Video-editoriale del prof. Corrado Gnerre.
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Video.Come il Cristianesimo sconfisse il paganesimo – Matteo D’Amico
In giorni come questi, in cui in occasione del Sinodo dell’Amazzonia si è assistito ad aberranti strizzatine d’occhio al paganesimo ed ai suoi riti, è bene risalire alle origini del Cristianesimo, per ricordare quanto è radicale l’opposizione che vi era fra Cristianesimo e paganesimo, e quali sacrifici dovettero sostenere i primi cristiani per rimanere fedeli alla loro fede.
Questa conferenza si è tenuta il 25 Luglio 2019 a Subiaco, come parte del corso di formazione “Università d’estate” organizzato dall’associazione Lepanto: è un appuntamento regolare e chi volesse saperne di più può visitare il sito: fondazionelepanto.org
Un invito concreto che dobbiamo continuare a tradurre ancor più in realtà. Il vescovo Schneider contro il nuovo gnosticismo
11 febbraio 2015. Nell’Anniversario delle apparizioni della Beata Vergine Immacolata a Lourdes, non possiamo passare sotto silenzio questo messaggio, che è diretto a tutta la Chiesa universale, anche se promosso da un sito affine al nostro: OnePeterFive.com [qui]. Esso nasce da una esplicita richiesta rivolta a Mons. Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare della Diocesi di Maria Santissima in Astana, Kazakistan, sull’onda di una intervista da lui rilasciata a Polonia Christiana [da noi tradotta e pubblicata qui]. Si intende quindi render pubblico un invito ai cattolici di tutto il mondo di impegnarsi fin da ora a resistere, come ricordato anche dal Cardinal Burke [qui]. Dunque non esitiamo a farcene portavoce anche noi, chiarendo fin da subito che “resistenza” non equivale a “ribellione”. In un prossimo articolo in preparazione lo spiegherò ancor meglio. Ci sia consentito tuttavia, per ora, un semplice inciso: è evidente che il cardinal Burke, il vescovo Schneider ed altri non si augurano di dover resistere all’insegnamento del papa, ma sono pronti a farlo, se diventa necessario, per il Signore e per il bene delle anime. E, se a noi capita di sentire e di esprimere le stesse cose, evidentemente non siamo né pseudo-teologi né tradizionalisti ingessati, ma semplicemente amanti della Tradizione e del vero progresso perché la Tradizione non esclude affatto il progresso, che è altra cosa dal progressismo, così come la Tradizione è altra cosa sia dal tradizionalismo che dall’ibridismo sofista di chi si dichiara né progressista né tradizionalista. Il sito From Rome, ne ha ricavato un invito ancor più esplicito [qui], che pubblicherò domani in attesa della traduzione in corso. (M.G.)
Cristianesimo Cattolico: IL CULTO DEL SUICIDIO
Il vento di antiche superstizioni soffia sull’umana fragilità dei moderni.
di Piero Vassallo (17/08/2013)
Era dettata dalla sana prudenza e non da una deplorata ideologia liberticida la norma, che vietava la pubblicazione, nella cronaca dei quotidiani, di notizie concernenti i suicidi.
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Il Papa indica Dio, il Vicariato la Madre Terra
In un articolo di Romasette, inserto capitolino del quotidiano Avvenire, un articolo celebrativo della Giornata Mondiale dell’Ambiente invita a riscoprire divinità pagane. Un esempio di come l’ecologismo sia veicolo per diffondere concezioni anti-cristiane.
di Fabio Spina (07-06-2013)
Il 4 giugno, in occasione della Giornata Mondiale per l’Ambiente, su La Nuova Bussola Quotidiana è stato pubblicato un articolo in cui era scritto: “Spesso, purtroppo, le attuali “feste ecologiche” che alla prima impressione appaiono tutte come la “sagra del pannello solare”, pur avendo l’aspetto positivo di ricordare all’uomo che, non essendo un animale, ha delle responsabilità, possono nascondere la silente e capillare diffusione di varie filosofie con visioni talvolta anti-umane ed in contraddizione con quelle cattoliche (questo anche se mostrano S.Francesco e/o vi partecipano con le migliori intenzioni dei gruppi cristiani)”. Il Papa, nell’udienza del 5 giugno, centrava proprio questo punto, sottolineando come – per coltivare il Creato – la prima emergenza sia proprio recuperare il rapporto con il Dio Creatore.
Invece Romasette, l’inserto del quotidiano cattolico “Avvenire” redatto dal vicariato di Roma, sempre in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, invitava a rivolgersi a Madre Terra, con un articolo initolato “L’economia sostenibile: Recuperare il rapporto con la Terra”. E’ il classico esempio di quanto affermato in apertura. Infatti nell’ultima significativa frase si legge: “È per questo che diventa importante ricordare durante la giornata del 5 giugno quanto sia importante la nostra Terra e che, come lo immaginavano i primi abitanti delle Americhe, la terra è la nostra “pachamama”, è la nostra madre terra che va rispettata e salvaguardata. Solo in questo modo potremmo garantire alle prossime generazioni un futuro migliore. Meditiamo e cerchiamo di organizzare nelle nostre parrocchie e nei nostri quartieri iniziative capaci di contribuire un po’ alla volta a recuperare quel giusto rapporto con la terra così importante per conservare la stessa vita dell’uomo sul pianeta anche per le prossime generazioni.”
Pachamama significa in lingua quechua “Madre terra”, si tratta di una divinità sacra venerata dagli Inca e da altri popoli abitanti l’altipiano andino, una dea pagana. Sembra di leggere quanto affermato dal boliviano Evo Morales: “Sono cattolico, ma credo anche alla religione originaria della Madre Terra”; la cerimonia ufficiale d’insediamento di Evo Morales, il 22 gennaio 2006, fu preceduta il giorno prima da un rito indigeno, guidato da un kallaguya “grande sciamano”, in onore della Pachamama e degli Apu, spiriti delle montagne, nell’antica città di Tiahuanaco.
Benedetto XVI, il 1 gennaio 2010, aveva scritto nel Messaggio per la celebrazione della Giornata della Pace: «Non va infine dimenticato il fatto, altamente indicativo, che tanti trovano tranquillità e pace, si sentono rinnovati e rinvigoriti quando sono a stretto contatto con la bellezza e l’armonia della natura. Vi è pertanto una sorta di reciprocità: nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi. D’altra parte, una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona. Se il Magistero della Chiesa esprime perplessità dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo, lo fa perché tale concezione elimina la differenza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi. In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l’identità e il ruolo superiore dell’uomo, favorendo una visione egualitaristica della «dignità» di tutti gli esseri viventi. Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo». Concetto ribadito anche nell’Enciclica “Caritas in Veritate”.
Per i Cattolici l’unica madre venerata dovrebbe essere la Madonna. Non è con il culto della Madre Terra che potremo garantire alle prossime generazioni un futuro migliore. Lo faremo invece solo aumentando la nostra fede in Cristo e mettendo in atto un comportamento coerente. Per questo nelle nostre Parrocchie è fondamentale recuperare un giusto rapporto con Dio più che con la Madre Terra: da esso discenderà inevitabilmente un maggior rispetto e salvaguardia di tutto il Creato (non solo l’ambiente).
Combattere la miseria e lottare contro gli effetti del degrado ambientale significa promuovere, assieme al miglioramento delle condizioni di vita, il progresso umano e spirituale di tutti, e dunque il bene comune dell’umanità. Esso si costruisce giorno dopo giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini. “Lo sviluppo è il nuovo nome della Pace”, anche in campo ambientale. Per la soluzione del “problema” ecologico l’obiettivo principale non è un “Mondo migliore” per le future generazioni, ma ci dobbiamo impegnare per far crescere generazioni migliori di noi per il Mondo futuro.
Lasciamo ai non credenti d’inginocchiarsi davanti alla “Madre Terra” o ai tanti idoli attuali dell’uomo post moderno. Un pianeta migliore non si riduce, come insegnano la TV ed i libri scolastici, solo all’equilibrio, sempre precario, delle concentrazioni di gas atmosferici. Esso si costruisce giorno dopo giorno, nel perseguimento d’un ordine voluto da Dio. Nelle nostre parrocchie dovrebbe esser chiaro che un “futuro migliore” per i nostri figli lo si ottiene non con meno anidride carbonica, ma con più amore. E Dio è amore.
Chi rema davvero contro la Chiesa e il Papa?
Da un rione romano (…) abbiamo ricevuto e pubblichiamo.
Non se ne può davvero più! È un continuo tam-tam che davvero conduce alle affermazioni più assurde. Stiamo parlando non della rievocazione, in se, dell’11 ottobre 1962, apertura del Concilio Vaticano II, ma di come viene ancora presentato questo evento in barba agli appelli ed agli insegnamenti del Pontefice Benedetto XVI che lo ha posto in una chiave di lettura – seppur conciliante – racchiusa in quella ermeneuta “della continuità”.
Veniamo ai fatti. TV2000 (tv dei vescovi della CEI) ha riproposto un video non proprio nuovo in cui le due voci principali fanno a gara per presentare l’evento come di qualcosa “mai avvenuta nella Chiesa”, un fatto “nuovo”, arrivando ad usare espressioni davvero inaccettabili. Giovanni XXIII, il grande Papa che avrebbe finalmente “cambiato la Chiesa”.
Ma come, non è insegnato dalla dottrina che è la Chiesa che ci cambia interiormente? Non è la Chiesa che santifica? E che cosa significa “cambiare la Chiesa” per questi catto-progressisti duri a convertirsi? Nell’Atto di Fede non diciamo forse di “credere in tutto ciò che la Chiesa ci propone a credere”? E come può una Chiesa insegnare infallibilmente se ad un certo punto della sua storia deve cambiare perché si vergogna del proprio passato? Lo stesso simbolo della Fede è “Credo la Chiesa…” ma come si fa a credere ad una Chiesa che dovrebbe cambiare perché a qualche gruppo così, come Essa era, non piace più?
Ma se il Papa Benedetto XVI nel Motu Proprio Porta Fidei scrive: «È proprio in questo orizzonte che l’Anno della fede dovrà esprimere un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica. Qui, infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia. Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede”, con quale criterio usare ancora termini ambigui come “cambiamento”?».
In che cosa sarebbe cambiata se il Papa stesso si batte per l’ermeneutica della continuità?
Al n. 30 del Compendio del Catechismo, alla voce noi crediamo si legge: «È infatti la Chiesa che crede: essa in tal modo, con la grazia dello Spirito Santo, precede, genera e nutre la fede del singolo cristiano. Per questo la Chiesa è Madre e Maestra».
Come fa ad essermi quell’una Madre e Maestra che «precede, genera e nutre» se si pretende di cambiarla?
È ovvio che così si finisce per creare una nuova immagine di Chiesa che inevitabilmente andrà a scontrarsi con l’immagine della Chiesa del passato. Un conto sono le riforme, il rinnovamento, l’arricchimento, e queste sono sempre benvenute, ma altra cosa è parlare di cambiamento. Una curiosità: in tutti i discorsi tenuti da Giovanni XXIII, sul Concilio, in nessuno egli parla di “cambiamento”.
Veniamo all’altra frase odiosa ripetuta centinaia di volte, come una specie di messaggio subliminale, lungo il video: la Chiesa, dopo Giovanni XXIII non sarà più la stessa!
Senza dubbio molte cose sono cambiate ma questo perché la Chiesa visibile è fatta dalle membra che vivono il proprio momento storico: noi non siamo certo come i fedeli di trecento anni fa (esteriormente parlando), ne possiamo dire che rappresentiamo i fedeli del futuro, la modernità è proprio specifica al momento storico che vive, non è ne passato ne futuro, ma è il presente.
Noi forse potremmo dire che oggi siamo uguali alla Chiesa del secondo, quarto o decimo secolo? O che al Concilio di Trento la Chiesa era uguale – parliamo sempre di esteriorità e modi – alla Chiesa che si presentava al Concilio di Efeso? Forse che una Santa Teresina del Bambin Gesù desiderava stare in una Chiesa diversa da quella che stava vivendo nel suo momento storico?
Tuttavia qui nel video si insinua proprio il dubbio che non sia cambiata semplicemente l’esteriorità, ma il contenuto, e questo è grave, ed è grave che TV2000, dei vescovi italiani, non dica nulla in merito e senza portare avanti le correzioni fatte dal santo Padre, ma lascia che il tutto continui ad essere vissuto con disgustoso sentimentalismo, portando l’ingenuo fedele a credere che davvero prima del Concilio c’era una Chiesa odiosa, una matrigna, papi cupi e cattivi.
Come se bastasse ripartire da una fiaccolata non per commemorare, attenzione, ma per “rivivere” quella serata “magica” del “discorso alla Luna”…, ma si dice anche “discorso della Luna”, no scusate, ma il Papa era un esoterico, un astrologo? Ci si raduna per ricordare quell’evento, ma non stiamo rasentando l’idolatria, il culto del sensazionalismo, magari anche con qualche goccia di fideismo, o paganesimo?
È stato dato l’ordine di convogliare numerosi fedeli per la fiaccolata che ricorderà “il discorso alla Luna”, mentre risulta da qualche parte che è stato boicottato il coinvolgimento di più persone per l’incontro a Loreto (??? ??? interessante spunto per un attento approfondimento N.d.R.) con il Papa che affidava l’Anno della Fede alla Madonna di Loreto. Lì avremmo dovuto vedere fiaccolate e fiumi di fedeli, sacerdoti e prelati, ma le immagini stesse rivelano la scarsissima partecipazione e la stessa TV2000 che ha solo trasmesso la diretta della Messa.
No!
Tutti a Roma invece per commemorare il “discorso alla Luna” e i Media ci bombarderanno con le dirette! Guardando in positivo, hai visto mai che con il flusso delle alte e basse maree, effettivamente, la Luna non finirà per dare una mano a sommergere questa sindrome delle commemorazioni sentimentaliste?
La voce nel video rincara la dose e dice: dopo che la Chiesa si era costituita in una torre d’avorio dentro la società, dopo aver guardato alla modernità con sospetto, condannandola, finalmente è arrivato un Papa, anziano, che ha avuto il coraggio di spezzare questa torre…. e scendere così, finalmente, nella modernità. Qui c’è un errore di fondo, se non proprio malafede, la Chiesa non ha mai condannato la “modernità o il progresso” ma il “modernismo e il progressismo”, termini che portano a problematiche completamento diverse.
Certo che si è guardato “con sospetto” alla modernità, proprio per valutare più saggiamente l’infiltrazione del modernismo, vera piaga per il mondo. Quindi, prosegue il video che: questo Papa anziano, anche lui sospettoso verso la modernità, con coraggio ed anche con qualche spregiudicatezza…
Ma che significa “con qualche spregiudicatezza”?
L’evento di un Concilio non era una novità per la Chiesa, così come non lo sarebbero stati i problemi che sarebbero sorti.
Nel Compendio al n. 512, leggiamo: «Per questo la Chiesa rifiuta le ideologie associate nei tempi moderni al “comunismo” o alle forme atee e totalitarie di “socialismo”. Inoltre, essa rifiuta, nella pratica del “capitalismo”, l’individualismo e il primato assoluto della legge del mercato sul lavoro umano».
Ma questo, fratelli e sorelle carissimi, è il volto del modernismo che la Chiesa infatti rigetta, non è la modernità correttamente intesa nel suo benefico progresso!
Quindi in cosa sarebbe “cambiata la Chiesa” se quanto condannava ieri continua a condannare oggi?
Nel 29 Novembre 2007, in un Convegno tenuto alla Pontificia Università di san Tommaso per i Cento anni della Pascendi Dominicis grecis di San Pio X (8 Settembre 1907) monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino e Montefeltro al quale è stato affidato il discorso di chiusura, ha riportato il problema dell’equivoco post-conciliare ricordando la condanna della “ermeneutica della discontinuità” da parte di Papa Benedetto XVI.
«L’errore di una ermeneutica della rottura, della discontinuità, che vede il Vaticano II come l’alba di una “nuova chiesa”», ha commentato. «San Pio X – ha affermato mons. Negri – ha dimostrato come tutte quelle correnti vicine al razionalismo e al modernismo portano inevitabilmente all’ateismo. Esse rappresentano un impietoso tentativo di eliminare Dio dalla considerazione della vita e della società. Se si elimina il divino, l’uomo diventa oggetto di manipolazione in tutti i sensi (…) I totalitarismi non sono stati “incidenti di percorso” ma consapevoli e deliberate costruzioni di società senza Dio».
«Oggi ci troviamo di fronte a una battaglia epocale tra una concezione autentica e una concezione razionalista e “massonica” della Chiesa – ha proseguito il presule –. Parimenti c’è un ecumenismo giusto, quello che affianca al dialogo la missione e un ecumenismo “d’accatto” che contrappone dialogo e missione».
«All’inizio del secolo attuale, nell’anno giubilare è stata pubblicata la dichiarazione Dominus Jesus che indica chiaramente nella Chiesa la fonte della verità: auspichiamo che insieme al Sillabo e alla Pascendi, anche la Dominus fra cento anni possa essere ricordato come il documento magisteriale che ha impedito la dissoluzione del cattolicesimo nel mondo», ha poi concluso mon. Negri.
La voce nel video dice ancora: “Papa Giovanni XXIII credeva positivamente nelle novità del mondo, vedeva positivamente il progresso…”.
Quale Papa in passato non ha mai guardato con sospetto, che noi definiamo teologicamente “prudenza” ciò che poi si univa al progresso della società in cui viveva?
E al contempo guardava con favore al vero progresso? Mons. Luigi Maria Carli (1914-1986) già Vescovo di Segni e Gaeta, ha scritto nel 1969 Nova et Vetera, Tradizione e progresso nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, ad un certo punto scrive: «Si ripete spesso, con l’aria, quasi di chi alza la voce per farsi coraggio: “Non sono più i tempi degli scismi! Roba del passato!”».
Fosse vero. Ma perché mai gli scismi non sarebbero oggi più possibili? Dove sta scritto? Chi l’ha decretato?
E non dimentichiamo che, ancorché non più dichiarati formalmente, come un tempo, mediante la pubblica affissione di tesi ereticali da una parte e bolle di scomunica dall’altra, gli scismi più insidiosi e deleteri rimangono quelli negati a parole ma esistenti nei fatti.
La conclamata volontà di certi novatori di “andare avanti restando nella Chiesa” potrebbe anche significare il deliberato proposito di giuocare allo svuotamento del cristianesimo dal di dentro, di “portare l’infedeltà nel cuore stesso della Chiesa”. Costoro potrebbero rimanere dentro le strutture, perché gli riesca più facile “non solamente interpretare la realtà della Chiesa, ma cambiarla, alla luce del vangelo di Gesù Cristo”.
Questo fenomeno — riconosciamolo pure, con sincerità — non avveniva dopo i Concili del passato, quando i contestatori del magistero ecclesiastico se ne separavano apertamente. Così, almeno, la nettezza delle posizioni assicurava la purezza della fede dei cattolici!
Trovo scritto che lo sbalordimento prodotto dai fenomeni che avvengono oggi nella Chiesa «non arriverà certo al vertice parossistico quale lo vide San Girolamo, quando nel 350, dopo furiosi dibattiti politico-conciliari, rivelò che il mondo intero, addolorato, era stupito di ritrovarsi ariano».
Non arriverà certo… Ma donde tanta certezza?
Perché non potrebbe accadere, poniamo tra qualche decennio, che un secondo San Girolamo fosse costretto a riconoscere, gemendo, che l’intera cristianità non si ritrova più cristiana?”.
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Alla luce di queste parole ed ascoltando i Papi che parlano di scristianizzazione, apostasia, ed oggi l’indizione di un Anno della Fede, come non essere autorizzati a pensare come allora pensava san Girolamo e rivelare che il mondo intero non è neppure più stupito di ritrovarsi ateo?
A cosa mi serve il Cortile dei Gentili, sul sacrato di una Basilica, dove un Cardinale non parla per convertire, ma per passare il tempo in amicizia, e dove l’ospite, felice di essere ateo, conversa amichevolmente con un principe della Chiesa di moralità e viene pur applaudito?
È questo il cambiamento che voleva lo Spirito Santo? Se è si, allora a cosa mi serve un Anno della Fede? Per quale motivo dovrei impegnarmi se esiste una corte dei gentile nella quale posso esternare il mio ateismo ed essere applaudito per questo da un Cardinale della Chiesa?
Se è no, allora cosa mi serve andare a fare una fiaccolata per ricordare un discorso “alla Luna” mentre milioni di bambini continuano ad essere uccisi per la legge sull’aborto che l’ospite alla corte dei gentili non ha mai menzionato parlando di morale?
Scriveva con profetico monito mons. Carli sopra riportato: «Ma tra i “segni dei tempi” registriamo ancor questo, con stupore e dolore: il nessun conto che fanno molti cattolici, chierici e laici, della parola del Papa, quando non la coprono d’irriverente sarcasmo o non ne fanno segno di contraddizione!».
La regola dello sviluppo nella Chiesa tra il concetto di PROGRESSO E TRADIZIONE, la troviamo formulata – citata anche dallo stesso Benedetto XVI – fin dall’anno 434 in un’opera di S. Vincenzo Lirinense: «Dirà forse qualcuno: Non si dà, dunque, progresso alcuno della religione nella Chiesa di Cristo? Altroché se si dà, e grandissimo! Chi vorrà essere tanto ostile agli uomini e tanto odioso a Dio da tentare di impedire un simile progresso? Però avvenga in modo tale da esser veramente un progresso della fede e non un’alterazione. Progredire, infatti, significa che una cosa si amplifica rimanendo se stessa; mutamento, invece, significa che una cosa passa a diventare un’altra cosa. È necessario, dunque, che crescano — e crescano molto gagliardamente — col passare delle generazioni e dei tempi l’intelligenza e la scienza e la sapienza della fede sia nel singolo sia presso la comunità, sia in ciascun cristiano sia in tutta la Chiesa: però la crescita della fede avvenga soltanto ferma restando la sua propria natura, cioè entro l’ambito dello stesso dogma, nel medesimo significato e nella medesima sentenza — in suo dumtaxat genere, in eodem scilicet dogmate, eodem sensu eademque sententia” (Commonitorium,23 -PL50,667).
Quello che rattrista è che proprio ai vescovi della CEI, che non mandano in onda queste parole su TV2000, il Papa Benedetto XVI aveva ripetuto il 24 maggio 2012: «”Quel che più di tutto interessa il Concilio è che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace”, affermava il Beato Papa Giovanni XXIII nel discorso d’apertura. E vale la pena meditare e leggere queste parole. Il Papa impegnava i Padri ad approfondire e a presentare tale perenne dottrina in continuità con la tradizione millenaria della Chiesa, “trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti”, ma in modo nuovo, “secondo quanto è richiesto dai nostri tempi”» (Discorso di solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962).
Questa è l’unico “discorso” che dobbiamo commemorare, non il “discorso alla Luna”.
“Massoneria cattolica”, ovvero il modernismo riciclato
su Radici Cristiane (n. 33)
Da quando venne eletto al soglio pontificio, nell’agosto 1903, san Pio X dimostrò una paterna sollecitudine nel custodire il dogma della Fede, insidiato fin dalle fondamenta da molteplici correnti riformatrici, poi caratterizzatesi come “modernismo”.
La lotta di un Papa in difesa della Verità
Nell’enciclica E supremi apostolatus, pubblicata appena due mesi dopo l’elezione, Papa Sarto già ammoniva contro «le insidie di una certa nuova e fallace scienza, che in Cristo non s’insapora, e che con larvati e subdoli argomenti si studia di dar passo agli errori del razionalismo e semi razionalismo».
Ancora due mesi, e il Sant’Uffizio metteva all’Indice quattro libri di Alfred Loisy, capofila del modernismo, nonché un’opera di Albert Houtin, inaugurando una serie di analoghe misure che colpirono i principali promotori dell’eresia in Europa e negli Stati Uniti.
Nell’Enciclica Pieni l’animo, del luglio 1906, il Pontefice torna a censurare le dottrine moderniste deplorando che settori del clero ne siano infettati: «Purtroppo un’atmosfera di veleno corrompe largamente gli animi ai nostri giorni. (…) Che tale spirito penetri fino nel santuario e infetti [il clero] è cosa questa che Ci ricolma l’animo d’immenso dolore».
Nell’allocuzione al Concistoro del 17 aprile 1907, san Pio X denunciava ancora «questo attacco che costituisce non solo una eresia, ma la sintesi, la velenosa essenza di tutte le eresie».
Il 3 luglio, il Sant’Ufficio pubblicava il decreto Lamentabili sane exitu, contenente 65 proposizioni moderniste condannate. Finalmente, l’8 settembre il Pontefice pubblica l’enciclica Pascendi Dominici gregis, nella quale qualifica il modernismo “la sintesi di tutte le eresie” (“omnium haereseon conlectum”), e i modernisti «i più perniciosi nemici della Fede».
Morte del modernismo?
La prima reazione dei modernisti fu di… negare l’esistenza del modernismo!
Le publicazioni filo-moderniste dell’epoca abbondano in sarcasmi contro «la troppo fertile immaginazione dei campioncini dell’ortodossia», «il delirio di cervelli refrattari», «i fanatici dell’Inquisizione» che avrebbero «fabbricato di sana pianta questa sintesi di tutte le eresie».
Paul Naudet, leader dei cosiddetti abbés démocrates, ironizzava: «Il problema del modernismo è che… nessuno vi si riconosce! Nessuno vuol essere modernista. D’altronde in perfetta buona fede».
Perfino l’utilizzo del termine “modernismo” veniva contestato. «Non crediamo ci sia bisogno di un appellativo nuovo per definire il nostro atteggiamento religioso, che vuol essere semplicemente di cristiani viventi in armonia con lo spirito del loro tempo», scriveva Ernesto Buonaiuti.
Ma il colpo era stato troppo devastante, le loro dottrine esposte in modo troppo preciso, le conseguenze tratte in maniera troppo rigorosa e, quel che è peggio, negli atti disciplinari i nomi erano stati fatti. Per i modernisti non c’era scampo. Nonostante qualche vano tentativo di reazione, dovettero arrendersi.
Nell’ottobre 1909, Loisy riteneva dover parlare dei suoi compagni come dei “morti”. Un mese prima, egli ammetteva che il modernismo «è in piena ritirata e sarà presto annientato». Dall’altra sponda, lo scrittore tradizionalista Hillaire Belloc proclamava che «il colpo della Pascendi è stato mortale (…) Il modernismo è morto!». Purtroppo sia l’uno che l’altro si ingannavano.
Lungi dal lasciarsi prendere dallo sgomento, i duri e puri facevano strane profezie: «Quando mi guardo attorno – scriveva George Tyrrell nell’agosto 1908 – sono costretto ad ammettere che l’onda di resistenza modernista si è esaurita, e che ha dato tutto ciò che poteva dare per adesso. Dobbiamo aspettare il giorno in cui, grazie ad un lavoro silenzioso e segreto, avremo guadagnato alla causa della libertà una porzione più grande dei fedeli».
Un lavoro silenzioso e segreto? A cosa si riferiva il modernista inglese?
“Massoneria Cattolica”
Aveva sempre fatto parte del carattere modernista un pronunciato vezzo per la segretezza. In parte dovuto alla paura di incorrere in sanzioni ecclesiastiche, in parte perché, tutto sommato, erano ancora una minoranza, i modernisti funzionavano in pratica come una setta semi-clandestina.
Già prima della Pascendi, il mensile Unità cattolica parlava di «un complotto contro i cattolici ‘papalini’ (…) una trama per isolare il Dolce Cristo in terra (…) ordita da sette e conventicole ribelli». Nel condannare i modernisti, lo stesso san Pio X osservava che «essi sono tanto più perniciosi quanto meno sono in vista (…) [quanto più] inculcano le loro dottrine velatamente».
Per niente pentiti, dopo la Pascendi i modernisti si nascosero ancor di più, formando ciò che Antonio Fogazzaro definì “Massoneria Cattolica”. Nel romanzo teologico Il Santo, in realtà un libro programmatico, il Senatore del Regno (simpatizzante del modernismo ma sottomessosi alla Pascendi), indicava ai confratelli la strategia a seguire per aggirare la condanna e continuare i lavori: «Noi vogliamo comunicare nel Cristo vivente quanti sentiamo ch’Egli prepara una lenta ma immensa trasformazione religiosa, la quale si opererà con sacrificio, con dolore, con divisione di cuori. (…) Comunicare, vogliamo, tutti, di ogni paese, ordinare la nostra azione. Una Massoneria Cattolica? Sì, la Massoneria delle Catacombe! (…)».
«Prima dunque di iniziare questa frammassoneria cattolica, io credo che vi converrebbe intendervi circa le riforme. Dirò di più; io credo che anche quando fosse fra voi un pienissimo accordo nelle idee, io non vi consiglierei di legarvi con un vincolo sensibile. La mia obbiezione è di una natura molto delicata. Voi pensate certo di poter navigare sicuri sott’acqua come pesci cauti, e non pensate che un occhio acuto di Sommo Pescatore o vice Pescatore vi può scoprire benissimo e un buon colpo di fiocina cogliere. Ora io non consiglierei mai ai pesci più fini, più saporiti, più ricercati, di legarsi insieme. Voi capite cosa può succedere quando uno è colto e tirato su. E, voi lo sapete bene, il grande Pescatore di Galilea metteva i pesciolini nel suo vivaio, ma il grande Pescatore di Roma li frigge».
Ma “l’occhio acuto del Sommo Pescatore” vegliava. Nel 1910, san Pio X pubblicava il Motu Proprio Sacrorum antistitum, nel quale denunciava che i modernisti si stavano raggruppando in una lega clandestina (clandestinum foedus) e che «non hanno abbandonato il loro intento di perturbare la pace della Chiesa». Al fine di chiudere definitivamente le porte, egli istituì il celebre “giuramento anti-modernista”, richiesto ai vescovi e sacerdoti, nonché ai professori di teologia.
Un clima diverso
Il grande Papa morì nell’agosto 1914, amareggiato dalla guerra che egli aveva strenuamente cercato di impedire. Il suo successore Benedetto XV riaffermò le condanne, specialmente nell’enciclica Ad beatissimi (1914), nella quale denunciava «i mostruosi errori del modernismo».
Alcuni, però, interpretarono il suo appello a «sopire i dissensi e le discordie tra i cattolici» come un implicito richiamo a cessare la lotta anti-modernista. L’allontanamento di Mons. Umberto Benigni, che si era distinto nella lotta contro l’eresia, benché dovuta ad una vecchia differenza personale col nuovo Papa, fu anch’essa interpretata come un cambio di indirizzo.
Rievocando il cambiamento di clima dopo la morte di san Pio X, il teologo Marie Dominique Chenu, allora un giovane seminarista, rileva alcuni aspetti del nuovo pontificato: «Il pontificato di Benedetto XV rappresentava una tendenza diversa. (…) [Il cardinale] Merry del Val [Segretario di Stato di S. Pio X] fu sostituito dal cardinale Gasparri. Una vera rivoluzione di palazzo! Gasparri rimise nelle loro cattedre molti dei giovani sacerdoti e teologi che, sospettati di simpatie moderniste, erano stati condannati».
Una simile impressione si desume da una lettera di Giovanni Genocchi a Paul Sabatier, uno dei leader del movimento in Francia: «Stiamo già sentendo alcuni effetti positivi del nuovo clima. Non c’è più il furore iconoclasta del vecchio Pontefice. Stiamo respirando più comodamente. (…) Diverse vittime della follia e del fanatismo sono già state reintegrate, ed altre sono in cammino».
Dal modernismo al progressismo
Così, mentre il fragore dei cannoni copriva la polemica teologica, la setta modernista cominciò a riorganizzarsi. I duri e puri, però, erano ormai fuori dalla Chiesa e, di conseguenza, non avevano più influenza fra i fedeli.
Ma questi erano solo l’avanguardia di un più vasto movimento che, restando nel gregge di Cristo, poté portare avanti il “lavoro silenzioso e segreto” proposto dal Tyrrell. Erano i cosiddetti “progressisti” o “modernizzanti”. Coincidendo genericamente con i modernisti, avevano tuttavia evitato con cura qualsiasi enunciato eterodosso, sfuggendo in questo modo alla condanna.
Spesso protetti dalle mura di note istituzioni religiose, i progressisti continuarono a lavorare, collocando le fondamenta delle correnti teologiche che tanto male hanno fatto alla Chiesa nel secolo XX. «Costretti ad una sorta di vita clandestina – spiega P. Albert Besnard – i modernisti continuarono ad operare in modo segreto ispirando successivamente la maggior parte delle contestazioni religiose che oggi vediamo nella Chiesa».
Ma questo è ormai tema per un altro articolo.
Benedetto XV contro il ritorno del paganesimo
Per la verità, due sono oggi le passioni predominanti in questa incredibile perversità di costumi, l’amore sconfinato delle ricchezze e un’insaziabile sete di piaceri. Da qui la vergogna e il disonore del nostro secolo, il quale, mentre fa continui progressi in ciò che appartiene ai comodi ed ai conforti della vita, per quanto riguarda il dovere di vivere onestamente — il che ben più importa — pare che voglia ritornare a gran passi verso la corruzione del paganesimo. In realtà, quanto più gli uomini perdono di vista i beni eterni che sono loro preparati nei cieli, tanto più sono attratti verso i caduchi; e una volta che si siano vilmente incurvati verso la terra, facilmente si intorpidisce in essi ogni virtù: così che nauseati di tutto ciò che sa di spirituale, non agognano che l’ebbrezza dei volgari piaceri. Perciò, Noi vediamo in generale che mentre da un lato non si ha alcun ritegno ad accumulare ricchezze, manca dall’altro la rassegnazione d’un tempo nel sopportare quei disagi che sogliono accompagnare la povertà e la miseria; e mentre fra i proletari ed i ricchi già esiste quella lotta accanita che abbiamo detto, ad acuire l’avversione dei non abbienti s’aggiunge il lusso smodato di molti, congiunto a impudente dissolutezza. Al qual proposito non possiamo deplorare abbastanza la cecità di tante donne di ogni età e condizione, le quali, infatuate dall’ambizione di piacere non vedono quanto sia stolta certa foggia di vestire, con cui non solo suscitano la disapprovazione degli onesti, ma, ciò che è più grave, recano offesa a Dio. E in tale abbigliamento — che esse stesse in passato avrebbero respinto con orrore come troppo disdicevole alla modestia cristiana — non si limitano a presentarsi soltanto in pubblico, ma neppure si vergognano di entrare così indecentemente nelle chiese, di assistere alle sacre funzioni e di recare persino alla stessa mensa Eucaristica (nella quale si va a ricevere il divino Autore della purezza) i lenocini delle turpi passioni. Tralasciamo poi di parlare di quei balli esotici e barbari, uno peggiore dell’altro, venuti ora di moda nel gran mondo elegante; non si potrebbe trovare un mezzo più adatto per togliere ogni resto di pudore.
[Brano tratto dall’enciclica “Sacra Propediem” di Papa Benedetto XV]