Cristianesimo Cattolico: Un americano a Roma, verso la cattedra di Pietro

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Forse l’arcivescovo di New York. Oppure quello di Boston. Nel solco di Benedetto XVI, con in più la frusta contro il malgoverno. Ma la curia resiste e contrattacca, spingendo avanti un cardinale brasiliano di sua fiducia

di Sandro Magister (www.chiesa, 07/03/2013)

Cristianesimo Cattolico: Un americano a Roma, verso la cattedra di Pietro

Cristianesimo Cattolico: ELEZIONI NELLA CHIESA

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La riunione del Conclave dei Cardinali, chiamati in questi giorni all’elezione del nuovo Papa di Roma, è un evento che attira grande attenzione da parte dei media di tutto il mondo. Del resto, il ruolo del Papa nel XXI secolo appare molto più mediatico che direttamente pastorale o magisteriale,…

Cristianesimo Cattolico: ELEZIONI NELLA CHIESA

Si sta sgretolando il muro granitico di consensi a favore di riflessioni più meditate?

Aggiornamento: La situazione è inedita. È interessante osservare le reazioni interne ed esterne alla Chiesa passare dall’impatto traumatico e dai peana spesso di maniera ad oggi, col riposizionamento dei vaticanisti ognuno dal suo scranno mediatico e dalla rispettiva sfera di influenza curiale e non. Da qui prosegue la nostra navigazione a vista, decifrando e vivendo quel che ancora incontreremo. Quel che è importante è portare il nostro piccolo contributo perché la decisione di Papa Benedetto non venga strumentalizzata da chi in realtà vuole svuotare il Papato del suo potere e della sua valenza metafisica. E anche per discernere le osservazioni fondate da quelle che i tessitori di trame fanno circolare subdolamente per i loro intenti manipolatori.

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Su La Stampa è appena apparso un articolo di Andrea Tornielli, che sembra uscire dalla melassa sentimental-laudatoria per dare voce ad alcune inquietudini suscitate dalla rinuncia di Benedetto XVI. Esso esordisce col citare tra le poche – almeno finora a quanto ci risulta – voci fuori dal coro per «un atto grave e nuovo che alcuni non capiscono» (G.M.Vian su L’Osservatore). Si tratta delle dichiarazioni del Card.  George Pell, ratzingeriano arcivescovo di Sidney [noi ne abbiamo parlato qui]: «Ci potrebbero essere persone che essendo in disaccordo con un futuro Papa potrebbero montare una campagna contro di lui per indurlo alle dimissioni». Pell ha detto che Ratzinger è un brillante teologo, ma anche di preferire qualcuno che sappia condurre la Chiesa. Il porporato australiano ha detto di non credere di essere «papabile», ma non ha escluso la possibilità di essere eletto: «Potrebbe accadere: io sono cattolico, sono un vescovo, sono un cardinale».

E di quelle dell’arcivescovo di Digione Roland Minnerath: «Che cosa è importante nel ministero di un sacerdote, di un vescovo o del Papa? I suoi doni intellettuali o il dono che egli fa di se stesso a Cristo? È non è forse questo il frutto più importante di ogni altra cosa?». Osservando inoltre che introdurre un «criterio di efficienza» è comprensibile e «valido nel governo delle questioni temporali di un capo di Stato. Ma l’esercizio del presbiterato e dell’episcopato è un’altra cosa». Minnerath si è anche chiesto quale sarà adesso lo «statuto» del Papa rinunciatario.

Ed è a questo punto che Tornielli, dopo aver dichiarato che 

è fuori dubbio che un «Papa emerito» vestito di bianco, che porta ancora il nome papale, seppur «nascosto al mondo», in preghiera «nel recinto di Pietro», potrebbe risultare in qualche modo un «secondo» Pontefice.

afferma che Benedetto XVI ha cercato ieri di sgomberare il campo, facendo già un anticipato atto di totale e incondizionata obbedienza al successore, chiunque esso sia. Tuttavia questa affermazione è messa immediatamente in correlazione con questa:

Mercoledì scorso nella piazza San Pietro gremita di fedeli, c’erano gruppi di tradizionalisti che issavano cartelli con le scritte «Benedetto XVI di nuovo Papa», auspicando una sua rielezione, come pure «Benedetto XVI, noi saremo sempre con te».

correlandola col fatto che 

«sui siti tradizionalisti circolano poi riferimenti apocalittici a rivelazioni e apparizioni». 

Nel sottolineare che i siti tradizionalisti – a partire dal nostro – hanno riflettuto su ben altre implicazioni della rinuncia, non vorremmo che queste ‘fiorettate’ preludessero ad una impropria attribuzione, a chi ama la Tradizione, di etichette oscurantiste o di riserve nei confronti del nuovo Papa, che nessuno si è sognato di avanzare.

Fa eco anche il Giornale che oggi, 2 marzo, sull’onda delle stesse “voci autorevoli” citate da Tornielli, riporta: 

Sarebbe un modo per garantire la libertà della Chiesa da condizionamenti e pressioni e preservare la sacralità della figura del vescovo di Roma, il vicario di Cristo in terra. Ma la mossa nasconde anche il rischio di ridurre la portata della decisione di Benedetto XVI, facendone un «caso personale» legato alle particolarissime condizioni di Joseph Ratzinger e non un gesto libero e consapevole che affida la Chiesa a chi la guida davvero, cioè Dio stesso. [Cosa che Benedetto XVI ha invece specificato]

In ogni caso, sulle possibili ripercussioni dell’evento e delle sue modalità, si alza un’altra voce autorevole riportata da Sandro Magister sulla problematicità della qualifica di “Papa emerito”, ritenendo più appropriata quella di vescovo, il relazione proprio alla rinuncia alla potestà primaziale. Si tratta de La Civiltà Cattolica, che pubblica un articolo del canonista Gianfranco Ghirlanda. Queste le affermazioni riportate da Magister:

“È evidente che il papa che si è dimesso non è più papa, quindi non ha più alcuna potestà nella Chiesa e non può intromettersi in alcun affare di governo. Ci si può chiedere che titolo conserverà Benedetto XVI. Pensiamo che gli dovrebbe essere attribuito il titolo di vescovo emerito di Roma, come ogni altro vescovo diocesano che cessa”.

E nel capoverso finale:

“L’esserci soffermati abbastanza a lungo sulla questione della relazione tra l’accettazione della legittima elezione e la consacrazione episcopale, quindi dell’origine della potestà del romano pontefice, è stato necessario proprio per comprendere più a fondo che colui che cessa dal ministero pontificio non a causa di morte, pur evidentemente rimanendo vescovo, non è più papa, in quanto perde tutta la potestà primaziale, perché essa non gli era venuta dalla consacrazione episcopale, ma direttamente da Cristo tramite l’accettazione della legittima elezione”.

E ancora, il 21 febbraio scorso, il professor Carlo Fantappiè, ordinario di diritto canonico all’Università Roma Tre, in un’intervista ad ‘Avvenire’, aveva auspicato che come si fece un tempo per “Pietro del Morrone, già Celestino V”, si optasse oggi per analogia con la dizione: “Joseph Ratzinger, già romano pontefice”, formulando alcune puntualizzazioni sull’uso del termine «emerito»:

Sappiamo come chiamare il vescovo che lascia a 75 anni: un tempo «iam episcopus», oggi «emerito», una formulazione né teologica né canonistica, ma mutuata dalla tradizione accademica. 

Quindi, per l’eventuale qualifica «vescovo emerito di Roma» : 

Se così si facesse, verrebbe accreditata in modo indiretto la teoria che anche il vescovo di Roma a 75 anni dovrebbe presentare le dimissioni. Attenzione, il titolo non è neutro! E sono convinto che non si dovrebbe smarrire la differenza sostanziale tra l’ufficio di un qualsiasi vescovo e quello del vescovo di Roma, dotato di un carisma proprio. Il pericolo è di svilire la funzione unica del ministero petrino. E di trasformare il papato in un ufficio funzionariale e burocratico.

Verso il conclave. Le pressioni sui cardinali

cristianesimocattolico:

Ieri i veti dei governi. Oggi l’incalzare dei media. La tormentata vigilia dell’elezione del nuovo papa.

di Sandro Magister (01/03/2013)

La cattedra di Pietro è vuota. Joseph Ratzinger l’ha abbandonata con un taglio netto e ha lasciato il futuro governo della Chiesa a un successore che gli è ignoto, come è tuttora ignoto agli stessi cardinali che lo eleggeranno.

Non si ricorda, nell’ultimo secolo, un pre-conclave così incerto e così vulnerabile a pressioni esterne ed interne.

L’ultimo clamoroso veto di una potenza mondana, l’impero d’Austria e Ungheria, contro un cardinale che stava per essere eletto papa, risale al 1903.

Ma oggi è il “quarto potere”, quello dei media, che non dà tregua ai porporati chiamati a conclave.

Uno è già caduto, è lo scozzese Keith Michael Patrick O’Brien. In uno dei suoi ultimi atti da papa Benedetto XVI ha affrettato le sue dimissioni da arcivescovo di Edinburgo e lui stesso ha annunciato che non si recherà a Roma per l’elezione del nuovo pontefice.

Un altro è l’ex arcivescovo di Los Angeles Roger Mahony, censurato dal suo stesso successore José Horacio Gómez.

Un terzo è l’ex arcivescovo di Bruxelles, Godfried Danneels.

Per tutti e tre i capi d’accusa si riferiscono a quella “sporcizia” contro la quale papa Ratzinger ha combattuto la sua strenua battaglia.

Mahony e Danneels hanno finora resistito all’epurazione, ma dentro il collegio cardinalizio la loro autorevolezza è praticamente azzerata.

Eppure, solo pochi anni fa, i tre erano sulla cresta dell’onda. Tra i nove voti che il cardinale Carlo Maria Martini, il candidato bandiera dei cardinali progressisti contrari all’elezione di Ratzinger, ebbe nel primo scrutinio del conclave del 2005, c’erano proprio quelli di O’Brien (che ancora di recente è tornato ad auspicare l’abolizione del celibato), Mahony e Danneels. 

Oggi di questa corrente progressista non rimane quasi più nulla, dentro il sacro collegio.

Oltre alle pressioni esterne, però, sul pre-conclave agiscono pressioni che vengono anche da dentro la Chiesa.

Il rapporto segreto che i tre cardinali Julián Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi hanno consegnato a Benedetto XVI e soltanto a lui, e questi ha messo a disposizione esclusiva del suo successore, un rapporto di cui non è trapelata nemmeno una riga ma che si sa dipinge un quadro preoccupante del malfunzionamento della curia romana, pesa sul conclave come una bomba a tempo.

La scelta del nuovo papa ne sarà condizionata, perché all’eletto si chiederà di compiere in tempi stringenti quella riforma della “governance” che Benedetto XVI ha lasciata incompiuta, pena il precipitare della Chiesa in un disordine istituzionale tale da oscurare la sua missione ultima e vera: ravvivare la fede cristiana dove si è indebolita e portarla dove non è ancora arrivata.

Anche nei precedenti conclavi i cardinali hanno registrato pressioni analoghe.

Nei due del 1978, quelli che elessero papa prima Albino Luciani e poi Karol Wojtyla, i porporati si videro recapitare un dossier preparato dal “think tank” bolognese di Giuseppe Dossetti, Giuseppe Alberigo e Alberto Melloni, comprendente un dettagliato capitolo su quello che il nuovo eletto avrebbe dovuto fare nei primi “cento giorni”: abolire le nunziature, fare eleggere i vescovi dalle rispettive regioni ecclesiastiche, conferire poteri deliberativi al sinodo dei vescovi, istituire al vertice della Chiesa un organo collegiale “che sotto la presidenza personale ed effettiva del papa tratti almeno bisettimanalmente i problemi che si pongono alla Chiesa nel suo insieme, prendendo le decisioni relative”.

Il dossier chiedeva al nuovo papa anche di “liberarsi dalla paura della rivoluzione sessuale” e di innovare con decisione la morale cristiana in questo campo, ma nulla di tutto ciò fece Giovanni Paolo II.

Nel 2005 i bolognesi tornarono alla carica puntando sul cardinale Martini e ristampando in un libro il loro dossier, ma anche Benedetto XVI, l’eletto, l’ignorò del tutto.

Al suo successore i cardinali elettori chiederanno molto di meno, in materia di governo. Basterà che nei primi cento giorni egli avvii una drastica riforma della curia. 

Sarà difficile, questa volta, che il nuovo papa vi si possa sottrarre.

Dilemma gesuitico: papa o vescovo emerito? Con un post scriptum

cristianesimocattolico:

di Sandro Magister (28/02/2013)

L’ultimo numero de La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti di Roma pubblicata con la revisione previa e l’imprimatur della segreteria di Stato vaticana, è stato diffuso via mail giovedì 28 febbraio.

Cioè tre giorni dopo la comunicazione ufficiale – fatta da padre Federico Lombardi, anche lui gesuita e anche lui con mandato della segreteria di Stato – della qualifica da attribuire a Joseph Ratzinger dopo la sua rinuncia: “Sua Santità Benedetto XVI papa emerito (oppure: romano pontefice emerito)”.

Ma nel lungo e dotto articolo che la rivista dedica al tema – “Cessazione dall’ufficio di romano pontefice”, scritto dall’illustre canonista Gianfranco Ghirlanda – si legge tutt’altro.

Scrive a un certo punto padre Ghirlanda: “È evidente che il papa che si è dimesso non è più papa, quindi non ha più alcuna potestà nella Chiesa e non può intromettersi in alcun affare di governo. Ci si può chiedere che titolo conserverà Benedetto XVI. Pensiamo che gli dovrebbe essere attribuito il titolo di vescovo emerito di Roma, come ogni altro vescovo diocesano che cessa”.

E nel capoverso finale: “L’esserci soffermati abbastanza a lungo sulla questione della relazione tra l’accettazione della legittima elezione e la consacrazione episcopale, quindi dell’origine della potestà del romano pontefice, è stato necessario proprio per comprendere più a fondo che colui che cessa dal ministero pontificio non a causa di morte, pur evidentemente rimanendo vescovo, non è più papa, in quanto perde tutta la potestà primaziale, perché essa non gli era venuta dalla consacrazione episcopale, ma direttamente da Cristo tramite l’accettazione della legittima elezione”.

Stando a quanto scrive La Civiltà Cattolica, quindi, sarebbe insostenibile continuare a chiamare Joseph Ratzinger “papa”, sia pure emerito, perché non lo sarebbe più in alcun modo. Solo la qualifica di vescovo gli rimarrebbe appropriata.

Resta il dilemma. A chi dar retta? A La Civiltà Cattolica o a padre Lombardi?

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POST SCRIPTUM – Postagli la domanda, il 1 marzo padre Lombardi ha risposto che La Civiltà Cattolica è sì uscita dopo, ma è stata stampata prima di quanto da lui detto in modo definitivo “su indicazione di don Georg”.

Ciò non toglie che la qualifica così messa in circolo non solo fa a pugni con quanto argomentato da La Civiltà Cattolica, ma incontra fortissime riserve tra canonisti e storici della Chiesa di profonda competenza.

In un’intervista ad Avvenire del 21 febbraio, il professor Carlo Fantappiè, ordinario di diritto canonico all’Università Roma Tre, aveva auspicato che come si fece un tempo per “Pietro del Morrone, già Celestino V”, si optasse oggi per analogia con la dizione: “Joseph Ratzinger, già romano pontefice”.

E uno storico della Chiesa di primissimo piano – che è anche firma di pregio de L’Osservatore Romano – ha confidato che la formula “Sua Santità Benedetto XVI papa emerito” lo lascia sbalordito: “Neppure si rendono conto, questi sconsiderati, che pasticciando con le parole pongono loro le premesse per la demolizione teologica e giuridica del papato”.

Nel medesimo briefing del 1 marzo, padre Lombardi, anche qui sulla base di “una telefonata con don Georg”, ha fornito una descrizione dettagliatissima della prima serata, della prima nottata e della prima mattinata di Ratzinger dopo la rinuncia.

Se questo è l’esordio del ritiro quasi claustrale annunciato…

Una lettera di Berlicche su Benedetto XVI

cristianesimocattolico:

Mio caro Malacoda,

i servi del Nemico – quelli che lui si ostina a chiamare “figli”, insomma quelli lì che si autodefiniscono cristiani – sono in sede vacante da soli due giorni e già siamo nei guai: quel vecchio teologo bavarese ne sa una più del diavolo, cioè di noi… sin da quando vestiva di rosso è una vera grana, tanto più che aspettavamo con ansia il suo pensionamento e invece il suo amico polacco lo ha voluto accanto fino alla fine. Già nel 1984 (secondo il calendario dei mortali) ci aveva inflitto un duro colpo. Provo a rinfrescarti la memoria: eravamo riusciti ad arruolare legioni di preti, con una duplice strategia, per cui una parte abbandonava l’abito, gli altri avevano il compito di diffondere l’idea che tutta la dottrina precedente fosse da buttare via e che si dovesse ricostruire tutto da capo – ovviamente seguendo le nostre sagge ispirazioni. E lui si fece intervistare da un giornalista – uno di quelli che ci sono sfuggiti e tuttora ci provoca problemi – e ne uscì fuori un libro che ebbe il tragico effetto di sabotare la nostra abile propaganda. Naturalmente abbiamo risposto in tutti i modi possibili e la strategia più efficace consisteva nel diffondere – grazie ad altri giornalisti che invece ci servono fedelmente – la leggenda del “panzerkardinal”. Leggenda che abbiamo riproposto con maggiore forza otto anni fa, nel momento fatidico del conclave. Aggiungi pure una certa enfasi sull’età già avanzata (aveva già 78 anni) e un abile taglia e cuci sulla predica che fece prima dell’ingresso nella Sistina. Il gioco sembrava fatto. E invece sappiamo come è andata.

Certo che quando proprio lui è uscito da lì vestito di bianco ho giurato che avremmo scatenato l’inferno – è proprio il caso di dirlo. Ti basti ricordare alcuni dei nostri successi: il falso scandalo sul preservativo, il caso vatileaks, l’indifferenza di tanti preti verso la liturgia (eravamo riusciti a banalizzarla così bene e lui invece insisteva…), lo scandalo pedofilia (sai bene che a noi delle vittime non importa nulla, ma uno dei trucchetti del nostro mestiere è far leva su alcuni casi pietosi per screditare tutta la squadra del Nemico). Il nostro reparto editoriale poi ha rasentato la perfezione mediante l’introduzione di piccoli e ben mirati errori di traduzione dei suoi libri e finendo per fargli dire il contrario di ciò che lui intendeva dire. Per non parlare dei nostri grandi alleati, i massmedia che ogni giorno riuscivano a deformare alla perfezione tutto ciò che lui diceva – va detto che anche certi giornali cattolici ci sono di grande aiuto in questo. Aggiungi come ciliegina sulla torta la sua salute non proprio di ferro e tutte le mille punzecchiature che siamo riusciti a infliggergli e, in breve, gli abbiamo foderato di spine il trono di Pietro. Certo, lui si rendeva conto che il vigore diminuiva ma, ostinato com’è nel servizio del Nemico, sarebbe rimasto fino alla fine anche soffrendo – lo sai che hanno la fissa del martirio – finché non gli è venuta un’idea per noi peggiore: quella di ritirarsi a pregare e lasciare il timone della barca del Nemico in mani più vigorose. Tutto ciò presentava per noi la ghiotta occasione di indebolire il Papato, ma abbiamo fatto male i conti…

Innanzitutto ci ha colto di sorpresa l’attaccamento dei suoi: persino quelli che avevano creduto alla nostra storiella del panzerkardinal e gli erano più indifferenti, hanno manifestato affetto verso di lui e verso tutta la sua istituzione. E come se non bastasse si sono allarmati di fronte alla prospettiva della Cattedra vuota, dando importanza al Papato proprio quando a noi sembrava di averlo indebolito.

Altro piano fallito: il “papa a tempo” è un vecchio sogno dei catto-progressisti, quelli che credono di poter servire il Nemico con i nostri strumenti e quindi finiscono per collaborare con noi (in effetti questi qui sono uno dei nostri grandi successi, astuti come colombe e puri come serpenti). E invece lui cosa va a inventarsi: mica il “papa pensionato”, no, ha inventato il “papa monaco”! Negli ultimi giorni poi si è accanito particolarmente contro di noi. Prima ha denunciato il “concilio dei giornalisti” (era uno dei nostri cavalli di battaglia e lo ha smascherato a chiare lettere, come del resto aveva già fatto altre volte). Ma soprattutto ha detto che, anche rinunciando al ministero, non si torna alla vita libera che conduceva in precedenza (con la quale comunque, come ti ho detto, ci ha dato grossi guai). Ha detto che la sua vita non è più privata ma totalmente dedita al servizio del Nemico e che vuole seguire quell’altro Benedetto che tanti secoli prima aveva inferto una ferita ai nostri piani, proprio quando stavamo per disgregare mezzo mondo. Insomma, dice che quando uno diventa Papa poi non torna più quello di prima: o attivo o contemplativo. Altro che vecchietto mite, quello lì è furbo e ora che non è più al timone intende continuare a combatterci con armi troppo forti per noi. È una vera tragedia, tu sai quanto danno ci procurano quelli che pregano incessantemente (ad esempio, la nostra battaglia contro gli ordini contemplativi è determinante). Gli effetti si sentono già ora che è libero di pregare tutto il giorno. La sua preghiera poi ci fa particolarmente male – sento già una fitta, ahi! – perché non è la solita preghierina egoistica: mica si limita a chiedere favori per sé, no, lui innanzitutto loda il nostro Nemico e – orrore – lo adora! E poi gli porta le preghiere di tutto il mondo, in altre parole è – scusa il termine, ma devo farti capire la gravità della situazione – un “intercessore”! A loro volta, i suoi stanno pregando per lui e per il suo successore: una valanga di preghiere che rischia di mandare all’aria i nostri piani!

Non ci resta che giocare l’ultima carta in vista del conclave: la curiosità. Facciamo leva sull’interesse suscitato da questi eventi per tentare, ancora una volta, di volgerli a nostro favore. Facciamo di tutto per far sì che i servi del Nemico siano convinti di essere occupati in nobili attività – tipo chiacchiere inutili, scambio di opinioni sulla sua salute e sulla rinuncia, gossip, ipotesi sul papa nero o sul papa giallo, notizie stravaganti sul conclave o sulla sede vacante, plastici della Cappella Sistina, scommesse su questo o quel cardinale, insomma, fatti venire qualche idea – purché dimentichino la sola cosa che realmente è senza rimedio per noi (e che purtroppo stanno già facendo): pregare per il conclave. Altrimenti nel giro di qualche settimana rischiamo di avere allo stesso tempo un nuovo pontefice che ci danneggia con la sua azione e il suo predecessore che lo rafforza con le sue preghiere. Non il papato indebolito, non un papa “pensionato” come speravamo, ma al contrario un papa regnante e uno orante. E per noi sarebbe la fine.

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche

Le valutazioni del cardinal Pell (su Bendetto XVI e Bertone)

di Caius (28/02/2013)

“…Un’aperta critica alla decisione di Benedetto XVI di dimettersi viene dall’arcivescovo di Sydney cardinale George Pell, l’unico dall’Australia a partecipare al prossimo conclave, secondo cui si è creato un precedente che potrà creare problemi a futuri Pontefici. In un’intervista alla radio nazionale australiana Abc, Pell ha rimproverato la rinuncia «destabilizzante» di Ratzinger e la sua incapacità a realizzare l’unità dei cattolici. «Le persone che ad esempio potranno dissentire da un futuro Papa potranno montare una campagna per indurlo a dimettersi», ha detto Pell, che è da tempo vicino a Ratzinger, da quando ambedue servivano nella Congregazione per la Dottrina della Fede, e ha giocato un ruolo importante nell’elezione di Benedetto XVI nel conclave del 2005.

Ha definito il Papa un brillante educatore, ma ha aggiunto che il governo non è stato il suo punto forte. Il prossimo Papa, ha aggiunto, deve conoscere la teologia, «ma io preferirei qualcuno che possa guidare la Chiesa e inquadrarla un po». Il cardinale australiano ha citato in particolare lo scandalo Vatileaks, che ha visto il maggiordomo del Papa Paolo Gabriele condannato per il furto di documenti del Vaticano, come un fallimento di governance che ha portato discredito alla Curia romana. “Credo che la governance dipenda da persone attorno al Papa e questo non è sempre stato fatto bene”, ha detto. “Un cambiamento di procedure avrebbe reso (lo scandalo) più difficile, ma è facile essere più saggi dopo l’evento, è stata una vicenda totalmente senza precedenti”.Di Giacomo Galeazzi, la Stampa

Dietro le critiche alla mancanza di polso, di Benedetto XVI, critiche espresse con simpatia e amicizia (si sa che Ratzinger e Pell si sono sempre stimati), c’è forse una convinzione propria di molti uomini di Chiesa: che il cardinal Bertone abbia svolto molto male il suo ruolo di Segretario di Stato.

Bertone, infatti, in questi anni si è attirato le critiche dei cardinali più tradizionali ed anche di quelli più progressisti, per la sua smania di protagonismo; per molte nomine da lui imposte (ha piazzato salesiani dovunque); per il suo incauto modo di agire in politica (cene con Berlusconi e poi amore folle per un uomo vicino a poteri occulti come Monti); per la sua ingenuità (che ha fatto sì che si avvicinassero a lui personaggi, laici, ambigui, che poi ha appoggiato e seguito senza alcun discernimento, facendosi strumentalizzare); per la gestione del caso Ior (ha depotenziato il ruolo di Gotti Tedeschi, ed ha cercato in tutti i modo di acquisire il san Raffaele, nonostante fosse chiaro che avrebbe significato solo guai); per la volontà di imporre suoi uomini anche lontani dalla mens di Benedetto XVI, come Ravasi…

Staremo così a vedere chi sarà il nuovo papa, e quale il suo Segretario. Perchè senza un segretario accorto, di fede, di polso, intelligente ecc., per un papa, è difficile perseguire un vero rinnovamento e un vero governo.

Cristianesimo Cattolico: Veti, alleanze e “veleni” per scegliere il Pontefice

cristianesimocattolico:

Le trame che da sempre accompagnano l’elezione.

MARCO TOSATTI (25/02/2013)

Il Conclave deve ancora iniziare e già volano attacchi e veleni: contro Mahony di Los Angeles e O’Brien di Edimburgo, per ora; ma non è escluso che le prossime ore riservino nuove sorprese. Ma a dispetto della nota…

Cristianesimo Cattolico: Veti, alleanze e “veleni” per scegliere il Pontefice

Cristianesimo Cattolico: La vera agenda del Conclave

cristianesimocattolico:

Di cosa si dovrà occupare il Conclave che eleggerà il nuovo Pontefice dopo le storiche dimissioni del Santo Padre Benedetto XVI? Dalle questioni teologiche e dottrinali a quelle pratiche ecco l’Agenda del Conclave, alla luce dell‘“Agenda Ratzinger”.

di Massimo Introvigne (22-02-2013)

Cristianesimo Cattolico: La vera agenda del Conclave