La “democrazia compiuta” ovvero l’Italia rossa grazie alla setta democristiana

Al progetto socialcomunista di giungere alla “alternativa democratica” — cioè alla instaurazione del loro regime –, passando attraverso una fase di “alternanza”, con la Democrazia Cristiana in posizione subalterna e con la funzione di falso “polo conservatore”, la setta democristiana risponde accettando la «alternanza», ma proponendo, per dopo, un governo di “compromesso storico”, con la propria presenza. Allo scopo essa svela la sua natura più profonda con una sfrontatezza e una franchezza inconsuete, rivendicando con energia e con enfasi le proprie benemerenze sovversive, che la abilitano non solo a partecipare al processo rivoluzionario in tutte le sue fasi, ma anche a entrare nel “regno” finale della perfetta secolarizzazione, che confessa essere la sua meta e il “coronamento storico della battaglia politica” dei “cattolici democratici”. La vittoria della linea “filocomunista” resa possibile dall’arroccamento a sinistra della maggior parte dei “capi storici”. La sostanziale inconsistenza dell'”opposizione di tipo inglese” interna. Il dramma della emarginazione politica dei cattolici non democristiani e degli italiani conservatori.

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La condanna del modernismo sociale

Se nella lettera Notre charge apostolique, san Pio X traccia, di fatto, l’identikit del “modernismo sociale”, il nome viene esplicitamente utilizzato in un documento magisteriale soltanto nel 1922, nell’enciclica programmatica del pontificato di papa Pio XI, Ubi arcano Dei.

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