Sono pastori, ma di fronte ai preti ribelli sembrano dei miti agnellini. Due casi dalla cronaca: in diocesi a Milano il vescovo Delpini fa un assist a don De Capitani, che diffamò Salvini; a Pistoia il prelato “bacchetta” don Biancalani perché canta Bella ciao in chiesa, ma tace sull’occupazione del tempio da parte dei richiedenti asilo che va avanti da un anno.
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Don Giorgio De Capitani – L’ERESIA SUL WEB
In un altro articolo abbiamo parlato di don Andrea Gallo come di un eresiarca, ossia un moderno diffusore di ideologie interne alla Chiesa che, per quanto siano circoscritte a pochi personaggi, sono assai deleterie alla Nave di Pietro. Il motivo? Dando credito alle teorie assurde degli anticlericali, non fanno che allontanare i fedeli e promuovere idee ecclesiologiche assai distorte e pericolose.
Degno compare del Gallo è don Giorgio de’ Capitani, parroco della piccola comunità di Rovagnate, in provincia di Lecco. E’ uscito alla ribalta negli ultimi anni per aver diffuso una serie di video sul suo canale youtube che, invece di difendere la dottrina sociale e morale della Chiesa, la contraddicono apertamente, creando scompiglio e confusione. Non a caso, questo tipo di preti, che io definisco “sacerdoti atei”, hanno più seguaci fuori che dentro la Chiesa.
Invece che parlare del messaggio evangelico, si rifà a quello che egli stesso definisce il “messaggio del Cristo radicale”, una specie di marxismo travestito da cristianesimo. Egli stesso, infatti, dimenticando che marxismo, socialismo e comunismo sono sistemi ideologici condannati dalla Chiesa, non per capriccio personale ma per validi motivi, disse in uno dei suoi video che “il marxismo è pregno di Cristo”. Ora, non vogliamo trattare in questo articolo le motivazioni per cui questa affermazione è totalmente inesatta, basterebbe leggere il Sillabo del beato pontefice Pio IX per capirlo.
Scriviamo questo articolo per mettere in guardia tutti i cattolici. Don Giorgio de’ Capitani è liberissimo, in quanto cittadino italiano, di esprimere le proprie opinioni politiche, di criticare quanto e come voglia Silvio Berlusconi (perché, a quanto pare, non fa altro durante le sue omelie), ma in quanto sacerdote di Santa Romana Chiesa, è chiamato a difendere i principi non negoziabili e a non gettare confusione tra i fedeli sulla divina costituzione ed istituzione ecclesiologica.
A proposito del magistero di Benedetto XVI, leggiamo in un suo articolo sul suo blog: Il papa che prometteva riforme ma manteneva lo status quo ante concilium. Ovviamente, per don Giorgio tutta la storia ecclesiastica prima del Concilio Vaticano II è da buttar via, un grandissimo errore, così come piace pensare a tutti i cattoprogressisti, tra l’altro “fratelli di loggia” (non vaticana), e ai protestanti che dicono che la Chiesa sia la grande prostituta apocalittica.
- Comunista. Il Don appoggia pienamente le idee di sinistra, finanche quelle più anticattoliche, anticlericali ed antipapali, e usa magistralmente il profilo di “vittima del sistema” tipico di questi ambienti. Come tutti i comunisti (non vale neanche la pena usare in questo caso il termine cattocomunista), appoggia senza riflettere tutto ciò che fuoriesce dalla bocca dei giornalisti ed opinionisti sinistroidi. Dall’appoggio alla Palestina (condivisibile, per carità) al femminismo, alla critica contro la cosiddetta “omofobia”.
- Demitizzatore. Potrebbe essere definito un sacerdote illuminista. Sono sicuro che iscritto in una loggia massonica si troverebbe molto a suo agio. A suo dire, negli ultimi duemila anni la Chiesa non ha saputo interpretare nulla di quanto scritto nei Vangeli ed, ovviamente, è tutto da rivedere alla luce delle conoscenze più recenti: dall’evoluzionismo allo scientismo. La Bibbia, vangeli inclusi, è un insieme di belle metafore. Satana è una allegoria, l’Apocalisse è una allegoria, molto probabilmente la stessa Resurrezione di Cristo è una allegoria.
- Progressista. La Chiesa ha bisogno di nuove riforme. Dal sacerdozio femminile, alla tolleranza sessuale (non esiste alcun peccato quando si parla di sesso, né quando si parla di droga), al matrimonio dei presbiteri, e probabilmente alla “de-sacramentalizzazione”. Ma la tesi più pericolosa e strampalata è quella di rendere la Chiesa una “democrazia”, dove i fedeli possono votare come in una normale nazione il proprio papa. O quantomeno, abolire la figura di Pietro e rendere eleggibile dal popolo il proprio vescovo…
State attenti ai falsi profeti che vengono nel nome di Gesù.
La follia di don Giorgio. “Alla sinistra di Dio”…se ne avessero ancora uno: gli indignados banali
Quei preti che diresti alla sinistra di Dio… se n’avessero ancora uno di Dio (oltre l’ego)! Gli è rimasta solo la “sinistra”… dal trombone facile.
di Alessandro Lastra, da Papale Papale (03/02/2013)
«Detto fra noi una “pestatina” ti sta bene, così impari a fare della politica in casa mia». Così il Cristo dell’altare maggiore parafrasava Don Camillo nel celebre film di Julien Duvivier. Quel vulcanico emiliano di Giovannino Guareschi, che non le ha mai mandate a dire quando si trattava di politica, prima d’ogni cosa era un uomo di fede, e che la Chiesa non è il luogo adatto ai comizi lo aveva ben capito. Lo stesso Benedetto XVI lo ha più volte ribadito in questi anni, rivolgendosi a preti e vescovi sottolineando che essi non devono “cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche”. Ma questo probabilmente non è giunto alle orecchie – forse sorde all’occorrenza – di Don Giorgio De Capitani, parroco di Monte di Rovagnate, nel Meratese, parte dell’Arcidiocesi di Milano. Il fatto non è nuovo, Don Giorgio ha già fatto parlare di sé nel web, lanciando focose invettive contro la politica italiana e contro alcuni vescovi. Nel sito internet da lui fondato (www.dongiorgio.it), vengono giornalmente pubblicati articoli e videomessaggi. Scoprii il sito nel 2010, agli inizi dell’università. Guardai i suoi video uno dopo l’altro e dentro di me cresceva lo sconcerto. Non volevo credere che a un sacerdote venisse consentito di divulgare tali opinioni, pregne di volgarità, parolacce (a suo stesso dire, più colorito è il gergo con cui si esprime e più gente guarda i suoi video) e inviti alla violenza.
CRISTO COME PANNELLA. CON CHI C’E’ L’HA CAPITANI E PERCHÉ
L’accusa principale che il De Capitani avanza è contro la Chiesa, della quale paradossalmente continua a far parte. Entro di essa, egli auspica una rivoluzione “copernicana”, orientata alla democrazia e che tolga dal centro il primato del papa in favore della “profezia dei vescovi e del popolo di Dio”. Il male della Chiesa, contro cui De Capitani si avventa è la “struttura”, che ha tradito gli insegnamenti di Gesù, che egli chiama “Cristo radicale”. Questa bizzarra denominazione, oltre ad essere l’ennesimo tentativo di strumentalizzare il Salvatore e di rinchiuderlo entro limiti stabiliti, fa sorgere nella mente l’immagine grottesca di un Gesù impegnato in uno sciopero della fame. Al di là dell’ironia, il termine indica un ritorno a una immaginaria Chiesa “delle origini”, ritorno desiderato anche da tanti teologi del passato che, però, finirono per creare tante chiese a sé stanti, nessuna di esse minimamente simile alla Chiesa delle origini. Altro tratto singolare è la personale visione che questo sacerdote ha dello stesso cristianesimo: «La vera Chiesa di Cristo è l’umanità, da redimere nei suoi valori contaminati anche da una religione perversa. Il Cristianesimo non è una religione, poiché ogni religione non è che una prigione che mortifica l’essere umano». Oltre che di favorire la tanto odiata “struttura”, il Vaticano è accusato di oscurantismo perché molti ecclesiastici si sono dichiarati contrari alla propaganda pro-gay, pro-eutanasia e pro-aborto promossa da alcuni partiti di sinistra. Il papa è criticato per la sua “sessuofobia infernale”, in quanto non lascia ai suoi fedeli la libertà nell’uso di metodi anticoncezionali. Parole testuali di Don Giorgio De Capitani: «Come si può sopportare una Chiesa che crede ancora nelle indulgenze, nella canonizzazione dei santi, nel dogmatismo fatto di verità incastrate in una rigidità tale da ingessare lo stesso Dio?» Parole che sconcertano, uscite dalla bocca di un membro consacrato del clero. A queste vada ad aggiungersi quella che è forse la sua più sincera e inquietante ammissione: «Sono un politico, di sinistra estrema, anticlericale ed ateo».
LA “NOVITÀ” DEL PRETE POLITICO CAPITANI: L’ODIO FURIBONDO PER LA STRUTTURA-CHIESA
Questa dichiarazione la troviamo in un video ormai vecchio di qualche anno. Chi sono i politici? Nell’attuale concezione democratica (o pseudo tale) di noi occidentali, un politico è un esponente della collettività che esercita le funzioni supreme dello Stato. Dunque un uomo di potere. Ed ecco la prima contraddizione del De Capitani: egli trova perfettamente naturale conciliare la sua figura di sacerdote con l’impegno dell’uomo politico (“Io non posso non fare il politico”), eppure si trincera contro la Chiesa in quanto struttura di potere. Ma andiamo avanti. «Bisogna fare una scelta radicale, essere estremisti. Non devo stare in mezzo!» Ecco, su questa critica al centrismo, in favore di un più attivo bipolarismo politico, debbo dire che mi trovo d’accordo con lui. La Verità, infatti, non sta al centro: è un’estremità. Dio è tutto o è niente. Qui però, da una connotazione nobile della politica, passiamo allo squallore, in quanto la Verità, secondo il De Capitani, si trova ad estrema sinistra. E qui ci propina tutto il discorso del comunismo e del grande sogno di Marx, tradito sempre dalla stramaledetta “struttura”. «Odio la destra. L’ideologia di destra non sta insieme con il Vangelo». La stravaganza di tale affermazione, unito all’odio, non ha bisogno di essere commentato. Questa enorme chiusura verso una fazione che, coi suoi limiti ma certamente con più impegno della sinistra, è l’unica dove sopravvivono i segni di un vecchio amor di patria, di una politica in linea con la Dottrina sociale della Chiesa è pure demenziale, ma ricordiamoci sempre che il nostro De Capitani odia la “struttura”, quindi almeno qui possiamo dire che è coerente.
LA “NOVITÀ” DEL PRETE “INDIGNADO ” E DICHIARATAMENTE ATEO
«Io combatto e contesto l’apparato della Chiesa», continua il nostro, spiegandoci il perché del suo anticlericalismo. «Non ci sto in questa struttura. Il cristianesimo è l’umanità». L’ultimo epiteto contraddittorio che De Capitani si dà è “prete ateo”. Avendo la concezione di cristianesimo come pensiero e non come religione, il Dio creato dalla religione non è un dio in cui si può credere. Riepilogando, Don Giorgio non si riconosce nella Chiesa, legata alla struttura, e nemmeno in Dio. A questo punto viene da chiedersi: perché non se ne va? Ma no, il De Capitani impegna tutto se stesso per cambiare questo apparato malvagio che ha stravolto l’insegnamento del Cristo. Non è il solo a pensarla così. «Da secoli il clero è insoddisfatto per tutto l’apparato ecclesiastico ma non si va oltre la mormorazione e il malumore che esplodono solo negli incontri del clero. Poi con la gente si preferisce tacere. Le autorità hanno capito come agire: colpire i preti più scalmanati per incutere paura». Eppure lui, che scalmanato lo è quanto vogliamo, è ancora sacerdote. Mi domando ancora perché.
IL VERO NEMICO: IL DIAVOLO? NO, SUO FIGLIO: BERLUSCONI!
Oltre tutte le critiche pungenti e avvelenate che egli rivolge alla “struttura”, seguendo l’esempio del suo “Cristo radicale”, ci si può attendere che Don Giorgio sia quantomeno un sacerdote irreprensibile, forse in odore di santità, al pari di molti altri “uomini di Dio” che, in passato, si trovarono in contrasto con gli “uomini di Chiesa”. Ma c’è poco da stupirsi, certo, scoprendo che in realtà non è così. Numerose sono le critiche indirizzate dal nostro anche alla società, degradata, distratta, non più in grado di generare fiducia nei giovani. Si tira a campare, senza più attenzione alla carità, alla bellezza, all’amore. «Siamo tutti figli del Bastardo», commenta De Capitani. Chi mai potrà essere il responsabile di questa regressione? Se a pronunciare il giudizio è una persona dichiarata di sinistra, c’è davvero bisogno di chiederlo? Silvio Berlusconi, criticato ex Presidente del Consiglio, per Don Giorgio è il nemico pubblico numero uno. È l’unico responsabile della nostra discesa nel baratro, del trionfo della noia e dell’apatia tra le giovani generazioni. Ora, cari lettori cattolici, ditemi se questo non è generalizzare, cosa di per sé grave ma ancora di più se fuoriesce dalla bocca di un sacerdote (della cui vera vocazione, se me lo consentite, inizio un po’ a dubitare). Berlusconi è “figlio di satana”. Parlando di lui è impossibile separare l’errore dall’errante. I suoi peccati sono i più esecrabili, non gli è permesso perdono, la sua anima non ha speranza di salvezza. In un intervista rilasciata a La7, De Capitani afferma che, essendo un prete, tutto ciò che può fare è pregare il Padreterno affinché mandi un ictus a Berlusconi (da lui gentilmente soprannominato “il Porco”). Fortuna vuole che questa violenza non è condivisa da tutti i suoi lettori, i quali alle volte recuperano il senno e arrivano a rimproverargli queste sue uscite. Già, perché un prete che afferma queste cose ha un bel drappello di fedeli al suo seguito. «Quando dico messa, la chiesa è sempre piena», dichiara con un sorriso compiaciuto. Una simile follia fa i suoi proseliti, i quali gridano alla rivolta contro la Chiesa-struttura e osannano Don Giorgio come un santo valoroso. Eventuali commenti contrari all’opinione del nostro vengono puntualmente benedetti da una sequela di offese, se non addirittura nella censura. Nessun pluralismo: Don Giorgio dev’essere un personaggio scomodo e guai a chi lo contesta. Tutti a fargli coraggio, poi, quando riceve insulti o minacce. Mi duole dire che informare le autorità competenti non ha sortito effetti. Fui fiducioso quando seppi che Mons. Scola sarebbe diventato arcivescovo di Milano. Altro oggetto degli attacchi del De Capitani, difatti, è il movimento Comunione e Liberazione, di cui Scola fa parte; speravo, quantomeno, che il cardinale lo avrebbe richiamato all’obbedienza o, nell’ipotesi migliore, che lo riducesse allo stato laicale. Sarebbe stato un gesto duro, lo ammetto, lontano dal modo di fare assunto dalla Chiesa dopo il Concilio, ma viste le dichiarazioni di Don Giorgio, credo anche che gli avrebbe fatto piacere trovarsi fuori dalla gerarchia che tanto detesta. Invece no. De Capitani ricopre ancora stabilmente la carica di parroco. Ogni tanto, specie negli ultimi video, appare un po’ stanco, meno vigoroso di un tempo. Eppure non risparmia attacchi a nessuno, nemmeno allo stesso Scola, che rimane nel silenzio.
NON PREVALEBIT
È chiaro che De Capitani non rappresenta la Chiesa, dunque i cattolici non perderanno tempo ad ascoltare le sue fanfaronate che, sono certo, lasceranno il tempo che hanno trovato. Consideriamo questo tizio alla stregua dei tanti preti protestanti; il suo parlare non ci indebolisce anzi ci fa capire chiaramente come agisce chi è nemico della fede. Coloro che preoccupano sono coloro che si affollano sotto al suo pulpito e che seguono come Vangelo la sua dottrina anticattolica. «Sei l’unico uomo di Dio che ha il coraggio di dire la verità» scrive un utente di Youtube, commentando uno dei suoi video. Ebbene mi sento in dovere di rispondere che la Verità è una sola, e non l’ha detta De Capitani. Ripeto che mi trovo d’accordo con lui sullo schierarsi da una parte estrema, poiché la Verità è estrema. Ma De Capitani si trova all’estremo opposto rispetto alla Verità. Non so chi sia il “Cristo radicale” ma so che Gesù Cristo non ha mai mandato all’inferno nessuno per via diretta. Anzi, il solo a cui Egli ha promesso il Paradiso non era né Pietro né Giovanni, era il Buon Ladrone. Cristo insegna a perdonare, a costruire un mondo nuovo all’insegna dell’amore di Dio. Nessuno è perduto, né De Capitani né i suoi seguaci. Concludo, cari lettori, chiedendovi di pregare per loro. Che non sanno quello che fanno. E soprattutto quel che dicono.