Breve intervista ma a tutto campo che La Fede Quotidiana ha fatto al prof. Marcello Pera, filosofo ed ex presidente del Senato.
Continua a leggere “Marcello Pera: Bergoglio sta sostituendo il cattolicesimo con l’umanesimo”
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I tempi cambiano, ma la figura del santo resta l’esempio e la meta della vita di ogni cristiano. Che deve combattere e vincere i pericoli che giungono dalla “carne”, dal “demonio” e dal “mondo”
di Padre Giovanni Cavalcoli, OP (Il Timone, 11/2012)
Esiste una certa immagine tradizionale…
di P. Giovanni Cavalcoli, OP
Gli intenti del Concilio Vaticano II
Il Beato Giovanni XXIII nel famoso discorso di apertura Gaudet Mater Ecclesia del Concilio Vaticano II, evidenziava come scopo del Concilio non fosse tanto quello di condannare specifici errori del presente, quanto piuttosto quello di proporre il messaggio cristiano in uno stile ed in un linguaggio moderni, adatti all’uomo del nostro tempo. Il Papa precisava come esistessero già le condanne; esse erano presupposte e non dovevano essere dimenticate; si trattava invece di dare la prevalenza al tono propositivo, senza per questo escludere totalmente, il che non avrebbe avuto senso proprio per il carattere pastorale del Concilio, la condanna degli errori, e questa condanna effettivamente ci fu, anche se il Concilio si limitò a denunce generiche senza entrare in dettagli e senza citare i nomi degli autori. Inoltre il Concilio ritenne di abbandonare la formula tradizionale del canone e dell’anathema sit, il che non significava assolutamente che le condanne conciliari potevano esser prese alla leggera. Così nel Concilio troviamo la condanna dell’ateismo, del materialismo, dell’individualismo, del secolarismo, dell’antropocentrismo, del liberalismo, del relativismo dogmatico e morale, dello sfruttamento dei lavoratori, del disprezzo per poveri e i deboli, del delitto politico, della corsa agli armamenti, della guerra di aggressione, dell’aborto, delle dittature, del totalitarismo statale, del razzismo, dello sfruttamento della donna e dei minori, dell’ingiustizia sociale, delle sperequazioni economiche. Inoltre il Concilio si guardò bene, nel riformare la Curia Romana, dall’abolire il Dicastero addetto alla sorveglianza dottrinale ed alla difesa della fede, che fino ad allora era chiamato “Sant’Offizio”. Invece questo ufficio, col nuovo nome più chiaro di “Congregazione per la Dottrina della Fede”, fu adeguato allo spirito del rinnovamento conciliare col perdere quel carattere di esclusivo ed eccessivo intervento repressivo e sanzionatorio ed acquistare un’impostazione ed uno stile più umani ed evangelici, per i quali la confutazione ragionata e motivata dell’errore era finalizzata alla valorizzazione dei lati positivi delle dottrine erronee e delle qualità umane e culturali dell’errante, mediante l’uso di procedimenti interpretativi e correttivi più aggiornati e l’assicurazione all’errante di una maggiore possibilità di difendersi e di spiegare le sue posizioni. Le pene poi venivano mitigate. Nel contempo veniva abolito l’Indice dei libri proibiti. Questa saggia impostazione del Concilio si sarebbe dovuta assumere con quell’equilibrio che esso suggeriva; e invece purtroppo spesso negli ambienti dell’episcopato e delle istituzioni accademiche, sotto la spinta dei cosiddetti “progressisti”, che in realtà erano dei criptomodernisti, nacque l’uso, aggravatosi in questi ultimi decenni, di tollerare il rifiorire di vecchi errori e il sorgere di nuovi, per timore si essere trattati da Pastori preconciliari e nella convinzione di riconoscere così il pluralismo e la libertà di espressione.
Che cosa allora è successo?
È successo che numerosi errori già condannati nel passato sono risorti e, non venendo condannati, hanno provocato in molti la convinzione o l’impressione che la precedente condanna fosse stata superata o annullata dal nuovo clima dottrinale e pastorale avviato dal Concilio. Ciò si è accompagnato al risorgere di quelle idee moderniste che sostenevano la mutabilità dei concetti dogmatici, senza che anche questo increscioso fenomeno sia stato adeguatamente represso, il che ha generato in molti una mentalità storicista, relativista ed evoluzionista, che ha favorito il disprezzo delle antiche condanne e la tranquilla assunzione degli errori moderni, riconosciuti peraltro come tali solo dagli esperti della storia delle idee e delle eresie, giacché in realtà molte dottrine presentate come nuove ed avanzate, agli occhi degli storici seri del pensiero, sono quasi sempre il ritorno, magari con termini o sfumature diversi, di errori di tempi immediatamente precedenti il Concilio o anche antichi o antichissimi risalenti a volte addirittura ai filosofi presocratici, come per esempio gli aforismi di Eraclito, Anassagora, Pitagora, Epicuro, Democrito, Parmenide o Protagora o le mitologie dell’antica India o della Cina. Potremmo fare molti esempi di questi errori condannati dalla Chiesa prima del Vaticano II risalendo nei secoli sino agli inizi del cristianesimo, errori che restano tali e che quindi il Concilio non ha affatto smentito, ma che anzi esso presuppone, almeno implicitamente: la negazione della dimostrabilità razionale dell’esistenza di Dio; la negazione della trascendenza, dell’immutabilità e dell’impassibilità divine; la negazione della divinità di Cristo; la negazione dei miracoli e delle profezie; l’idea che in Cristo Dio si muti in uomo; la negazione della Redenzione e quindi della Messa come sacrificio espiatorio e riparatore; la negazione della corporeità sensibile di Cristo risorto; la negazione della gerarchia ecclesiastica; l’idea che tutti e sempre sono in grazia; la possibilità di salvezza anche per gli atei e per chi è fuori della Chiesa; l’identificazione della Chiesa col mondo; l’idea che ogni religione sia salvifica; la negazione della coppia primitiva e della trasmissione della colpa originale per generazione; l’idea che Dio non castiga ma fa solo misericordia; Dio perdona anche chi non si pente; la negazione dell’esistenza di dannati nell’inferno; la negazione dell’esistenza del diavolo; la concezione dell’uomo come essere soprannaturale o divino; la negazione dell’immutabilità del dogma; la concezione della fede non come verità ma come esperienza o come prassi, oppure la fede come essenzialmente legata al dubbio o all’incredulità; la negazione della legge morale naturale; l’esaltazione dell’omosessualità; la liceità della fecondazione artificiale, dei rapporti sessuali extramatrimoniali e dell’uso degli antifecondativi; l’aborto e l’eutanasia intesi come diritti; il sacerdozio della donna. Così similmente si crede che la dottrina delle due nature nel Concilio di Calcedonia non sia più attuale, si rifiuta il dogma dell’anima umana come forma sostanziale del corpo insegnato dal Concilio di Viennes nel 1312; si respinge la condanna di Eckhart fatta da Clemente V nel 1329; si nega il dogma dell’immortalità dell’anima proclamato dal Concilio Lateranense V nel 1513; si pensa che la condanna di Lutero fatta dal Concilio di Trento sia sbagliata; si crede che la condanna del liberalismo fatta dal Beato Pio IX sia superata; non si tiene conto della condanna del panteismo fatta dal Concilio Vaticano I e da S.Pio X; si disprezza l’enciclica Pascendi di S.Pio X; non si tien più conto degli errori di Rosmini condannati dal S.Offizio nel 1887; non ci si cura della condanna della massoneria fatta da Leone XIII, del comunismo fatta da Pio XI, nonché della scomunica dei comunisti fatta da Pio XII nel 1949; non ci si cura della condanna dello spiritismo fatta dal S.Offizio nel 1918; non si bada ai pericoli di un certo ecumenismo segnalati da Pio XI nell’enciclica Mortalium animos; ci si è dimenticati degli errori segnalati da Pio XII nella Humani Generis; si rifiuta il monito circa il teilhardismo fatta dal S.Offizio nel 1959. Non parliamo poi delle contaminazioni del cattolicesimo che sorgono dal fatto di mescolarlo col pensiero del Rinascimento italiano, di Cartesio, di Lutero, dell’illuminismo, dell’empirismo, di Kant, di Fichte, di Schelling, di Hegel, di Marx, di Freud, dell’esistenzialismo, di Husserl, di Heidegger, di Severino, del pensiero indiano, del buddismo e di altri.
La situazione attuale
Come ho già detto, la mancanza di interventi correttivi o critici da parte di vescovi o istituti accademici o uomini di cultura cattolici porta molti a credere che tutte queste teorie e queste idee tutto sommato siano divenute ammesse ed accettabili: la Chiesa, si pensa, ha mutato opinione o si è corretta in seguito a studi più critici e più documentati. Se vogliamo essere moderni, aggiornati e seguaci del Concilio, – tale è il pensiero di molti – dobbiamo seguire questi pubblicisti, giornalisti, filosofi, teologi, moralisti, esegeti, vescovi e cardinali che oggi hanno assunto posizioni contrarie a quelle tradizionali presentate qui sopra. Il fatto che Roma o altre autorità ecclesiastiche non intervengano si crede essere segno che Roma tacitamente riconosce di essersi sbagliata. Questa crisi della fede all’interno della Chiesa stessa e tra gli stessi pastori, esclusi, s’intende, il Papa, nonché lo stesso Magistero, che godono del carisma dell’infallibilità, può essere caratterizzata con cinque attributi: soggettivismo, buonismo, relativismo, modernismo, secolarismo.
Soggettivismo. La fede non viene concepita più come ascolto di una dottrina insegnataci da Gesù Maestro, per il tramite della Chiesa, ma come incontro immediato, esistenziale, affettivo ed esperienziale con Cristo, anche senza passare attraverso il Magistero della Chiesa: un concetto tipicamente protestante della fede, la quale appare congiuntamente non come l’adeguarsi del nostro intelletto ad una verità oggettiva – ciò che S.Paolo chiama “obbedienza della fede” –, ma come libera espressione della coscienza soggettiva, che si ritiene direttamente illuminata da Dio, eventualmente per mezzo della Scrittura, ma nel senso di sola Scriptura.
Buonismo. La fede quindi non è virtù dell’intelletto, alla quale segue la carità come effetto della volontà, ma la fede è risolta nella carità e con essa confusa. La fede non è atto del conoscere, ma è coinvolgimento pratico dell’intera persona, ciò che in realtà appartiene alla carità e non alla fede. La carità in qualche modo si sostituisce alla verità. Non si fonda sulla verità, non presuppone la verità, ma appare essa stessa come fondamento della verità. Alla base di questa visione c’è una disfunzione e un disordine nel rapporto tra intelletto e volontà. Bisogna dire che in passato si mancava alla carità in nome della verità (vedi il processo a Giordano Bruno); oggi si manca alla verità in nome della carità (il rahnerismo a piede libero).
Relativismo. Poiché ogni uomo ha bisogno di verità, si crede che di fatto tutti sono nella verità intesa come carità. Quindi tutti sono buoni e in buona fede, seppure ognuno a modo proprio. Infatti il rispetto della diversità, della libertà e del pluralismo richiede che la verità non sia un dato oggettivo, universale, vincolante, uno per tutti, ma sia qualcosa di relativo alla coscienza soggettiva e creativa di ciascuno, in quanto ognuno è diverso dagli altri. Da qui un falso concetto della libertà religiosa, che praticamente è l’assolutizzazione della coscienza individuale, è liberalismo ed indifferentismo religiosi: perché affannarsi ad annunciare il Vangelo? Tanto tutti conoscono già la verità, tutti si salvano, tutti sono in grazia, tutti sono perdonati, tutti hanno buona intenzione e buona volontà. Nessuno fa il male volontariamente. Secondo costoro tutti sono nella verità, anche se la mia verità contraddice alla tua. Ma comunque Dio è in tutti e salva tutti. Non esiste un’opposizione netta, assoluta, immutabile, universale ed oggettiva tra vero e falso: una medesima cosa può essere vera per me e falsa per te. Tutti abbiamo ragione. Dipende dal punto di vista. Quindi non si devono condannare errori ed eresie. Tutt’al più si può esprimere il proprio parere ma si devono rispettare anche le idee degli altri, per quanto contrarie alle nostre. Sarebbe bene quindi per alcuni chiudere la Congregazione per la Dottrina della Fede, organismo che ancora riflette una superata mentalità preconciliare, inquisitoriale. La fede non è una certezza, ma una semplice opinione tra le altre, per sua natura è dialogo, confronto, convive col dubbio e con la stessa incredulità. Solo così si è aperti e tolleranti; altrimenti si diventa degli integralisti e dei talebani.
Secolarismo. Osserviamo che la fede ha perso il suo orientamento speculativo, contemplativo, spirituale, trascendente, soprannaturale, escatologico, benché si continui ad usare questi termini, come fa Rahner, ma falsificandoli e secolarizzandoli. In realtà Rahner – e lo dice esplicitamente – non crede affatto nell’immortalità dell’anima e in una vita dopo la morte, ma per lui la salvezza è solo qui. Dio non è al di sopra o al di là della storia, ma solo nella storia. Non c’è un altro mondo oltre a questo e superiore a questo, ma il cristianesimo è solo per questo mondo che è l’unico mondo. Non c’è un sacro oltre al profano, ma lo stesso profano è sacro (Rahner). Il sacerdozio non è fondato da Cristo, ma emana dal Popolo di Dio (“Chiesa dal basso”), per cui non esistono gerarchie (“struttura piramidale”), ma tutti siamo fratelli ugualmente sacerdoti (Schillebeeckx). L’azione della Chiesa è un’azione politica e non soprannaturale (teologia della liberazione). Cristo non trascende il mondo ma è il vertice evolutivo del mondo -“Punto Omega” -: cristologia “cosmica” (Teilhard de Chardin). Infatti non è lo spirito (divino) che crea la materia, ma è la materia che si trasforma in spirito e diventa Dio (ancora Teilhard, cf Darwin, Schelling e Bruno).
Modernismo. Tutte queste idee e prospettive sono elaborate nella convinzione di essere moderni e di intrattenere un dialogo e un confronto con la modernità, sulla scia dell’impostazione innovativa del Concilio. L’idea in se stessa è buona, ma il guaio è che qui la “modernità”, invece di essere vista come un complesso di dati da vagliare alla luce del Vangelo, onde tenere il positivo e respingere il negativo, è considerata essa stessa un assoluto, alla luce del quale prendere dal Vangelo solo quello che si concilia con la modernità. E’ l’errore gravissimo del modernismo di ieri e di oggi.
Filiali suggerimenti ai vescovi
Il collegio dei vescovi in unione col Papa continua e continuerà sempre a costituire la guida infallibile nella fede cattolica, quale che sia il modo col quale il Magistero si esprime, semplice o solenne, ordinario o straordinario. Può sbagliare solo il singolo vescovo o un gruppo di vescovi (per esempio una conferenza nazionale) se non sono in comunione col Papa. Spetta dunque ai vescovi, fraternamente uniti nella collegialità, rimediare a questa grave crisi di fede. Benedetto XVI non per nulla ha indetto l’Anno della Fede tuttora in corso ed aveva in programma la pubblicazione di un’enciclica sulla fede, se i modernisti, evidentemente allarmati, non lo avessero fermato. Tuttavia ritengo che sia bene che il nuovo Papa metta in atto il progetto di Papa Benedetto, senza paura dei modernisti. Sono loro che devono cedere, non certo Roma. Bisogna tornare ad avere autentica stima per la virtù teologale della fede, che è l’inizio della salvezza. Se la fede è sana e forte, allora possono esercitarsi tutte le altre virtù, innanzitutto la carità. Ma se la fede è annacquata o confusa con altre cose per quanto importanti, tutto crolla e nulla si può costruire. La fede può stare senza la carità benché con difficoltà: ma la carità non può assolutamente esistere senza la fede, se non vuol decadere a mera filantropia, a emozione o, peggio, a sfogo di istinti soggettivi. Ma la fede è verità, per cui occorre tornare ad aver rispetto per la verità, certo nella carità. Ma non c’è carità senza la verità. Il giusto rispetto per la coscienza soggettiva e per la libertà religiosa non dev’essere una scusa per disprezzare la verità oggettiva, universale ed immutabile. L’autorità ecclesiastica deve saper contemperare saggiamente il rispetto per la coscienza soggettiva con la cura del bene comune in fatto di dottrina della fede, promovendo la sana dottrina e sostenendo i suoi divulgatori ed apostoli, e confutando con buone ragioni e in modo persuasivo gli errori continuamente insorgenti, opponendo opportuni rimedi e correggendo amorevolmente con giustizia gli erranti e i ribelli. Questa funzione dei vescovi, per quanto oggi soffra una grave crisi, è una funzione vitale di quella Chiesa che Cristo ha fondato garantendole che non sarà vinta delle forze dell’inferno. Per quanto dunque oggi la situazione sia angosciante e scandalosa, come cattolici siamo assolutamente sicuri che questa crisi sarà superata con la forza dello Spirito Santo per una Chiesa più santa e più forte di prima, vera luce delle genti e sacramento universale di salvezza.
A sinistra di Dio — Origine e destino del laicismo
Autore: Giovanni Zenone
Editore: Fede & Cultura
Pagine: 96
Collana Saggistica n. 3
ISBN: 978-88-89913-07-9
Data di pubblicazione: Giugno 2006
In poche parole: Analisi e confutazione (divulgativa e frizzante) della pretesa di fare a meno di Dio, dalla Bibbia ai nostri giorni attraverso le ideologie.
Descrizione: Ripercorrendo la pretesa umana di farsi dio al posto di Dio, dalla Bibbia alle più varie filosofie e ideologie sino alla dittatura del relativismo denunciata da Benedetto XVI, l’Autore smaschera l’origine antiumana della cultura della morte, del pensiero dominante e del politicamente corretto. Mette a fuoco gli errori dei miti moderni, dalla Libertà, Uguaglianza, Fraternità di rivoluzionaria memoria, all’opzione preferenziale per i poveri, al femminismo, all’ideologia gay e transessuale, dall’ecologismo al pacifismo, dall’idealismo al pensiero debole, sino a giungere alla manipolazione della vita in nome di un progresso e una felicità futura che produce però solo tristezza e morte.
Spigolando tra gli interventi del Sinodo ne segnaliamo due che trattano di origini e natura della secolarizzazione. Dal comunismo, al nazionalsocialismo, fino al liberalismo capitalistico, due brevi riflessioni che mettono in evidenza una situazione grave. «La Chiesa – si chiede un Vescovo – è…
Cristianesimo Cattolico: Sinodo: la sfida della secolarizzazione e della scristianizzazione
La Chiesa avanza o resta indietro? Riflessioni dopo la morte del cardinal Martini.
di Padre Giovanni Cavalcoli, da Riscossa Cristiana (03/09/2012)
Non posso non unirmi anch’io alla commozione generale per la morte del card. Martini. Prego per la sua anima e Dio voglia accoglierlo nella sua gloria dopo una così lunga ed operosa vita spesa al servizio della Parola di Dio e della Chiesa.
Non si può non restare ammirati davanti ad una personalità così ricca e poliedrica, dalla cultura così vasta e dall’umanità così sensibile ai gravi problemi ed ai valori del nostro tempo, desiderosa di incarnare le esigenze morali del Vangelo nei casi umani di maggiore attualità con soluzioni audaci e magari discutibili, nonché con quello slancio e a volte quella spericolatezza che caratterizza a volte lo spirito di avventura, se così posso esprimermi, dei figli di S. Ignazio, sempre alla ricerca di nuove frontiere ad maiorem Dei gloriam.
Colpiscono altresì i numerosi attestati di stima che giungono da molti ambienti ad di fuori della Chiesa, dagli ebrei ai protestanti, dai laicisti ai non credenti, e da parte di ogni ceto della società civile ed ecclesiale. Tutto ciò indubbiamente per noi cattolici fa piacere; tuttavia – e qui voglio esser franco – questo successo oceanico non sappiamo quanto sia dovuto ad un’integrale e lineare testimonianza del Vangelo o quanto invece non sappia di successo mondano dovuto a quanto pare ad un eccessivo e indiscriminato attaccamento del Cardinale alla modernità con i suoi valori, ma anche con i suoi pericoli e difetti, o quanto non sia piuttosto dovuto ad un dialogo irenista più preoccupato di consensi che non di esprimere con chiarezza e schiettezza le ardue esigenze del Vangelo, così come ci vengono mediate ed interpretate dal dogma e dalla dottrina della Chiesa nella loro cristallina e luminosa precisione.
Al riguardo e ovviamente prescindendo da una gran quantità di esempi che si potrebbero fare, voglio fermarmi soltanto su di una affermazione assai infelice e quanto meno equivoca rilasciata dal Cardinale in una recente intervista pubblicata giorni fa dal Corriere della Sera.
Richiesto di un giudizio sull’attuale situazione della Chiesa, il Porporato ha affermato che “la Chiesa è rimasta indietro di 200 anni”. La prima domanda che ci viene in mente davanti ad una dichiarazione del genere è la seguente: rimasta indietro rispetto a che cosa? Viene spontaneo e ci sembra logico rispondere: rimasta indietro rispetto alla modernità, come se nel suo cammino nella storia la Chiesa non fosse luce e guida del mondo, ma quasi dovesse essere il mondo col suo progresso ad essere luce e guida della Chiesa.
Il Corriere della sera, dal canto suo, ha dato notizia del commento che la BBC, la nota agenzia radiofonica inglese, ha dato di questa frase. Il commentatore, tutto gongolante, ha detto di essere rimasto stupito di sentire queste parole da un Cardinale di Santa Romana Chiesa, il quale con tali parole avrebbe portato a modello l’illuminismo, notoriamente affermatosi in Inghilterra nel secolo XVIII, inquantochè questa tendenza culturale è fiorita appunto circa due secoli fa.
D’altra parte sappiamo anche quanto la modernità è impregnata di illuminismo, come ce lo ha ricordato più volte Papa Benedetto XVI. Ora, è ben noto come tale corrente filosofica non priva di alcuni valori, che peraltro si ritrovano anche nella massoneria fondata a Londra nel 1717, contiene in se stessa un orientamento razionalistico ed antropocentrico, che considera come superstizione e fanatismo quella dimensione misterica e soprannaturale della Chiesa, che è precisamente oggetto della fede cattolica e il clima spirituale nel quale vive la carità cristiana.
Il problema vero della Chiesa di oggi non è che essa sia rimasta indietro, non si sa bene rispetto a quale modernità. Il problema vero è quello di realizzare quella vera modernità, ben distinta dal modernismo, che ci è proposta da una retta interpretazione del Concilio Vaticano II. È questa la vera e sana modernità rispetto alla quale non si deve dire che la Chiesa è rimasta indietro perché è la Chiesa stessa che la propone, e semmai, chi è rimasto indietro è un piccolo settore nella Chiesa, il quale per un malinteso concetto di Tradizione non è capace di assumere il rinnovamento promosso dal Concilio. Quindi non si tratta di superare il Concilio per una “modernità” del tutto equivoca, ma semplicemente di realizzarlo.
Viceversa nelle parole del Card. Martini si ha le netta impressione che nella sua mente ci sia un modello illuministico, secolarista e modernista, che non corrisponde al ritratto che la Chiesa fa di se stessa secondo gli insegnamenti della Tradizione, della Scrittura, del Concilio e dello stesso Magistero perenne della Chiesa. Allora, quale “Chiesa” sarebbe rimasta indietro?
Se la vera Chiesa è quella che ci viene dall’illuminismo, come lascia intendere il Cardinale Martini, non c’è altra alternativa a questa Chiesa se non pensare alla Chiesa che ci è presentata dal Magistero stesso della Chiesa, il quale nella persona del Papa, ci presenta ancor oggi una Chiesa veramente moderna in opposizione all’illuminismo.
Semmai la Chiesa arretrata è quella dell’illuminismo, e quindi quella del Cardinale Martini, intendendo per illuminismo quella forma mentis che è ristretta alla pura verità empirica e non è capace di elevarsi o di allargarsi, come dice il Papa, sì da accogliere la superiore verità della Parola di Dio. È questo modello illuministico di Chiesa che appare come arretrato e quindi superato dalla Chiesa, che va oltre l’illuminismo per abbracciare la trascendenza del Vangelo.