I cattolici liberal hanno perso la guerra culturale ma non vogliono ammetterlo

Al dossettiano Massimo Faggioli va riconosciuto almeno un merito: quello di mostrare una candida franchezza dicendo ciò che i suoi compagni cattolici liberal o progressisti si rifiutano di ammettere, nascondendo la testa sotto la sabbia.

di José Antonio Ureta (11-09-2022)

Al prof. Massimo Faggioli va riconosciuto almeno un merito: quello di mostrare una candida franchezza dicendo ciò che i suoi compagni cattolici liberal o progressisti si rifiutano di ammettere, nascondendo la testa sotto la sabbia.

Lo studioso della Villanova University ha scritto due articoli su La Croix International poco dopo la pubblicazione di Querida Amazonia (2020), l’esortazione post-sinodale in cui Papa Francesco ha disatteso il suggerimento del Sinodo panamazzonico di conferire il sacerdozio ai capi delle comunità sposate. Insomma, secondo il prof. Faggioli, lo slancio riformatore del pontificato di Francesco si è esaurito. D’ora in poi assisteremo al suo declino. “Si ha l’impressione che negli ultimi mesi il dinamismo del suo pontificato abbia cominciato a raggiungere il suo limite”, ha affermato.

La diagnosi di Faggioli ha scatenato una crisi nelle file cattoliche progressiste. Sei mesi dopo, P. Antonio Spadaro, stretto collaboratore di Papa Francesco, ha deciso di pubblicare un lungo articolo su Civiltà Cattolica, di cui è direttore, per spiegare quale è “la spinta propulsiva” del suo pontificato.

In un apparente riferimento agli articoli sopra citati, P. Spadaro riconosce nel primo paragrafo che “alcuni commentatori e analisti si sono chiesti se questa spinta sussista ancora”. Spiega poi a lungo come il Papa segua la spiritualità ignaziana, che richiede una conversione interiore prima di riformare le strutture. Così, “il Papa non ha idee preconfezionate da applicare al reale, ma avanza sulla base di un’esperienza”. Egli “crea le condizioni strutturali di un dialogo reale e aperto”, poiché “la realtà è sempre superiore all’idea”.

P. Spadaro cerca di spiegare ai suoi amici cattolici liberal che il Papa non può avanzare ulteriormente senza discernere se la grande maggioranza dei fedeli è pronta ad accettare cambiamenti radicali come l’abolizione del celibato sacerdotale o l’introduzione del diaconato femminile. Francesco stesso ha affermato questa strategia in una nota personale condivisa con la Civiltà Cattolica e citata per la prima volta in un articolo sul Sinodo panamazzonico: “C’è stata una discussione… una discussione ricca… una discussione ben fondata, ma nessun discernimento, che è qualcosa di diverso dall’arrivare a un buono e giustificato consenso o a maggioranze relative”.

Secondo P. Spadaro, il risultato di questo discernimento della realtà è che “Se non ci sono le condizioni, il Papa semplicemente non procede, senza però negare la validità delle proposte. Chiede invece di proseguire nel discernimento e lascia aperta la discussione”. In altre parole, il lavoro preparatorio per trasbordare ideologicamente l’ovile sulla sua posizione deve continuare prima che la rivoluzione desiderata possa procedere senza suscitare troppe resistenze.

Massimo Faggioli (nella foto a lato) è tornato recentemente alla sua franchezza con un nuovo articolo su La Croix International che senza dubbio farà scalpore nelle file cattoliche progressiste. Scettico sulla possibilità che Papa Francesco imponga una rivoluzione ecclesiologica dall’alto, ha intitolato il suo articolo: La malsana ossessione per il Papato e il futuro del cattolicesimo. L’articolo afferma che molti “cattolici del Vaticano II” sono vittime di una “auto-illusione” e sono “bloccati su una strategia romana con poche speranze di ‘successo’ a breve termine”.

Con grande lucidità, lo studioso afferma che “il cattolicesimo del Vaticano II si è spesso autocompiaciuto e si è visto come il futuro inevitabile”. Così, non ha visto “la necessità di investire risorse nelle giovani generazioni del clero e di coloro che lavorano per la Chiesa istituzionale”. Nel frattempo, dall’altra parte dello spettro, “i neo-conservatori (prima) e i neo-tradizionalisti (poi)” si sono impegnati profondamente in uno sforzo catechistico e apologetico adattato a un “pubblico popolare”.

Tracciando un eloquente parallelo con la politica americana, il teologo e storico italiano con sede negli Stati Uniti sostiene che i cattolici liberali si comportano come i membri del Partito Democratico che cercano solo la presidenza e puntano al lungo termine. Allo stesso tempo, i cattolici tradizionali, come i repubblicani, si impegnano nel lavoro locale e puntano a progressi graduali e a breve termine. “Sono soprattutto le esperienze ecclesiali locali a determinare le dinamiche del cattolicesimo”, riconosce, mostrando una lucidità assente in molti dei suoi compagni di viaggio. Questi ultimi non riescono a riconoscere la vitalità delle parrocchie e delle comunità conservatrici dove si celebra la Messa tradizionale.

Di fronte a questa realtà, Faggioli lancia un allarme per svegliare i cattolici liberal compiacenti e illusi: “Se pensate che il cattolicesimo neotradizionalista e anti-Vaticano II sia solo una malattia effimera e stagionale, vi sbagliate, soprattutto in alcuni Paesi. Basta guardare la tendenza ideologica della maggioranza dei vescovi statunitensi e del clero giovane”.

Mostrando disprezzo e scarsa conoscenza della realtà del cattolicesimo tradizionale, esprime amaramente la perplessità dei progressisti più lucidi: “Come hanno fatto i cattolici di destra, i convertiti arrabbiati, i barthiani cattolici, i burke-isti, gli odiatori di Francesco e così via — una minoranza di voci — a gridare più forte e a esercitare una tale influenza sui cattolici comuni e sui loro figli?”.

La sua risposta è naturalistica e superficiale: “È la formazione apologetica semplicistica e oggettiva che i cattolici di destra hanno ricevuto prima di scoprire i social media”. Questa spiegazione sembra ispirata ai Quaderni del Carcere di Antonio Gramsci (1947), in cui l’intellettuale comunista italiano cercava di spiegare ai suoi confratelli atei che l’“egemonia culturale” della Chiesa cattolica deriva dalla costante ripetizione delle verità di fede e del catechismo per i bambini.

Faggioli afferma questa “interpretazione dal basso verso l’alto come la formula affinchè il potere ottenga risultati”. Spiega perché il cattolicesimo tradizionale “può succhiare tutta l’aria dalla stanza ed essere ‘accolto’ come ‘ortodosso’, mentre Papa Francesco può essere condannato come satanista ed eretico”.

Per contrastare la crescente egemonia dei conservatori, Faggioli afferma che i cattolici liberal dovrebbero emularli “lavorando dal basso verso l’alto piuttosto che lamentarsi di ciò che fanno o non fanno ai vertici… Il parallelo con le commissioni elettorali e gli impiegati comunali — l’azione a basso livello — è quindi veramente la pastorale di base: omelie, catechesi, apologetica”.

Altrettanto espressivo è il monito di Faggioli sui contenuti della nuova politica pastorale liberal che, secondo lui, dovrebbe privilegiare — mirabile dictum — l’insegnamento religioso in quanto tale: “Un’attenzione esclusiva al lavoro sul campo per le questioni di giustizia sociale e al pensiero sociale cattolico, senza una preoccupazione per la formazione teologica ‘canonica’ (Bibbia, liturgia, sacramenti, storia della tradizione) dei membri più giovani della Chiesa, è una strategia perdente”, insiste l’accademico della Villanova University.

Alla concezione gramsciana che ha Massimo Faggioli delle dinamiche interne alla Chiesa sfugge il ruolo svolto dal sensus fidei nella resistenza del gregge alle novità incompatibili con l’insegnamento tradizionale. Questo ruolo è stato assunto nel IV secolo quando, nelle parole del cardinale Newman, “la Tradizione divina affidata alla Chiesa infallibile era molto più proclamata e conservata dai fedeli che dall’episcopato”.

In un congresso tenutosi a Roma nell’aprile 2018 dal titolo “Chiesa cattolica, dove vai?”, il cardinale Walter Brandmüller, uno dei quattro firmatari del dubia sul capitolo 8 dell’Amoris Laetitia, ha fornito una spiegazione scientifica di questo fatto. Essendo in stato di grazia e praticando quindi le tre virtù teologali della Fede, della Speranza e della Carità, spiega l’ex presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, i fedeli laici possono acquisire “una comprensione sempre più profonda della verità rivelata”, che funziona come una “sorta di sistema immunitario spirituale che induce il fedele a riconoscere e rifiutare istintivamente ogni errore”. Secondo il cardinale, la Correzione filiale firmata da più di 200 studiosi e l’Appello filiale a Papa Francesco, promosso da una coalizione coordinata da Tradizione, Famiglia, Proprietà (TFP) e firmato da quasi un milione di cattolici in tutto il mondo, sono stati esempi di spicco di come ha funzionato questo sistema immunitario spirituale riguardo ad Amoris Laetitia.

Quattro anni dopo, le sue parole mantengono tutta la loro attualità. Immunizzati dalla fede, i cattolici fedeli all’insegnamento tradizionale della Chiesa si impegnano nelle parrocchie e nei movimenti per resistere agli sforzi dei seguaci liberal di Faggioli. L’intuizione pessimistica del teologo della Villanova University si avvererà: “Senza un recupero del carisma cattolico a livello locale — scuole e università comprese — questo pontificato ispirato al Vaticano II sarà sprecato, soprattutto per Chiese come quella degli Stati Uniti”.

Così, è inevitabile il fallimento dell’attuale pontificato nel tentativo di rivoluzionare in modo permanente la Chiesa. Lo Spirito Santo dona dall’alto il carisma cattolico per preservare l’integrità del Deposito della Fede e spiegarlo adeguatamente alle nuove generazioni di cattolici, affinché non seguano quello che i tedeschi chiamano Zeitgeist, lo spirito malvagio dei tempi. Come ha detto Nostro Signore, l’albero cattivo produce frutti cattivi: “un albero cattivo non può produrre frutti buoni” (Mt 7,18).

(Fonte: TFP)


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