La tela di McCarrick e tutto il marcio che ancora c’è

Condividiamo questa importante intervista che monsignor Carlo Maria Viganò ha concesso a al vaticanista Marco Tosatti per il suo blog Stilum curiae.

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I “catto-progressisti”: Francesco non ci basta.

Può essere interessante piluccare tra i molti commenti di parte catto-progressista (quella storica naturalmente) al terzo anniversario dell’elezione di papa Francesco. Oltre ad alcuni passi dei documenti di Noi siamo Chiesa e dell’Associazione Viandanti proponiamo anche qualche considerazione di Marco Politi, Luigi Sandri e Luis Badilla.

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Conclave 2005, Martini non fu né candidato né profeta

Di fronte al mistero della vita di un uomo consacrato a Dio, ci interessano non chiacchiere o pregiudizi, le solite strumentalizzazioni di certa stampa nostrana, ma imparare. E ai molti che ci hanno scritto, offriamo queste nostre considerazioni.

di Luisella Saro, da Cultura Cattolica (03/09/2012)

Che alcuni giornalisti ne sappiano una più del diavolo è cosa nota e non fa nemmeno più notizia. Che ne sappiano (o pensino di saperne) una più dello Spirito Santo è invece una novità che merita di essere raccontata.

Così scrive Marco Politi su Il Fatto Quotidiano, nell’articolo “Martini, l’uomo che poteva essere papa”: «Poteva diventare pontefice per le sue qualità e il vasto credito di cui godeva nel mondo cattolico e tra la Chiese cristiane. Un credito, che andava ben al di là dei confini confessionali, favorito dalla grande stima che gli portavano anche ebrei e musulmani e non credenti. Ma al conclave del 2005 Martini arrivò già piegato dal Parkinson e la Chiesa cattolica non poteva permettersi due pontefici malati di seguito. In ogni caso Martini appariva troppo riformista per un conclave, che si stava orientando su una linea di difesa identitaria del cattolicesimo. Non avrebbe avuto i voti necessari. Sicché alla fine invitò i suoi seguaci a votare Joseph Ratzinger».

Fermo restando che ci mancherebbe anche, che i Cardinali riuniti per l’elezione di un Pontefice non avessero come priorità la “difesa identitaria del cattolicesimo”, fosse vera la ricostruzione di Politi, vien da pensare che o il suddetto giornalista è stato il confidente segreto del cardinal Martini, o il vizietto di guardare/origliare dal buco della serratura e che in certi giornali si è cronicizzato, deve essere iniziato il 18 aprile 2005, data di apertura dell’ultimo conclave. In ogni caso sarebbe uno scoop, che uno dei “grandi elettori” di Papa Ratzinger sia stato colui che in questi giorni viene raccontato dai media come, invece, una sorta di anti-Papa e che lo stesso giornalista del Fatto definisce come «paladino dei diritti civili, (che) irritava le gerarchie ecclesiastiche con le sue opinioni sul testamento biologico, i rapporti omosessuali, la fecondazione artificiale…». Uno scoop da far rizzare i capelli a chi, proprio sul Fatto online, sotto l’articolo di Politi ha lasciato commenti come questo, preso a campione: Sai quanto bene avrebbe fatto all’Italia e alla sinistra, avere un papa come Martini, intelligente, aperto alla realtà e poco propenso agli intrighi politici ed economici della curia romana, invece dell’intrigante mastino polacco e del mummificato ex nazista tedesco, grazie ai quali siamo l’unica nazione occidentale a vivere nel Medioevo anziché nel 2000 (Mariel_3). 

(Parentesi. AAA cercasi qualcuno che con parole semplici ma una volta per tutte spieghi ai lettori del Fatto e delle testate “che contano”, che il Papa guida la Chiesa cattolica – che significa universale – e non le parrocchie italiane. Grazie, chiusa parentesi).

Detto questo, peccato che su La Stampa di ieri Andrea Tornielli abbia ricostruito la vicenda in modo totalmente diverso, con un articolo dal titolo eloquentissimo: “Il candidato ‘liberal’ che non fu mai in gioco per il soglio di Pietro. Entrò nel suo unico conclave da sconfitto. Contro di lui anche le divisioni tra progressisti”. Così Tornielli, che a differenza di Polito cita le fonti: «Che cosa sia successo in conclave lo possiamo ricostruire grazie al diario di un cardinale, reso noto da Lucio Brunelli sulla rivista Limes nell’ottobre di sette anni fa. E’ a tutt’oggi la più attendibile ricostruzione di quanto avvenuto nella Sistina… Poco prima della quarta votazione proprio Martini, convinto che nessuno dei due candidati (Ratzinger e l’argentino Bergoglio, Ndr) avrebbe raggiunto il quorum, si sarebbe avvicinato a un collega preannunciandogli: “Domani grandi novità…”. Un’allusione alla possibilità che dal giorno successivo il conclave si sarebbe indirizzato su un altro candidato, di compromesso. Ma due ore dopo il settantottenne Papa tedesco si affacciava a benedire i fedeli».

Come siano realmente andate le cose lo sanno i cardinali riuniti quel giorno in conclave e – appunto – lo Spirito Santo. Ma la verità-vera, è assodato, non interessa praticamente più nessuno. Molti articoli usciti questi giorni, in cui sul cardinale Carlo Maria Martini si è letto tutto e il contrario di tutto, non fanno che confermarlo. E preoccupa non poco che la comunicazione mediatica sia a tal punto degenerata da snobbare la semplice (?) cronaca dei fatti, per modificarla a piacimento, mistificandola. Docet lo stesso cardinale Martini, così tirato per la tonaca in vita e anche da morto, tanto da ritrovarsi… denudato. Un esempio? Eccolo. «Un grande uomo, quindi poco prete. Lo avranno consacrato a sua insaputa», ha scritto Ritamir, sul Fatto

Questo avrebbe voluto Martini? Essere considerato «un grande uomo, quindi poco prete»? O «il cardinale ‘laico’», come l’ha definito Vincenzo Carriero su CosmoPolis? Mi auguro per lui di no: che non si vergognasse dell’abito che indossava!

Auspico dunque maggiore professionalità e un po’ di umiltà da parte dei giornalisti che, tronfi del potere che gli riserva il mondo, arrivano a credere di saperne persino più… dello Spirito Santo, e prego perché in conclave (e nella vita di ogni giorno) i cardinali continuino ad avere a cuore «la difesa identitaria del cattolicesimo». Con i tempi che corrono, è soprattutto di questo che abbiamo bisogno.

Marco Politi ci riprova: “Colpa di Ratzinger sul caso Maciel”

Ma la questione è già chiusa da un pezzo e tutti sanno che è proprio merito di Benedetto XVI se Maciel non potuto più nuocere.

da UCCR (23/03/2012)

In occasione della partenza di oggi di Benedetto XVI per il viaggio in Messico (e a Cuba, fino al 29 marzo), patria di Marcial Maciel Degollado e dei Legionari di Cristo, il solito Marco Politi, il vati-laicista de Il Fatto Quotidiano ossessionato dal Pontefice, ha pubblicato ieri un ennesimo articolo sensazionalistico contro di lui, accusandolo incredibilmente ancora una volta di aver coperto, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, gli abusi sessuali del fondatore della congregazione religiosa. Dopo che sono state completamente ritirate le accuse al Pontefice sul caso di padre Lawrence Murphy, nel silenzio di Marco Politi, il “caso Degollado” è l’unico rimasto per cercare di gettare fango in qualche modo su Benedetto XVI.

Ma la questione, per quanto riguarda il coinvolgimento del card. Ratzinger, è già chiusa da un pezzo. È stato infatti riconosciuto da chiunque e da tutto il mondo (ricordiamo gli editoriale di Piero Ostellino su Il Corriere della Sera, quello sul Wall Street Journal, quello di Gianluigi Nuzzi su Libero ecc.), che Ratzinger appena poté agire fu colui che avviò e chiuse la serie di indagini che portarono all’emergere della vicenda, all’immediato allontanamento e sospensione a divinis di Maciel. Sull’ottimo Blog degli amici di Papa Ratzinger si definisce il tentativo di Politi un «clamoroso autogol ed un falso storico» e si rimanda ad un articolo interno in cui sono stati raccolit decine di articoli utili a chiarire la vicenda.

Per l’occasione anche UCCR ha voluto creare un dossier sul “caso Maciel”, in cui è stata realizzata una precisa cronologia degli eventi e sono stati approfonditi i ruoli nella vicenda di Giovanni Paolo II, del card. Angelo Sodano, ex segretario di Stato, di Stanisław Dziwisz ex segretario personale di Wojtyla e dell’allora card. Ratzinger.

Le conclusioni che sono state tratte, seguendo il susseguirsi di articoli sulla questione in tutto il mondo, è che il terribile “caso Maciel” serva a far permanere la Chiesa in un profondo stato di umiltà e penitenza, ma sia anche un elogio per l’operato di Benedetto XVI. Diverse ombre vengono contemporaneamente calate sul pontificato di Giovanni Paolo II: è stato comunque riconosciuto che le informazioni a lui indirizzate vennero sempre fortemente filtrate e, quando la questione emerse in modo evidente, egli divenne troppo debole e malato per potersene occupare in prima persona. Le vere responsabilità devono essere attribuite ad altri in Vaticano, a coloro che hanno tradito il Vangelo e la stessa Dottrina della Chiesa. Le colpe ricadono sopratutto ai responsabili dei Legionari di allora che – forse immersi in un contesto profondamente anticattolico – preferirono ignorare o sottovalutare le voci contro il fondatore. Una mente folle, criminale e lucida, quest’ultimo, che seppe farsi proteggere adeguatamente e crearsi tre vite parallele, epurando ogni possibile testimone.