Con Francesco chi è fedele a magistero e liturgia viene punito. Esempi

Al direttore – L’uggia di Papa Francesco che traspare dalla rivoluzione alla congregazione per i Vescovi non è solamente verso “chi rompe i coglioni contro l’aborto”, come ha efficacemente notato sul Foglio del 18 dicembre, riferendosi all’allontanamento del cardinale Burke. Dalle nuove rimozioni ed entrate al dicastero vaticano, infatti, si possono facilmente dedurre anche alcune delle linee guida della deriva liturgica in atto con papa Bergoglio. Già, perché nonostante si continui a sbandierare il contrario, i fatti d’oltretevere dimostrano quanto il Papa gesuita che nec rubricat nec cantat abbia a cuore un’inversione liturgica rispetto al pontificato del suo predecessore.

Come ultimo esempio, in ordine cronologico, era arrivata la comunicazione di padre Lombardi: gli otto cardinali, aveva annunciato il direttore della Sala Stampa, “hanno cominciato a confrontarsi sulla congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti”. Il consiglio della corona, dunque, comincerà – così come fece il Vaticano II – a riformare partendo dalla liturgia, da quel dicastero rimasto baluardo ratzingeriano e guidato dal “piccolo Ratzinger”, il cardinale Antonio Cañizares Llovera. E poi, la notizia delle nuove nomine al dicastero dei Vescovi. Stupiscono – ma forse nemmeno troppo – due ingressi in particolare, data la loro spaventosa complementarietà liturgica: il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, e monsignor Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster.

Il primo, Braz de Aviz, è il detentore del pugno di ferro contro i Francescani dell’Immacolata (ma, al contempo, anche delle carezze verso le suore “eretiche” americane). È colui che, ex auditu di Papa Francesco, ha commissariato il fiorente ordine tradizionalista e costretto all’embargo la messa antica. L’ordine fondato da padre Manelli è uno di quelli con il maggior numero di vocazioni giovanili e – in perfetta consonanza con un “papa francescano” – dalla condotta di vita austera ed evangelicamente povera. Un ordine che dovrebbe essere un esempio per il nuovo pontificato. E invece no. Letale è stata la loro fedeltà al Magistero perenne (anche a costo di qualche dubbio sulla continuità conciliare in alcuni passi) e alla messa antica. Ora, appunto, il braccio secolare della loro persecuzione sarà membro della potente fabbrica dei vescovi.

A conferma dell’evidente contraddizione in corso, secondo la quale chi rimane fedele al magistero e alla liturgia viene punito, mentre chi vi disobbedisce è premiato, si colloca la seconda nomina, quella di Nichols. Se Braz de Aviz commissaria un ordine tradizionale, Nichols offre un seminario ai neocatecumenali. È solamente di qualche giorno fa, infatti, la notizia che il seminario londinese Redemptoris Mater (su decreto dell’arcivescovo di Westminster) è stato affidato al movimento di Kiko Argüello. In realtà, la nomina di Nichols fa eco alla decisione di Francesco dell’ottobre scorso di bloccare l’esame voluto da Ratzinger della liturgia neocatecumenale da parte della congregazione per la Dottrina della fede. Il rito sincretistico inventato da Argüello sulla falsariga del Novus Ordo è davvero l’esempio di una liturgia fai da te, quella che “non può trarre origine dalla nostra fantasia, dalla nostra creatività, altrimenti rimarrebbe un grido nel buio o una semplice autoconferma”, dalla quale aveva messo in guardia già il cardinale Ratzinger. E se quest’ultimo scrisse che “la crisi ecclesiale dipende in gran parte dal crollo della liturgia”, Papa Francesco ringrazia il liturgo Kiko “per il bene grande che sta facendo il Cammino in tutta la Chiesa”. E ora, Kiko guarderà con occhi di riguardo pure la congregazione dei Vescovi.

di Mattia Rossi (20/12/2013)

© – FOGLIO QUOTIDIANO

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