Eccezioni e “discernimento”. Così si apre la porta all’inter-comunione

Nel vademecum per l’ecumenismo l’inter-comunione con ortodossi e protestanti viene ufficializzata con il cavallo di Troia delle eccezioni e il discernimento locale: ciò che in passato era impensabile ora diverrà realtà diffusa. Che cosa resterà di autenticamente cattolico?

di Investigatore Biblico (09-12-2020)

È ormai da tempo che seguo con preoccupazione l’evolversi della dibattuta ricerca ecumenica sull’inter-comunione, a cui ho precedentemente accennato. Credo seriamente che i tempi siano maturi. Tempi duri, presumo.

Nei giorni scorsi è stato presentato un documento del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani principalmente rivolto ai vescovi di tutto il mondo: un vademecum ufficiale contenente linee guida per il cammino ecumenico nelle varie diocesi. In esso si fa riferimento come punto essenziale al tema dell’inter-comunione con protestanti e ortodossi.

Il testo integrale si trova in questo link, scorrete verso il basso per trovare anche la traduzione in italiano. Invito i lettori a prestare attenzione soprattutto al n. 36 del documento.

Attraverso quelli che, ahimè, definisco mezzucci – piccole frasi lasciate nell’ambiguità, la scelta di lasciare il discernimento dei singoli casi ai vescovi locali, eccetera – si corre il serio rischio di aprire ad una vera e propria voragine sacramentale e teologica.

Dopo varie premesse al paragrafo 36 viene scritto: “In certe circostanze, in via eccezionale e a determinate condizioni, l’ammissione a questi sacramenti (tra cui l’Eucaristia, ndr) può essere autorizzata e perfino raccomandata a cristiani di altre Chiese e Comunità ecclesiali”.

Con questo documento si apre ufficialmente, pertanto, una piccola porta alla pratica non ben definita dell’inter-comunione e dei cui limiti rimane un mistero.

Questo può valere per gli ortodossi. Ma di certo non può avere un valore di liceità con i protestanti. Questa distinzione, purtroppo, non è menzionata minimamente nel vademecum. Si deduce, di conseguenza, che la pratica dell’intercomunione sia lecita sia con ortodossi che protestanti.

Andiamo ai casi pratici.

Se, ad esempio, un fedele protestante – il quale per sua struttura dottrinale non crede alla Presenza vera, reale e sostanziale di Gesù nell’Eucaristia – volesse partecipare alla Messa cattolica e comunicarsi, potrà farlo liberamente. Una qualsiasi persona di buon senso può intuire che le eccezioni sono solo un cavallo di Troia: esse diverranno facilmente norma visto che un non ben definito discernimento locale deciderà sul da farsi.

Di contro, per assurdo ma non troppo di questi tempi, un cattolico che intendesse partecipare a una “santa cena” protestante, potrà farlo liberamente.

Il tema non è una novità per chi legge e si informa sui fatti di Chiesa.

Questo documento, tuttavia, conferisce il grado di ufficialità, sotto il nome di vademecum e non più sotto la spinta di una precedente verbale raccomandazione.

Si raccomanda inoltre la divulgazione tramite i media. Un metodo e una modalità che ha quasi il sapore della propaganda politica.

La pericolosità di questo documento, di questa linea di pensiero, che porta al sacrilegio, è talmente evidente da non essere compresa dalla maggior parte della cattolicità, ormai addormentata in qualsiasi tema di dottrina.

La dottrina ormai è obsoleta, infastidisce.

Ma, contrariamente al secolo in cui viviamo, i Padri e la Tradizione hanno ampiamente dato ragione a quanto dico.

In primis, i protestanti non credono nell’Eucaristia e vivono la cena come un semplice simbolo. La Transustanziazione, caposaldo della Fede cattolica, pare ormai un ricordo sbiadito nei cervelli dei cristiani. Tutto avviene in nome della fratellanza e dell’unità.

Valori sacrosanti, per carità. Ma in nome della fratellanza umana si calpesta ciò che di più divino Cristo ci ha lasciato: il sacramento dell’Eucaristia.

Mi permetto di citare un mio articolo precedente sull’importanza delle parole usate durante la Consacrazione. Dedicandomi a studi biblici, non amo esprimere giudizi diretti, ma mi sento in diritto di affermare che la guida della Chiesa verso la Verità che è Cristo abbia perso completamente la bussola. L’inter-comunione è un errore gravissimo, che mai la Chiesa in passato avrebbe permesso.

Non può sussistere una inter-comunione con chi non crede nella presenza di Cristo nell’Eucaristia. Credere nella presenza reale di Cristo nell’ostia non è marginale. Ricordiamo a tal proposito le parole di san Paolo:

“Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!” (Galati 1,8-9; traduzione 1974).

Siamo di fronte al primo passo verso la tanto aspirata messa ecumenica, di cui Cascioli già segnalò le prove generali nel febbraio scorso a Ginevra. Nessuno disse nulla.

Tra l’altro, con le mie ricerche da investigatore, sono venuto a conoscenza che a Friburgo, in Germania, già esiste una parrocchia, intitolata a Santa Maria Maddalena, in cui nell’unico edificio coesistono due chiese di confessione diversa: una protestante e l’altra cattolica.

Ora la domanda è questa: che ecumenismo ci può essere con una chiesa scismatica che non riconosce Pietro e non riconosce l’Eucaristia?

Non voglio suonare apocalittico, ma immaginate la deriva a cui si giungerà senza che nessuno incaricato metta un freno. Vorrei citare alcuni passi. Non esiste comunione senza Pietro. Non esiste comunione senza Eucaristia. Gesù Cristo in persona disse a Pietro in Mt 16,18:

“κἀγὼ δέ σοι λέγω ὅτι σὺ εἶ Πέτρος, καὶ ἐπὶ ταύτῃ τῇ πέτρᾳ οἰκοδομήσω μου τὴν ἐκκλησίαν”; “Ed io dico a te: tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa”; oìkodomeso = edificherò.

Gesù ha edificato la sua Chiesa su Pietro. E chi non è in comunione con Pietro, non è in comunione con la Chiesa fondata da Cristo: per questo non può sussistere neppure lontanamente la parola comunione con chi non riconosce Pietro. Se non esiste comunione con chi non riconosce Pietro, non ci può essere comunione con chi non riconosce l’Eucaristia. Sempre san Paolo ha scritto:

“Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il Sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane”.

L’apostolo sottolinea in questi versetti che noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo. E utilizza proprio la frase : “ἓν σῶμα οἱ πολλοί ἐσμεν” ; “en soma oi polloì èsmen” ; “siamo un solo corpo”. Noi dunque possiamo essere un solo corpo soltanto attraverso la presenza di Gesù vera, reale e sostanziale dell’Eucaristia.

Senza Eucaristia non c’è ecumenismo, non esiste comunione. Questo è il vero fondamento di studio che avrebbe dovuto svolgere il Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Ovvero tenere fermi questi cardini: Pietro e l’Eucaristia.

Al contrario la soluzione adottata è mero sentimentalismo che mette al centro della questione l’uomo e non Cristo. Anche considerando la questione a livello dogmatico la direzione è sbagliata.

Il Concilio di Trento nel Decreto sull’Eucaristia (Sessione XIII) ribadisce:

  1. Se qualcuno negherà che nel Santissimo Sacramento dell’Eucarestia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue di nostro signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità, e, quindi, tutto il Cristo, ma dirà che esso vi è solo come in un simbolo o una figura, o solo con la sua potenza, sia anatema”.
  2. “Se qualcuno dirà che nel Santissimo Sacramento dell’Eucarestia assieme col Corpo e col Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo rimane la sostanza del pane e del vino e negherà quella meravigliosa e singolare trasformazione di tutta la sostanza del pane nel Corpo, e di tutta la sostanza del vino nel Sangue, e che rimangono solamente le specie del pane e del vino – trasformazione che la Chiesa cattolica con termine appropriatissimo chiama transustanziazione – sia anatema”.
    Tutto appare molto chiaro, senza spazi a dubbi o ripensamenti.

Anche nel Concilio Vaticano II viene ribadito il concetto. Nel decreto sulle chiese cattoliche orientali Orientalium Ecclesiarum al numero 26 viene scritto:

“La comunicazione in Cose Sacre che offende l’unità della Chiesa o include la formale adesione all’errore o il pericolo di errare nella fede, di scandalo e di indifferentismo, è proibita dalla legge Divina” .

…è proibita dalla legge divina…

E ancora san Giovanni Paolo II nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia al n.44 ci ha ricordato: “Proprio perché l’unità della Chiesa, che l’Eucaristia realizza mediante il Sacrificio e la Comunione al Corpo e al Sangue del Signore, ha l’inderogabile esigenza della completa comunione nei vincoli della professione di fede, dei Sacramenti e del governo ecclesiastico, non è possibile concelebrare la stessa liturgia eucaristica fino a che non sia ristabilita l’integrità di tali vincoli. Siffatta concelebrazione non sarebbe un mezzo valido, e potrebbe anzi rivelarsi un ostacolo al raggiungimento della piena comunione, attenuando il senso della distanza dal traguardo e introducendo o avallando ambiguità sull’una o sull’altra verità di fede. Il cammino verso la piena unità non può farsi se non nella verità. In questo tema il divieto della legge della Chiesa non lascia spazio a incertezze” .

Concludo questa riflessione nella speranza che i vescovi lascino questo vademecum in qualche cassetto a fare polvere e si occupino invece di sponsorizzare e valorizzare maggiormente l’adorazione eucaristica, che in qualche parrocchia pare ormai pratica abbandonata.

(Fonte: Investigatore Biblico)

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