Verso una riforma delle regole del conclave?

Sembra anche che il papa stia pensando a una riforma ampia della legislazione che regola la vacanza della sede apostolica e l’elezione del nuovo papa, come ha ricordato durante la riunione del Consiglio cardinalizio. In cosa consisterebbe questa nuova normativa?

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Le cene pre-conclave di Bergoglio con Tornielli & Co.

Dal libro di O’Connell sul “team Bergoglio” al pre conclave emerge che nei giorni convulsi che portarono all’elezione di Francesco un ruolo lo avrebbe avuto anche un laico che oggi riveste una posizione di estrema importanza in Vaticano: Andrea Tornielli, oggi responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione, incontrò due volte durante i sui primi giorni romani colui che sarebbe divenuto papa Francesco.

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Come fu che il “team Bergoglio” guidò il conclave del 2013

Un libro del vaticanista O’Connell, fornisce una ricostruzione dettagliata di come sarebbero andate le quattro votazioni in Cappella Sistina nel marzo del 2013. Si fonda su due fatti: la debolezza della candidatura di Scola già alla prima votazione (appena 30 voti) e il team Bergoglio che si riunì l’11 marzo a casa di un cardinale per preparare l’elezione.

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ARTICOLO SCRITTO IL 12 MARZO 2013 – Se all’extra omnes è messo alla porta anche lo Spirito Santo

Conclave: lo Spirito Santo non sfonda le porte domanda sempre permesso altrimenti si attiene anch’esso al comando extra omnes.

di don Ariel S. Levi di Gualdo (Papale Papale, 12/03/2013)

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A partire dall’evento storico dell’11 febbraio, quando Sua Santità Benedetto XVI annunciò la propria rinuncia al ministero petrino per divenire alle ore 20 del 28 febbraio Vescovo Emerito di Roma, si è aperto il teatrino mediatico che ha concorso a de-sacralizzare in ogni modo l’ufficio del Romano Pontefice. Il sacro e supremo ufficio del Romano Pontefice non nasce da quelle assemblee collegiali in odore di collettivo anni Settanta, come ha vaneggiato a più programmi televisivi l’onnipresente dossettiano Alberto Melloni, indomito propagatore del “suo” Concilio Ecumenico Vaticano II, oggettivamente diverso nella forma e nella sostanza teologica ed ecclesiale dal Concilio Ecumenico Vaticano II celebrato e codificato dai Padri del Collegio Episcopale col suggello di Giovanni XXIII e di Paolo VI. Perché piaccia o non piaccia, senza il placet di Pietro un concilio ecumenico non è neppure pensabile e, semmai fosse anche celebrato, non sarebbe valido. Ciò con buona pace di certa dossettiana o alberighiana collegialità, posto che la tradizione collegiale è lungi dal nascere e dal morire con la discutibile Scuola di Bologna. A Melloni e ai suoi compagni, che di rete televisiva in rete televisiva si attaccano a un’idea molto soggettiva e confusa di concilio, nei loro tormenti (e tormentoni) ideologici di collegialità sconfinanti sovente nel democraticismo parlamentare, sfugge di prassi quello che recita una delle due costituzioni dogmatiche di quel Vaticano II al quale spesso si richiamano in modo ambiguo: « Il Collegio o Corpo dei Vescovi non ha autorità, se non lo si concepisce insieme con il Romano Pontefice […] quale suo capo. Come tale, questo Collegio, è pure soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa: potestà che non può essere esercitata se non con il consenso del Romano Pontefice» [Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, 22: AAS 57 (1965) 26; cf CIC can. 336].

TRA “COLORE DELLE SCARPE DEL PAPA EMERITO” E TENTATIVO DI FARE LE SCARPE AL SUCCESSORE

Il sacro e supremo ufficio del Romano Pontefice nasce da una chiara frase imperativa che Nostro Signore Gesù Cristo in persona ha pronunciato:  «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno su di essa, a te darò le chiavi del Regno dei Cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» [Mt. 16, 18 – 19]. Sia in traduzione sia nel testo originale greco la frase non passibile di acrobatiche interpretazioni e costituisce una verità di fede dogmatica fondante, perché su questa “pietra” il Cristo edifica la sua Chiesa. Valuti pertanto il buon senso di qualsiasi cattolico cosa di per sé comporta, sul piano dogmatico ed ecclesiale, andare in qualche modo a scuotere questa pietra fondante. Ecco allora che in questi giorni di non poca tragicità per la Chiesa, giornalisti cattolici e vaticanisti in testa hanno totalmente sorvolato il delicatissimo elemento dogmatico ed ecclesiologico. Erano troppo impegnati a dare notizia che il Vescovo Emerito di Roma non avrebbe più indossato le scarpe rosse e che dalla veste talare propria del Romano Pontefice sarebbe stata eliminata la mantellina. La “pietra” sulla quale si edifica la Chiesa è stata dunque ridotta a un pezzo da sartoria e presto, da un giornale all’altro del mondo, si sono versati fiumi d’inchiostro per descrivere dove e come il Vescovo Emerito di Roma vivrà, come è stata allestita e restaurata la sua nuova residenza … Un esercito di giornalisti pungolati da “teologi” e “cattolici” cosiddetti adulti hanno parlato di “rottura epocale” dopo la grande “rottura operata dal Concilio Vaticano II”. Ignari in modo colpevole, o del tutto inconsapevole, o peggio ignorante, che il Vaticano II non ha rotto proprio niente. È stato una coerente e teologica continuità dell’intera tradizione conciliare che parte dal lontano Concilio di Nicea [anno 325]. Abbiamo veramente udito il peggio del peggio: Bruno Forte ha parlato a Rai1 di “papato collegiale”, altri di “papato a termine”, all’insegna del tutto provvisorio e del tutto relativo, immemori che, sacramentalmente parlando, non solo si è per sempre, ma parecchio di più ancora: si è in eterno. Per esempio: io non sono stato consacrato sacerdote a tempo, neppure e solo per questo mondo, ma in eterno. In questa riflessione non intendo dissertare né sul concetto di per sé aberrante di “Romano Pontefice Emerito” né sul pontificato in sé, desidero fare solo alcune riflessioni sul conclave che si è appena aperto oggi, poche ore fa.

QUELLA DECINA DI PORPORE CHE IL PAPA NON HA TOLTO…  E CHE ORA…

La potente cordata a causa della quale Benedetto XVI è stato portato alla sua estrema rinuncia, non mancando prima e dopo di far capire in tutti i modi che la Chiesa – e la curia romana in particolare – era ormai ingovernabile, è molto ben rappresentata in conclave. Questo perché il mite e misericordioso Benedetto XVI, tra l’11 e il 28 febbraio, non ha reputato opportuno togliere almeno una decina di porpore ad altrettanti cardinali elettori. Presumibilmente per questioni di misericordia e per una definizione teologica tutta quanta nuova di umiltà e di carità, proprio come se il Cristo non ci avesse mai invitati a recidere gli arti infetti per evitare che la cancrena assalisse l’intero corpo [Mt. 5, 27-32], come se mai fosse entrato dentro il tempio a cacciare i mercanti a colpi di frusta [Mc. 11:11, 15-19; Lc. 19:45-48; Gv. 2:13-22]. La Chiesa ha bisogno vitale di urgenti riforme strutturali e la curia romana va per certi versi ripensata. Necessità alla quale è palesemente avverso un nutrito gruppo di cardinali ormai alienati al di fuori di ogni concreto reale sociale ed ecclesiale, ripiegati sulla malattia incurabile del potere per il potere, incapaci a vedere e a vivere la Chiesa come un fenomeno universale. Secondo i loro punti di vista è infatti l’universale che deve servire Roma, non Roma a servire quell’universale che costituisce il corpo della Chiesa, di cui Roma è madre e capo. La particolarità di questo conclave è data dal fatto che al suo interno dovrà scontrarsi in modo più o meno aperto il bene con il male, ma soprattutto i buoni vescovi contro i cattivi vescovi che il male alla Chiesa lo hanno inflitto, spesso con non poco scandalo per il mondo e per il buon Popolo di Dio. Alcuni ottimi elementi e diverse figure forti sono presenti in questo conclave, ma incontreranno molte resistenze da parte di un gruppetto di traviati perfettamente in grado di ricattare svariati cardinali che dentro i loro armadi non conservano pannicelli profumati di lavanda. È presto detto: costoro cercheranno di puntare in ogni modo su una persona debole e manipolabile che garantisca la conservazione del loro status quo.

DAL CORPO DI CRISTO AL CORPO… DIPLOMATICO

In questo conclave sono entrati anche alcuni autentici santi. Sono entrati alcuni uomini forse non ancora santi ma sulla buona strada per divenire tali, dotati in più di carattere e di comprovate capacità di governo. Vi sono entrati ometti e mezze figure di desolante mediocrità che si sono costruiti il cardinalato fin da quand’erano seminaristi, passando gran parte delle loro povere esistenze a compiacere per poter essere infine essi stessi finalmente compiaciuti. Infine vi sono entrati i diretti responsabili del disastro in cui oggi versa la Chiesa e che per questioni di diplomazia non potevano essere estromessi. Infatti, come tutti ben sappiamo, Cristo non ci ha affidato il suo Corpo Mistico [Col. I, 24], ci ha affidato un Corpo Diplomatico! Qualcuno, in modo tanto romantico quanto surreale e irresponsabile potrebbe dire: “Ma non preoccuparti e non essere pessimista. Tanto ci pensa lo Spirito Santo!”. No. Non ci pensa affatto lo Spirito Santo. Perché Dio si propone, non si impone. Dio bussa alle porte, non le sfonda; e se la libertà dell’uomo non gli apre, lo Spirito Santo di Dio se ne torna da dov’è venuto. Dio ha bisogno del libero consenso degli uomini, per poter operare e compiere straordinarie meraviglie. Questo mi preoccupa in questo conclave: la libertà di non pochi uomini che nella loro vita liberi non sono mai stati, perché solo la Verità, come dice l’Apostolo Giovanni, ci farà liberi [Gv. 8,32]. E la Verità reclama sempre la nostra libertà.

… mentes tuorum visita.

Minimalismo papale

La sofferta decisione di Benedetto XVI di lasciare il pontificato è stata fin da subito interpretata in molti modi diversi. Tra questi anche la versione de-sacralizzante: il papato sarebbe diventata una carica come tutte le altre, laicizzata.

di Stefano Fontana (11-03-2013)

La sofferta decisione di Benedetto XVI di lasciare il pontificato è stata fin da subito interpretata in molti modi diversi. Tra questi anche la versione de-sacralizzante: il papato sarebbe diventata una carica come tutte le altre, laicizzata, a tempo e per uno scopo funzionale. Il Papa “uno di noi”.

La Nuova BQ ha subito messo in guardia da queste interpretazioni, che sono però molto diffuse, anche dentro la Chiesa e, soprattutto alla base, tramite i settimanali diocesani. 

In questi giorni un teologo ha scritto: «In fondo il cristianesimo ha desacralizzato la religione: Gesù facendosi carne ha colmato le distanze con gli uomini. Per noi cristiani la grandezza è nella santità, non nella sacralità: la sacralità indica distanza, a differenza della santità”.

Il gesto del Papa viene visto, allora, come l’abbandono della sacralità per passare alla santità. A mio modo di vedere nella vita della Chiesa c’è sia il santo che il sacro. Certo, le persone non sono sacre, ma semmai sante. Ogni fedele è chiamato non a sacralizzare se stesso, ma a santificarsi. Questo però non vuol dire che non esista anche il sacro, come deposito oggettivo della Grazia a cui attingere per essere santi. 

La Sacra Scrittura è sacra. I sacramenti sono sacri. L’Eucarestia è sacra. Il Tabernacolo, e la chiesa anche come luogo, sono sacri. Maria è senz’altro Santissima, ma è anche sacra, perché Tabernacolo vivente. La Chiesa è santa, ma anche sacra in quanto Mistero. Il sacerdote può essere più o meno santo, ma è senz’altro sacro, come sacra è la consacrazione che egli fa sull’altare.

Il nostro corpo ha una sua sacralità perché è tempio dello Spirito Santo. Il Papa e i Vescovi possono essere più o meno santi come fedeli, ma sono anche sacri, come successori di Pietro e degli Apostoli. Cristo ha desacralizzato la religione pagana, in quanto si è opposto al sacro come mito e ha insegnato ad adorare il Padre “in spirito e verità”. Egli si è sì fatto carne, ma non si è ridotto a carne. Si è fatto uno di noi, ma non si è ridotto a uno di noi. Ha presentato sé stesso come il Tempio e ha detto che può essere adorato anche al di fuori di luoghi a ciò deputati. Egli però non ha cessato di farsi trovare nella sacralità della Grazia divina e in tutte le occasioni sacre in cui la Chiesa lo celebra e lo annuncia.

Parlare di santità tagliando i ponti con il sacro, anzi presentando la santità come l’anti-sacro, come il congedo dal sacro, contiene a mio parere molti equivoci. Significa consegnarsi con le manzi alzate alla secolarizzazione, che è spesso una de-sacralizzazione senza per ciò portare ad alcuna santificazione. 

Tornando a Benedetto XVI, egli ha voluto continuare a vivere nel “recinto di San Pietro” considerandolo, evidentemente, un luogo sacro. Ha detto, usando una immagine evangelica, di volersi ritirare “sul monte”, biblicamente luogo sacro per eccellenza. Ha detto di rimanere unito alla Chiesa nella sacralità della preghiera.

Non è diventato “uno di noi”, non ha smesso la veste bianca e non si è ritirato a vita privata. Non è più Papa, ma non è andato in pensione. 

Dopo queste dimissioni, il Papa non diventa un impiegato dello Stato del Vaticano, santo, magari, ma non più sacro. 

Papato forte perché umano, come titolava qualche giornale? No, grazie! Papato forte perché divino.

Cristianesimo Cattolico: Il Papa (di governo) che vorrei

cristianesimocattolico:

di Lorenzo Bertocchi

Mentre proseguono le Congregazioni generali ormai tutti i cardinali elettori sono giunti a Roma e tra pochi giorni entreranno nella Cappella Sistina. Così finiranno le “chiacchere” e comincerà il Conclave vero e proprio da cui dovrà uscire il nome del successore di Benedetto…

Cristianesimo Cattolico: Il Papa (di governo) che vorrei

Questi vaticanisti vogliono un conclave a loro misura. Ma sta scritto: “Non praevalebunt”

Premono per una Chiesa che sia “democratica” secondo i loro desiderata: povera, pulita, trasparente. L’obiettivo è mandare Gesù nella soffitta delle immaginette ammuffite.

di Luigi Amicone (08/03/2013)

Massimo Franco, Marco Ansaldo, Marco Politi. Eccetera. Tutto come previsto. L’avevamo anticipato in un editoriale ed ecco che dal Corriere della Sera a Repubblica, giornali e vaticanisti, se ne fanno suadenti portavoce. In attesa della “fumata bianca”, lorsignori esigono dai cardinali che si riuniranno in Conclave trasparenza, pulizia, legalità.

Insomma, una perenne Vatileaks. Anche a costo di giustificare (come hanno piccinamente giustificato il Nuzzi di Sua Santità – perché se toccavano il “faro” quirinalizio o qualche altro poterazzo, vedevi se da Milano a Palermo le procure non si sarebbero scatenate e i direttori di giornali non avrebbero censurato “l’inammissibile dossieraggio”) l’insider, il furto, la ricettazione, fin nell’appartamento papale.

Vogliono una Chiesa sotto una campana di vetro. La vogliono sotto i riflettori dello spettacolo. Grande Fratello da godersi stando attaccati a internet nelle redazioni. O in pantofole sulla poltrona di casa. Vogliono che il lavacro delle beghe, dei peccati e dei panni sporchi dei poveri uomini e delle povere donne che abitano la Chiesa di Cristo sia esposto a una riunione di redazione con Ezio Mauro. E sia conferenziato in diretta streaming col direttore Ferruccio De Bortoli.

Il tutto, poi, impacchettato e messo in rete per i clic delle community. E che ci pensi un Grillo, finito d’incerare il Parlamento italiano, a passare lo spazzettone in Vaticano.

Davvero si stanno impegnando affinché questi 115 canuti porporati, espressione di un mondo archeologico che secondo lorsignori non dovrebbe manco più esistere (già, non sarebbe meglio scegliere il papa con un referendum su internet o farlo nominare dal Cda di Mediobanca o Cir di De Benedetti?), vengano a Canossa con il mainstream mondano. E si facciano finalmente “illuminare”. Non dallo Spirito Santo. Ma dallo stile obamiano delle élite. E dai “movimenti di base” per le donne prete e il matrimonio gay (che naturalmente obamiani ed élite oliano e manutengono coram populo).

L’obiettivo è sempre lo stesso. Da duemila anni a questa parte. Da che un tale tentò Cristo nel deserto. E da che re, imperatori, potenze di ogni feudo e colore, tentano di legare il Vicario di Cristo dove vogliono loro, padroni di questo mondo. Mandare Gesù nella soffitta delle immaginette ammuffite. Varare un “conclave democratico”. Battezzare un papa che faccia da assistente spirituale all’impero dei diritti, dei procuratori e dei gazzettieri delle “mani pulite”. Questo è adesso l’obbiettivo della grande religione del “we can”.

E già. Una volta volevano il Papa alla carolingia o alla sveva. Ieri le potenze dell’Asse lo volevano pulito come la razza ariana. O di classe come le armate di Stalin. Oggi chiedono una chiesa formato New York Times.

Si intende: di “rinnovamento” ha parlato il cardinal Angelo Scola. Così come, insieme a Scola, pressoché tutti i porporati sono consapevoli dei limiti, condizionamenti, errori, conflitti e taluni perfino crimini, in cui i chierici (specie di curia) sono caduti e cadono nell’esercizio delle loro funzioni, poteri e autorità. Certo che anche nella reggenza di quella entità politica e statuale che si chiama Città del Vaticano qualcosa cambierà. Certo che anche la Santa Sede Apostolica, in quanto entità gerarchica e organizzativa, aspira al rinnovamento. Però questa tensione riformatrice, il papato e i principi delle Chiesa la chiamano “purificazione della ragione”. E “conversione a Cristo”. Non “spoliazione dai beni mondani”, “chiesa povera”, “democratizzazione”.

Per altro, questa idea di democratizzazione e spoliazione è stoltezza e utopia interessata. Quanto al primato del Papa, non si scappa: è l’unica ragion d’essere del cattolicesimo. Senza Papa non c’è Chiesa cattolica. Perciò, se non vi va, rivolgetevi alle mille e una setta paracristiane che prolificano sotto i cieli e i governi di questo mondo. Quanto alla spoliazione dai beni e autorità terrene, da gerarchia, apparato, soldi, struttura, organizzazione. Che dire? Sono tutti elementi indispensabili, inerenti qualsiasi realtà storica. Tanto più la Chiesa cattolica.

Chiesa che, non vivendo su Marte e non essendo ancora in quel Paradiso in cui anche le zanzare e i moscardini avranno lo stesso valore di un milione di dollari, per compiere la sua missione su questa terra, deve necessariamente trovare (come ciascuno di noi e tutte le organizzazioni umane di questa terra) il sostentamento necessario per mantenere preti e suore, chiese e scuole, missioni e imprese, collaboratori e impiegati. Talora infedeli e sempre peccatori? Sì. Infedeli e peccatori. Perciò, continuate pure a scagliare le vostre pietre. Farisei. E scribi. Sta scritto: “Non praevalebunt”.

I media progressisti vogliono condizionare il Conclave

cristianesimocattolico:

Sarebbe l’Arcivescovo di Sao Paulo, il Card. Odilo Pedro Scherer, di 63 anni, il “candidato” al Soglio Pontificio caldeggiato dalla CNBB, la Conferenza Episcopale brasiliana, la più vasta al mondo. A scriverlo, è stato il maggiore quotidiano del Paese, il “Folha de Sao Paulo”, nell’edizione dello scorso 5 marzo: secondo il giornale, per orientare i Cardinali suoi connazionali riuniti in Conclave, sarebbe stato espressamente richiesto l’intervento dei mass-media progressisti con articoli di chiaro sostegno, che paventino anche crescenti consensi attorno al suo nome sia presso le alte sfere ecclesiastiche, sia presso la stampa estera.

Notizia, questa, confermata anche dal blog “Messainlatino”, che individuerebbe nel Cardinale Decano Sodano e nel Card. Re altri due entusiasti promotori del Card. Scherer, già docente in diverse università e considerato uomo “di apparato” con un’innata capacità nel gestire i meccanismi delle Congregazioni vaticane, ma soprattutto a lungo segretario della CNBB, una Conferenza Episcopale in cui pare che l’unica variante sia tra chi è molto e chi è alquanto favorevole alla teologia della liberazione – da nessuno messa in discussione -, sia pure “ripulita” dai suoi aspetti più estremi e problematici, ma pur sempre identica negli errori di sostanza.

Con questa manovra, definita non a caso “treppiede”, sarebbe d’accordo anche il Segretario di Stato, Cardinale Camerlengo Tarcisio Bertone, in un primo tempo avverso, poi convinto – scrive “Messainlatino”- in vista del mantenimento degli attuali privilegi.

Il Card. Scherer, considerato un “centrista” vicino a posizioni liberiste, nel caso divenisse Papa sarebbe pronto a “smussare” gli angoli più “spigolosi” del Pontificato di Benedetto XVI ovvero quelli in odore di eccessiva “restaurazione”, in particolare il Motu Proprio “Summorum Pontificum”, da lui particolarmente osteggiato. Una linea inadeguata non solo per risolvere i gravi problemi, da cui le Diocesi brasiliane sono segnate, sette comprese, bensì anche per “risanare” la Chiesa universale dalle profonde e dolorose ferite, che ancora la affliggono (M.F.).