di Roberto Manfredini, da Totalitarismo Totale (29/06/2011)
Leggo sull’ultimo numero di Lotta comunista (Prove di una nuova leva dirigente cattolica, n. 490, giugno 2011), un commento di “G.C.” a proposito dell’appoggio che la curia milanese ha dato a Giuliano Pisapia: “È riconosciuto il contributo cattolico alla vittoria del candidato sindaco del centrosinistra a Milano, a partire dalla “benedizione” del cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo uscente, e dell’esplicito sostegno di don Virgilio Colmegna, ex presidente della Caritas ambrosiana e fondatore della Casa della Carità. La composizione della giunta comunale lo ha confermato. Da Bruno Tabacci, ex presidente democristiano della Lombardia anni ’80, neo assessore al Bilancio. A Maria Grazia Guida, vicesindaco, dal 2004 direttore della Casa della Carità chiamata da don Colmegna: un vicesindaco con deleghe pesanti in settori chiave della Curia come l’educazione e l’istruzione. A Marco Granelli, dipendente in aspettativa della Caritas ambrosiana e presidente di CSVnet (Coordinamento nazionale dei centri di Servizio per il Volontariato), al quale sono state affidate Sicurezza, Coesione sociale e Volontariato. Esempi concreti, questi ultimi, di una “leva Martini” in politica che arriva al governo cittadino provenendo dal mondo del volontariato ambrosiano o da quelle “scuole di formazione all’impegno sociale e politico” lanciate dal cardinale Carlo Maria Martini […]. Un’impronta da “cattolicesimo ambrosiano” ben evidente nella biografia di alcuni degli eletti con maggiori preferenze al consiglio comunale”.
Dunque anche i compagni bordighisti confermano quanto avevo scritto prima delle elezioni nel mio pezzo Pisapia, Tettamanzi e il cesaropapismo postmoderno.
Tuttavia quelli di Lotta Comunista ipotizzano che dietro alla “benedizione” del cardinale uscente vi sia una nuova strategia vaticana di rinnovamento delle classi dirigenti, in vista del tracollo di Berlusconi. In realtà la nomina di un arcivescovo come Angelo Scola dimostra il contrario, ovvero che Benedetto XVI ha più a cuore il destino del “cattolicesimo ambrosiano” che non il potere fine a sé stesso.
La scelta di chiamare il patriarca di Venezia è un modo per rompere con trent’anni di progressismo spettacolare. Sicuramente quelle frange di catto-comunismo milanese vicine a Pisapia daranno filo da torcere a Scola. Lo si evince già dalle parole con cui don Gino Rigoldi ha voluto accogliere il cardinale non ancora insediatosi: “In passato non mi è piaciuto neanche un po’ […]. Mi riferisco al suo intervento dell’anno scorso al Meeting di CL quando pronunciò un discorso che definire sdraiato su Berlusconi e sull’attuale governo è ancora poco. Cose che non potevo condividere in alcun modo. Quello comunque è passato. Il tema del meticciato così caro al Patriarca Angelo Scola mi trova molto in sintonia e voglio veramente sperare che il suo arrivo a Milano proceda nel solco della continuità con il Cardinale Tettamanzi” (cfr. P. Foschini, Aperto al confronto tra civiltà diverse. La fiducia dei cattolici progressisti, Corriere della sera, 29/06/2011).
Frasi molto gravi, che dimostrano come il “razzismo etico” tende a cancellare anche quel minimo senso di carità, che pure un cattolico di sinistra sarebbe tenuto a rispettare.
Nel dare il benvenuto al nuovo arcivescovo, il sottoscritto si augura che Milano abbia finalmente un rappresentante religioso all’altezza del suo compito, interessato più a salvare le anime che non a inseguire il successo mediatico e il potere politico (che, anche se de sinistra, sempre potere è).