Mentre le imprese chiudono senza ristori, nelle campagne palermitane “prospera” una biblioteca sconosciuta con appena 9.000 libri e due bibliotecarie, ma che promette di essere punto di riferimento internazionale dell’islamologia grazie ai milioni che lo Stato italiano gli garantirà per 5 anni. Merito dell’accordo cucito su misura e senza bando tra Ministero dell’Università e Fondazione per le Scienze religiose di Bologna, che ha ottenuto il finanziamento quinquennale di 2 milioni e mezzo per la Biblioteca La Pira. Nata solo due anni fa, ospitata dalla Diocesi dell’amico vescovo Lorefice, è specializzata in testi coranici e islamici. Che ancora sono pochissimi: saranno comprati con i soldi dello Stato.
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Il pensiero pericoloso di Giuseppe Dossetti
La sua opera di politico prima e di sacerdote dopo non sfugge al “peccato originale” della Scuola di Bologna, di cui Dossetti è, non a caso, il fondatore e l’ispiratore: l’impostazione di fondo di tutta la sua visione è infatti la contrapposizione tra il passato e il futuro, che assegna al presente il ruolo di momento di rottura, affinché il futuro possa essere in discontinuità rispetto al passato.
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Prove di conclave, con Parolin in pole position
L’attuale numero due della Santa Sede diventerà il prossimo numero uno?
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Chiesa povera, tasche gonfie: anche la CEI finanzia la Scuola di Bologna (che fa finta di non saperlo)
Non solo Miur e Emilia Romagna. A sostenere le catto-progressista Scuola di Bologna c’è anche la Cei, che ha erogato nel 2016 35mila euro per uno studio sulle Chiese non in comunione con Roma. Soldi dell’8 per mille giustificati con il Progetto culturale, che, nonostante fosse già chiuso nel 2015, Melloni & co hanno sempre disprezzato sotto Ruini. Infatti di questo finanziamento non fanno cenno nelle richieste. Perché? Il sospetto di una gestione opaca e di una mancanza di trasparenza da parte dei ricchi cantori della Chiesa povera. La nostra inchiesta.
La melassa di Melloni
Melloni, informato a dovere dagli “amici”, novello Buonaiuti, detta ora la linea di condotta della setta neo-modernista in Italia e nel mondo.
In Vaticano c’è un “Sismografo” che provoca piccoli terremoti
L’ultimo incidente è su come Francesco interpreta e attua il Concilio Vaticano II. La “scuola di Bologna” canta vittoria. Ma due lettere del papa dicono l’opposto.
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C’è un pacco dono sotto l’albero, per la “scuola di Bologna”
Tre milioni di euro nella Legge di Stabilità a favore di istituti di Scienze religiose. Una misura che sembra fatta su misura per la Fondazione Giovanni XXIII di Bologna, di cui è direttore Alberto Melloni. Il quale è anche il super-consigliere del ministro Giannini, al quale spetterà il compito di assegnarli. Quante coincidenze…
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Si salvi chi può dalla scure di Melloni — Il risentito avvocato di Dossetti e gli allievi di Lazzati
di Giovanni Tassani (10/12/2013)
San Pio X? Scatenò “una repressione che, per i metodi di polizia segreta adottati, anticipa almeno un tratto del totalitarismo: una campagna che avrà come effetto quello di fabbricare un clero teologicamente scervellato che segnerà in modo particolare l’Italia e il rapporto con tutti i conservatorismi, da quello sanguinario del fascismo a quello boccaccesco del berlusconismo”.
Il riavvicinamento, avviato con Giolitti, dei cattolici ai liberali? “Nato in concomitanza con le celebrazioni costantiniane che dovevano lavare l’onta delle feste cinquantenarie del Regno usurpatore, il Patto Gentiloni inaugura la lunga vita di un’idea nata morta per la XXIV legislatura del Regno e rinverdita di lustro in lustro oltre il crinale repubblicano, quella cioè, per la quale i cattolici in Italia servono a rafforzare un moderatismo ‘naturale’ e benedetto”.
Veniamo a tempi più ravvicinati. Pio XII? Ebbe nel 1952 “la folle idea di sdoganare i fascisti nelle elezioni per Roma” in combutta con Luigi Gedda che intendeva traslare in Italia l’ideologia dell’Action française.
Ce n’è anche per il “conservatore” Alcide De Gasperi: “l’uomo della stabilità intesa come fine a sé stessa”.
A chi appartengono questi giudizi, strampalati più che sommari?
All’esimio professore ordinario di storia del cristianesimo Alberto Melloni, direttore a Bologna della Fondazione Giovanni XXIII, presentista ubiquo in RAI, Enciclopedia Italiana, “Corriere della sera”, nonostante inciampi e ripetuti svarioni storiografici.
Da tempo Melloni è impegnato a “salvare” la memoria di Giuseppe Dossetti da una vasta trama di affossatori della sua figura, a suo avviso centrale nella storia politica ed ecclesiastica italiana, e non solo.
I giudizi sopra citati sono appunto tratti da una sua “Lectio magistralis” dal titolo: “Sul ‘vero’ Dossetti”, pronunciata un anno fa, il 26 novembre 2012, in occasione della III Cattedra Giuseppe Lazzati, presso l’omonima Fondazione milanese, e che ora viene pubblicata dalla rivistina “Appunti di cultura e politica”, già organo della disciolta Lega democratica di Pietro Scoppola e dal 2002 fatta propria dall’associazione “Città dell’uomo”, fondata da Giuseppe Lazzati, che fu in vita sodale politico del Dossetti democristiano nonché suo amico sincero.
Nei confronti di Pio XII Melloni è da sempre particolarmente affilato: chi tenta di difenderlo è da lui arruolato in una creatura di sua fantasia: le “Brigate Pacelli”.
Meno esposto il giudizio su Paolo VI, che fu la bestia nera della “scuola di Bologna” in ragione del suo supposto spegnimento del Concilio giovanneo, del progetto di “Lex Ecclesiae Fundamentalis” e della destituzione del cardinal Lercaro dalla sede di Bologna, per il nostro: “un episodio con pochi precedenti nel secondo millennio”, su cui promette prossime e approfondite rivelazioni.
Su Dossetti, il Melloni si sente l’unico storico “veridico”, con l’eccezione di pochi allievi ed amici autorizzati, da lui arruolati in una non fortunata impresa editoriale: “Cristiani d’Italia”, in due volumi Treccani, opera benedetta alla partenza dall’allora patriarca di Venezia Angelo Scola, poi inutilmente sostenuto da Melloni dalle colonne del “Corriere della Sera” per la corsa al soglio pontificio. Una voce istruttiva di questa enciclopedia melloniana è dedicata a: “Il ruinismo. Visione e prassi politica del presidente della conferenza episcopale italiana, 1991-2007″.
Tutti gli altri studiosi che di Dossetti si sono occupati o continuano a scriverne in autonomia “peccano” a suo giudizio di imprecisione o tradimento: dai membri della famiglia religiosa fondata dallo stesso Dossetti, compresa suor Agnese Magistretti, ai curatori delle Edizioni Paoline che confezionano una “mousse dolciastra” nelle presentazioni degli scritti giovanili dossettiani in una collana da lui non controllata, alla “costruzione ideologica” di un vecchio prefatore di scritti dossettiani per Marietti come Mario Tronti, approdato ai “marxisti ratzingeriani”, al prefatore Walter Veltroni, reo col suo scritto “imperdibile” di avere promosso per Diabasis un’altra edizione reprint – in “frettolosa concorrenza” con la sua – di “Cronache Sociali”, la rivista dossettiana tra il 1947 e il 1952, addirittura – si pensi – “grazie ai finanziamenti di una banca romana”.
Neppure il buon padre Giovanni Sale della “Civiltà Cattolica”, che ha rivelato il ruolo di raccordo stretto tra il Vaticano e Dossetti ai tempi dell’assemblea costituente, ruolo sempre negato in vita da Dossetti, si salva da un giudizio di frettolosità.
E sono fatte le pulci anche a Leopoldo Elia e a Pietro Scoppola per aver alterato, in un libro-intervista postumo a Dossetti e Lazzati, alcune dichiarazioni di quest’ultimo, critiche del buon rapporto esistente tra papa Karol Wojtyla e Comunione e liberazione.
Gli altri autori non conformi sono silenziati, sorte a cui sfugge chi scrive, il cui apporto alla conoscenza del ritiro di Dossetti dalla Democrazia cristiana agli inizi degli anni Cinquanta (in libri e saggi pubblicati tra 1988 e 2007) non è affrontato, ma ricordato come “collezione di coriandoli documentari dediti alla scoperta politologica dell’acqua calda”.
Il torto di chi scrive è forse quello di aver partecipato a un convegno bolognese per i dieci anni dalla morte di Dossetti parlando bene di De Gasperi – con conseguente esclusione per non conformità dagli Atti, come buona parte dei relatori – e poi di aver criticato, documenti alla mano, la bizzarra tesi melloniana del Dossetti vicesegretario della DC “in opposizione al segretario Gonella”.
Altra bizzarra tesi di Melloni è quella circa la volontà dossettiana di creare un partito laburista cristiano a sinistra della DC con iniziale appoggio del sostituto alla segreteria di Stato vaticana Giovanni Battista Montini: fantasmi che fanno il paio a sinistra con quelli agitati a destra contro la supposta “Action italienne” di Gedda.
Dalla scure giacobina del nostro non si salvano – nella citata “Lectio magistralis” – i papi più recenti: Benedetto XVI, cui “qualcuno”, in occasione del 150° dell’unità d’Italia fece firmare “una ricostruzione grottesca del percorso costituente” omettendo Dossetti. E Giovanni Paolo II, che avrebbe ridotto “quella forma di ipocrisia canonica che è l’apertura del processo di beatificazione”, che pure per secoli ha avuto una sua severa prassi, a una specie di “cavalierato”.
A qualcosa di più di un “cavalierato” aspirano, col processo avviato di beatificazione, gli amici milanesi di Lazzati e le brave persone della redazione di “Appunti”. Ma stupisce che si siano affidati a un avvocato che non sa davvero difendere la memoria di Dossetti, né tutelare quella di Lazzati. Dopo un anno dalla lettura di quella “Lectio magistralis”, che credo avranno ascoltato con vigile attenzione quel 26 novembre dell’anno scorso, potevano forse evitare di pubblicarla.
© – FOGLIO QUOTIDIANO
Un’espressione militante della “scuola di Bologna”: “il Laboratorio Sinodale Laicale”
di Mauro Faverzani, da Corrispondenza Romana (25/09/2012)
Si muovono nell’ombra, ma sanno dove andare. Non sono un gruppo qualsiasi. Si firmano “Laboratorio Sinodale Laicale”, ma dietro di loro c’era Giuseppe Alberigo e oggi ci sono i suoi pupilli Alberto Melloni (sì, l’articolista del Corriere della Sera) e Giuseppe Ruggieri (lo stesso che ci invita, con un volumetto appena pubblicato da Einaudi, a Ritrovare il Concilio).
In una parola c’è la “scuola di Bologna”, quella che auspica un “Vaticano III” per “riformare la Chiesa” e che ora si serve di uno strumento operativo per penetrare nelle parrocchie e nei circoli cattolici. Un esempio della loro concezione socio-ecclesiastica? Non credono nella famiglia, ma nelle «famiglie», come scrivono nel documento elaborato a Milano presso la Rettoria di San Gottardo, a Palazzo Reale. Dimenticando il vecchio e nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, che, con estrema chiarezza, spiega come famiglia sia solo quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna, distinguono le famiglie «normocomposte» dalle altre. Senza escluderne alcuna. Senza fare eccezioni.
C’è da chiedersi, se nel mucchio vi siano da annoverare anche quelle omosessuali. Di certo vi finiscono separati, divorziati, coppie di fatto, nonché le cosiddette “famiglie ricostituite”, in una parola “pasticciate”. L’estemporaneo sodalizio ne chiede il «riconoscimento». Per questo cita i soliti casi estremi, tanto noti, ormai, da non esser nemmeno più strappalacrime. Non ne prende in considerazione la dimensione sacramentale. «Il punto di partenza» si ritiene sia un altro ossia «la coppia, che sceglie di entrare in un rapporto particolare basato sull’amore, su un progetto comune». Una sorta di “contratto”, insomma, che oggi si può fare e domani disfare. Per il Laboratorio, «omologare» la famiglia, assolutizzarla in un «solo modello» sarebbe un’«ingenuità imperdonabile», «sconcertante, povera e impoverente». Ma non si limita a questo: in un altro testo accusa la «gerarchia» di puntare solo sui «valori non negoziabili» e d’esser invece troppo servile nei confronti di una politica «populista».
Da qui, i soliti slogan ovvero la decisione di farsi portavoce della cosiddetta «base» e di sposare il più trito filone pauperistico. Ad ospitare le sue posizioni, oltre alla solita agenzia Adista, è il sito Statusecclesiae, gestito da alcuni dei firmatari della «Supplica» ai Vescovi del 13 febbraio 2007, in cui si chiedeva che accettassero e senza fiatare il progetto di legge sui «diritti delle convivenze», presentato quando in carica c’era il governo Prodi (primo firmatario della Supplica fu Giuseppe Alberigo), nonché i sottoscrittori del Documento dei 63, con cui nell’89 si accusò la Santa Sede di eccessivo autoritarismo, si pose in discussione l’infallibilità del Magistero e s’imputò alla Chiesa d’esser percorsa da «spinte regressive».
Alla bioetica cattolica, definita «infantile», preferiscono un’etica della situazione; si accendono per il mito dell’operaismo, per i “dissidenti” di “Noi siamo Chiesa” e per la teologia della liberazione – condannata ‒; gioiscono per l’abolizione dei crocifissi nelle aule scolastiche. L’elenco di sconcertanti luoghi comuni potrebbe continuare. Per contestarli tutti, dovremmo trascrivere il Catechismo, i testi del Magistero, della Tradizione e della Sacra Scrittura. Non ne vale la pena: rimandiamo agli originali. Di certo addolora però come queste posizioni possano diffondersi indisturbate: non sono solo critiche, infatti. Sono molto di più. E qualche parroco, come è già capitato, potrebbe utilizzarle nella propria pastorale. Reiterando l’errore. Liberissimi loro di non condividere le posizioni del Magistero. Ma abbiano almeno il coraggio e la decenza di farlo responsabilmente ovvero stando fuori dalla Chiesa.