viene presentata come un soggetto culturale e morale, «una realtà piena di vita e di saggezza» così viene definita (n. 5), che chiama la Chiesa a una conversione: «pastorale, ecologica e sinodale» (n. 5). La Chiesa, per svolgere il suo ruolo profetico deve porsi in ascolto dei «popoli amazzonici» (n. 7). Questi popoli sono capaci di vivere in «intercomunicazione» con tutto il cosmo (n. 12), ma i loro diritti sono minacciati dagli interessi economici delle multinazionali che, come dicono gli indigeni di Guaviare (Colombia), «hanno tagliato le vene della nostra Madre Terra» (n. 17). La Chiesa ascolta le «grida, sia dei popoli che della terra» (n. 18), perché in Amazzonia «il territorio è un luogo teologico da cui si vive la fede ed è anche una fonte peculiare della rivelazione di Dio» (n. 19). Una terza fonte della Rivelazione si aggiunge dunque alla Sacra Scrittura e alla Tradizione: l’Amazzonia, territorio dove tutto è «costitutivamente in relazione, formando un tutto vitale» (n. 21). In Amazzonia, l’ideale del comunismo è realizzato, perché, nel collettivismo tribale, dice il documento, «tutto è condiviso, gli spazi privati – tipici della modernità – sono minimi».

I popoli indigeni si sono liberati del monoteismo e riconquistano l’animismo e il politeismo. Infatti, come si legge al n. 25: «La vita delle comunità amazzoniche non ancora colpite dallinfluenza della civiltà occidentale, si riflette nelle credenze e nei riti in merito allagire degli spiriti, della divinità – chiamata in tantissimi modi – con e nel territorio, con e in relazione alla natura. Questa cosmovisione è raccolta nel mantra di Francesco: “tutto è collegato” (LS 16, 91, 117, 138, 240)».

Il documento insiste affermando che la «cosmovisione» amazzonica racchiude una «saggezza ancestrale, riserva viva della spiritualità e della cultura indigena» (n. 26). Dunque, «i popoli amazzonici originari hanno molto da insegnarci. (…) I nuovi cammini di evangelizzazione devono essere costruiti in dialogo con queste sapienze ancestrali in cui si manifestano semi del Verbo» (n. 29). La ricchezza dell’Amazzonia è di non essere monoculturale, ma di essere «un mondo plurietnico, pluriculturale e plurireligioso» (n. 36) con cui è necessario entrare in dialogo

«Nella loro saggezza ancestrale – i popoli dell’Amazzonia – hanno coltivato la convinzione che tutta la creazione è connessa, che merita il nostro rispetto e la nostra responsabilità. La cultura amazzonica, che integra gli esseri umani alla natura, diventa un punto di riferimento per la costruzione di un nuovo paradigma di ecologia integrale» (n. 56).

«Una Chiesa dal volto amazzonico nelle sue molteplici sfumature cerca di essere una Chiesa “in uscita” (cf. EG 20-23), che si lascia alle spalle una tradizione coloniale monoculturale, clericale e impositiva e sa discernere e assumere senza timori le diverse espressioni culturali dei popoli» (n. 110). L’opera di civilizzazione dell’America latina, che Giovanni Paolo II aveva definito una «grandiosa epopea» (Discorso del 16 ottobre 1991) è chiaramente condannata.

Partendo dalla premessa che «il celibato è un dono per la Chiesa», viene espressa la richiesta che «per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana» (n. 129).  Ecco aperta la porta ai sacerdoti sposati e, subito dopo, alle donne sacerdote. Il documento dice infatti che occorre «garantire alle donne la loro leadership, nonché spazi sempre più ampi e rilevanti nel campo della formazione: teologia, catechesi, liturgia e scuole di fede e di politica» e «identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne, tenendo conto del ruolo centrale che esse svolgono oggi nella Chiesa amazzonica». Si inizierà con le eccezioni, e poi le eccezioni diventeranno la regola, come sta accadendo per la comunione ai divorziati risposati.

Mi sono chiesto se di fronte a questo manifesto politico-religioso che stravolge la dottrina e la prassi del Corpo Mistico di Cristo i vescovi, che sono i successori degli Apostoli, e i cardinali, che sono consiglieri del Papa nel governo della Chiesa, taceranno o faranno sentire la loro voce. Intanto una voce si è sentita, quella del presidente del Brasile Jair Bolsonaro, che si è detto “preoccupato” dalle possibili decisioni che possano sorgere dal Sinodo sull’Amazzonia convocato da Papa Francesco, denunciando che «vogliono rubarci l’Amazzonia».

In alcune dichiarazioni al quotidiano Valor Economico, Bolsonaro ha detto che è “logico” che si preoccupi per il sinodo – che si svolgerà ad ottobre e di cui è stato pubblicato lo strumentum laboris – perché «quelli stanno cercando di creare nuovi Paesi» dentro al territorio brasiliano.

«Si tratta della ‘tripla A’, un territorio di 136 milioni di ettari, che include le Ande e l’Amazzonia, fino all’Atlantico: una grande fascia che verrà posta sotto controllo mondiale, in nome della protezione ambientale», ha spiegato il presidente Bolsonaro, aggiungendo «vogliono rubarci l’Amazzonia, e noi non siamo d’accordo» e anche «se la stampa all’estero dice che vogliono distruggere l’Amazzonia, in realtà quello che voglio è che l’Amazzonia resti nostra».

Ma a me sembra che oggi qualcuno stia rubando qualcosa di più grande dell’Amazzonia. Stanno rubando la Chiesa.

21 giugno 2019

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