Bergoglio ha purtroppo ripreso l’aereo e l’effetto della diminuzione di ossigeno ad alta quota ha prodotto ancora effetti sconcertanti che si sono abbattuti sullo stremato popolo di Dio, ormai inerte e sconsolato di fronte a tanta miseria intellettuale, teologica e umana.
Continua a leggere “Francesco, un papa in caduta libera”Tag: cattolici tiepidi
Cattolici in stato confusionale
Il disagio della Chiesa di fronte alle sortite che contestano apertamente il Magistero. Ecco come riconoscere alcuni fra gli errori più diffusi, anche fra i credenti. Per evitare di fare “naufragio nella fede”.
I lupi vestiti da pecora minacciano di strage il gregge
Nella relazione del Circulus Germanicus ovvero del gruppo di lingua tedesca, fatta dall’arcivescovo di Berlino, mons. Heiner Koch, si è fatta pesantemente sentire, al sinodo sulla famiglia, l’influenza di questa sorta di controverso “sinodo-ombra” della Gregoriana dello scorso giugno.
Continua a leggere “I lupi vestiti da pecora minacciano di strage il gregge”
I “deliramenta” di Cupich
Su coscienza e legge morale, l’arcivescovo di Chicago ha affermato gli stessi concetti che tanti teologi e conferenze episcopali avevano usato per ribellarsi all’enciclica Humanae Vitae. Ma la visione della coscienza capace di creare una verità morale è già stata bollata da san Giovanni Paolo II come “delirio”.
Autolesionismo, complicità o semplice stupidità dei cattolici?
Il governo, tramite l’UNAR, insegna l’omosessualismo nelle scuole. I ministri cattolici cosa facevano? Dormivano? Di sicuro dalla Storia non abbiamo proprio imparato nulla!
di P. J. (14/02/2014)
Senza passare attraverso battaglie parlamentari, senza passare attraverso le forche caudine delle polemiche giornalistiche, senza la seccatura del lungo processo di mediazione politica, il governo ha approvato delle norme che obbligano di fatto gli istituti scolastici a istruire bambini e ragazzi, tramite appositi corsi, ad accettare e a ritenere cosa giusta e degna l’omosessualismo e il comportamento e le pratiche omosessuali (Vedi gli opuscoli dell’UNAR, ufficio della Presidenza del Consiglio – N.d.R.). In queste norme, che non rientrano nella categoria di “leggi”, bensì in quella di “regolamenti”, e perciò non hanno necessitato di un passaggio parlamentare, tra l’altro si raccomanda di scardinare nei ragazzi l’idea che la pratica omosessuale sia peccaminosa, specie se tale idea fosse dettata da convinzioni religiose e fosse proveniente dai genitori.
Basta questa breve esposizione dei fatti, senza necessità di commento, per mostrare come quanto sta avvenendo si configuri come un attentato al principio di libertà di educazione, col tentativo di riplasmare la mente dei ragazzi, calpestando, se necessario, il loro credo, la loro famiglia di appartenenza, l’educazione impartita dai loro genitori.
Ora, mi sono domandato, ma ci sono dei cattolici nel governo, dei ministri (penso a Lupi, a Mauro…), dei sottosegretari, dei consulenti… ma che cosa ci stanno a fare? Capisco i giochi politici, ma è possibile che non dicano proprio niente? Dopo essermi informato da eterogenee fonti, vengo a sapere che nel governo c’è una sorta di tacito patto di non belligeranza. Siccome al suo interno devono loro malgrado coabitare personaggi con visioni del mondo assolutamente inconciliabili, l’accordo (più o meno esplicito) è che il ministro A faccia tutto quello che vuole nel proprio ministero e non interferisca col vicino di poltrona ministro B; il quale, a sua volta non interferirà col primo. Oh, certo, in mancanza di meglio tale sistema potrebbe anche funzionare.
Peccato che noi cattolici questo schema l’abbiamo già praticato. E subito. Per quarant’anni. Per quarant’anni la DC si è tenuta in mano il potere e ha lasciato in pasto ai comunisti, agli anticristiani, agli antiumani, la scuola, l’università, l’istruzione, la cultura, l’informazione. E questi, seguendo quanto espressamente teorizzato da papà Gramsci, hanno preso sistematicamente possesso dei centri nevralgici dell’educazione, dell’opinione, del pensiero, dai quali rieducare l’Italia alle proprie concezioni. Per ottenere la loro Italia, un’Italia decristianizzata, deresponsabilizzata, comunistizzata, un’Italia divorzista, abortista, terrorista, statalista, un’Italia drogata, omosessualizzata, sindacalizzata e chi peggio ne ha peggio ne metta. L’Italia di oggi.
I risultati della scelta dei cattolici di lasciare l’educazione alla sinistra sono sotto gli occhi di tutti.
E oggi che cosa facciamo noi cattolici? Nuovamente lasciamo loro l’educazione. Dalla storia non abbiamo imparato un piffero!
Alle volte mi viene da pensare che i laicisti più feroci abbiano ragione: probabilmente siamo stupidi…
© RISCOSSA CRISTIANA
Chiesa del martirio e Chiesa della melassa. Riflessioni sul catechismo (e non solo)
di Giovanni Zenone (11/02/2014)
Una delle cose più dolorose, nella vita della Chiesa Cattolica oggi, è aver a che fare con i buoni cattolici. Trascuro per ora il rapporto con gli eretici modernisti progressisti. Essi in realtà non fanno parte della Chiesa perché se ne sono allontanati con l’adesione all’eresia, anche se formalmente ne fanno ancora parte, e spesso ai livelli più alti, abili come sono ad occupare tutti i posti di potere e di lucro interni alla Chiesa. Metto invece a fuoco il rapporto con i cattolici migliori, quelli non di sinistra (ammesso e non concesso che si possa dire cattolica una persona che aderisca all’ideologia di sinistra), quelli che sono fedeli al Magistero, alla Tradizione, alla Verità.
Ebbene il dolore è provocato dal fatto che sono incapaci di assumere posizioni forti e determinate dalla fede nel rapporto con il foro esterno. Magari si tratta di persone devotissime, capaci di sacrifici personali e ascesi individuali durissime, ma quando si tratta di fare scelte che si discostino un pochino dal modo di vivere pubblico del mondo o del mondo ecclesiale allora dimostrano la propria debolezza. Questa riflessione mi è sorta quando qualche giorno fa ho percepito la disapprovazione da parte di un’ottima persona cattolica circa la mia scelta educativa sacramentale dei miei figli. Dopo la pessima esperienza mia personale di catechismo parrocchiale (oltre 35 anni fa), inutile e in certi casi dannosa, si è rafforzata la mia idea che spesso il catechismo parrocchiale sia un danno per la fede.
Conosco personalmente a Verona catechiste (eh sì, al femminile!, strano a dirsi…) divorziate, risposate o concubine che commettono ordinariamente il sacrilegio di fare la comunione tutte le domeniche nonostante sin trovino in stato di peccato mortale pubblico, e oltre a ciò sono benvenute dal parroco a fare catechismo ai bambini. “Eh, ce n’è proprio bisogno di brave catechiste disponibili…”. Il catechismo subìto da mia figlia maggiore era tutto tranne che catechismo. Bei discorsi sulla socialità, sulla natura (intesa come gli alberi, i fiorellini e l’aria pura), belle attività ricreative, pizze con le mamme, disegni di cartelloni… La prima comunione si è risolta in un sabba pieno di musica profana in stile New Age dove al centro di tutto c’erano i regali, i vestiti, mentre l’incontro con Gesù sacramentato era cosa marginale per chi ci credeva. Nessuna devozione, nessun momento di silenzio, nessun momento di adorazione, solo la “dimensione comunitaria” della festa. Ovviamente la comunione è stata data in mano. Risultato: poca o nessuna devozione per la Santissima e Divinissima Eucaristia. Chiuso definitivamente col catechismo parrocchiale.
Il Catechismo lo faccio io, per quanto ne sia capace e ne abbia tempo, io che sono il primo responsabile della trasmissione della Fede ai miei figli. E lo faccio usando l’ultimo catechismo efficace per i bambini che abbia prodotto la Chiesa Cattolica universale: quello di san Pio X, insieme alla narrazione della Storia Biblica della Salvezza. La Prima Comunione i miei figli da allora la fanno senza alcuna baraonda parrocchiale in una chiesetta di montagna che contiene 30 persone, dove abitavano i miei avi, alle 8,30 del mattino della festa dell’Assunta. Canti tradizionali, preghiere in latino, Canone Romano, incenso a profusione, momenti di silenzio e preghiera, comunione in ginocchio. Niente parenti, niente regali, niente “dimensione comunitaria”, tutte cose marginali, secondarie, eccipienti. Dannose se prendono il posto, nella realtà o nella percezione dei fanciulli, dell’incontro con Gesù Eucaristia. La festa familiare si farà dopo qualche tempo, uno o due mesi dopo. Le cose marginali saranno – appunto – marginali, anche nel tempo.
Ebbene ho percepito da questa ottima persona cattolica la disapprovazione – ovviamente non espressa in modo netto, non sia mai che si dica la propria opinione in modo forte! si rischia di fare credere di avere la verità in tasca, il vero peccato mortale per i cattolici deboli – perché in questo modo sottraggo ai miei figli la strabenedetta “dimensione comunitaria”, li faccio sentire “fuori dal mondo”, “diversi”.
Ecchè diamine! Ma è proprio quello che voglio!!! Fuori dal mondo, fuori dalla mentalità mondana, diversi da essa anche se essa fosse – come è – una caratteristica ecclesiale, caratteristica viziosa però. Non voglio nessuna ”dimensione comunitaria”, nessuna comunione sociologica con gente che non crede, che non vive, che non ama quello che si deve andare a credere, vivere ed amare quando si va in Chiesa, cioè Gesù.
– Ma così si sentiranno diversi dagli altri… Meglio! Chi mai l’ha detto che dobbiamo essere come tutti? Chi mai ha detto che dobbiamo essere amici di tutti? Forse Cristo? Certamente no. Lui mi ha detto che a causa Sua si metterà madre contro figlia e viceversa, che saremo causa di contraddizione, scandalo e divisione non solo fra i miscredenti ma soprattutto fra i credenti. I farisei molto attenti alla “dimensione comunitaria”, vale a dire a quello che pensano gli altri, loro che credevano di essere figli di Abramo, Gesù li apostrofa dando loro dei figli del demonio. La stessa cosa è oggi nella Chiesa. – Ma allora si rischia di far chiudere i nostri figli in una campana di vetro e farli credere meglio degli altri, cosa che Gesù non vuole perché è un peccato di superbia…
Preferisco il rischio dell’orgoglio di appartenere al popolo eletto e fedele che il rischio dell’omologazione alla mentalità ecclesiastico-mondana, ben più pervasiva e sociologicamente vincente, cioè dannosa. Si chiama “rischio educativo”. Senza questo rischio, che comprende cioè la verità unita alla libertà, non c’è vera educazione, né umana né cristiana.
Ai miei figli e a tutti quelli che incontro propongo una Fede fatta di scelte forti, di posizioni forti, non comode, non conformi alla mentalità comune, foss’anche la mentalità del cristiano comune. Questa Fede è quella per cui vale la pena di vivere, vale la pena di soffrire, e soffrire spesso in questi tempi per l’incomprensione e persecuzione dovuta innanzitutto ai fratelli nella Fede e poi ai nemici della Fede (che spesso si identificano o fanno comunella negli atti). Questa è la Fede stupenda per cui si può morire, e morire per mano di uomini di Chiesa, come avvenne nel martirio quotidiano che subì Padre Pio ad opera dei suoi confratelli, del Padre Gemelli, di Papa Giovanni XXIII… L’altra, la brodaglia o melassa dolciastra della “dimensione comunitaria”, della ”comunione ecclesiale” relativista e spersonalizzata, dell’incapacità di prendere decisioni o posizioni forti, la lascio – perdonate la superbia – agli scartini. Nella Fede, come nella briscola, valgono le figure, non i numeri, per quanto grandi.
© RISCOSSA CRISTIANA
Morale cattolica stravolta e “riscritta” dal vescovo di Treviri
di Mauro Faverzani (11/02/2014)
Provocano sofferenza e dolore le scioccanti parole pronunciate da mons. Stephan Ackermann, vescovo di Treviri, dirompenti come un fiume in piena: rotti gli argini della fede, hanno devastato la Dottrina cattolica, ferito la sensibilità dei credenti, sconcertato tutti. Complice la solita intervista, rilasciata questa volta al quotidiano “Allgemeine Zeitung”.
Secondo un recente sondaggio, i cattolici delle diocesi tedesche riterrebbero esser fuori dal mondo i divieti imposti dalla morale sessuale della Chiesa: richiesto di un commento in merito, mons. Ackermann non ha fatto mistero di voler letteralmente stravolgere regole e precetti: «Dobbiamo rafforzare il senso di responsabilità delle persone – ha detto – ma poi dobbiamo anche rispettare le decisioni da loro assunte in coscienza». Sull’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati, «siamo qui a far proposte», ha ribattuto, come se tutto non fosse da sempre già stabilito e chiaro.
Circa i rapporti prematrimoniali, si è quasi rammaricato: «Non possiamo cambiare completamente la Dottrina cattolica – ha dichiarato – ma possiamo elaborare criteri per i quali in questo o quest’altro caso concreto siano giustificabili. Non ci sono solo l’Ideale da una parte e la condanna dall’altra». Evidentemente quel che insegna la Chiesa Cattolica poco gl’importa… Ancora su pianificazione familiare e contraccezione: «La distinzione tra contraccezione naturale e non – ha “esternato” mons. Ackermann – è in qualche modo artificiosa. Temo che nessuno la capisca più…».
E per l’omosessualità la Chiesa dovrebbe, a suo dire, fare appello al senso di responsabilità del singolo: «La visione cristiana dell’uomo passa attraverso la polarità dei sessi, ma noi non possiamo semplicemente bollare l’omosessualità come innaturale», benché essa non debba essere vissuta in promiscuità e quale fonte di gratificazione. Certo la Chiesa Cattolica pone come punto fermo l’unicità del matrimonio tra uomo e donna, ha proseguito, ma quando una vita di coppia, vissuta in modo fedele e cosciente, venisse iscritta in un apposito registro, «certo non potremmo ignorare l’assunzione di tale responsabilità», benché ‒ bontà sua… ‒ non ritenga essere «una soluzione» percorribile neppure la benedizione delle coppie gay promossa nelle comunità protestanti. Sconcertante.
Il celibato dei preti, a suo giudizio, non rappresenta canonicamente «un dogma», benché abbracciare il sacerdozio significhi oggi anche conformarsi a tale stato di vita. Cosa ci riservi il futuro, però, ha concluso sibillino mons. Achermann, non sarebbe dato prevedere…
Ciò che, invece, già oggi è assolutamente certo è l’atteggiamento ambiguo e provocatorio tenuto dalla Chiesa tedesca, specie in fatto di morale, tema su cui recentemente ha premuto l’acceleratore, creando in fretta e furia nuove fratture e scavando nuovi fossati: non a caso, proprio in Germania, a Francoforte, nella parrocchia di Maria Hilf im Gallus, si è da tempo autocostituita una prima comunità di credenti omosessuali, denominata Progetto: cattolico e gay, inventata per «lenire il dolore» provocato dalle gerarchie ecclesiastiche, accusate d’esser poco comprensive per il solo fatto di ribadire la Dottrina di sempre ovvero quella del buon senso e dell’adesione vera alle Scritture. L’aberrante esperimento di Francoforte fu malauguratamente approvato dall’allora Vescovo di Limburg, Franz Kampfhaus, ed a nulla sono servite le forti e vibrate critiche mosse dal suo successore, mons. Franz-Peter Tebartz-Van Elst.
Della comunità Progetto: cattolico e gay si è occupato con estrema, anzi eccessiva benevolenza il teologo Gregor Schorberger: nella tesi del suo dottorato, ha definito importante, per i credenti omosessuali, avere un luogo riconosciuto, ove sentirsi accolti anche dal clero locale. Al punto da far purtroppo sorgere analoghi tentativi anche in altre Diocesi. Nel 1972 Paolo VI ebbe a parlare di fessure, da cui «il fumo di Satana» sarebbe «entrato nella Chiesa». Oggi quelle fessure sono diventati squarci e quel fumo ha solo anticipato l’azione devastante delle fiamme infernali, che lo hanno provocato.
© CORRISPONDENZA ROMANA
Cattolici e politica, Civiltà cattolica è fuori tempo
Secondo la rivista dei gesuiti priorità dei cattolici in politica è salvaguardare la democrazia. Ma non è per questo che c’è la dottrina sociale. Civiltà Cattolica vuole essere democratica quando gli altri la democrazia l’hanno già mangiata con la dittatura del relativismo.
di Stefano Fontana (11/02/2014)
“Umano, troppo umano”, vien da pensare leggendo come La Civiltà Cattolica intende la presenza politica dei cattolici. Francesco Occhetta S.I. scrive infatti sulla rivista dei Gesuiti del 4 gennaio scorso: «La priorità per il mondo cattolico oggi non può che essere la cura della democrazia in tutte le sue forme; una cura da nutrire con i principi della dottrina sociale della Chiesa e con i principi costituzionali». Beh, devo dire che se essere cattolici nella società e in politica volesse dire questo chiederei subito di essere cancellato dalla lista.
Che la dottrina sociale della Chiesa serva a nutrire la democrazia e non a rendere gloria a Dio ordinando a Lui le cose temporali, riconoscendo che non c’è nessun ambito del Creato sottratto al dominio del Creatore; e, per di più, che la Costituzione della Repubblica italiana debba essere oggetto di fedeltà da parte dei cattolici così come la Dottrina sociale o il Vangelo, mi risulta ripugnante. Potrebbe andar bene per qualche “cattolico democratico” ma la prestigiosa rivista dei Gesuiti non dovrebbe appiattirsi su una sola letteratura cattolica. Anche perché, dopo l’attivismo del suo direttore, padre Antonio Spadaro, il quindicinale di Porta Pinciana ostenta una particolare sintonia con Papa Francesco, complicando non poco le cose.
In ossequio alla democrazia, o per prendersene cura, i deputati cattolici al Parlamento europeo hanno votato per la mozione Lunacek. In ossequio della Costituzione i vari “documenti di Portogruaro” aprono alle unioni civili sulla base non dell’omosessualità dei componenti la coppia, ma dei loro diritti individuali sanciti dalla Costituzione. Nel frattempo, però, gli altri usano la democrazia come arma per demolire l’identità umana e mentre i cattolici si sforzano di essere sempre più democratici, la democrazia sparisce sotto i colpi dell’ideologia gender, che impedisce la democraticissima libertà di parola, la soggettività educativa delle famiglie imponendo alle scuole i nuovi manuali di regime redatti dall’UNAR, e la stessa libertà delle nazioni, ossessionate dalla pressione degli Organismi internazionali. I cattolici arrivano così in ritardo: vogliono essere democratici quando gli altri la democrazia se la sono già mangiata.
E’ una vecchia storia. Dopo la “svolta antropologica” i cattolici hanno deciso che non dovevano più parlare di Dio ma dell’uomo. Nel frattempo, però, l’uomo non c’era più perché gli altri lo avevano distrutto, non per distruggere l’uomo ma per distruggere Dio. La secolarizzazione è un fatto cristiano – si diceva – e quindi i cattolici devono collocarsi sul piano della natura e della ragione, come tutti gli altri, e non della grazia e della fede, altrimenti sarebbero stati integralisti. Poi, però, la secolarizzazione ha distrutto non solo Dio ma anche la natura e la ragione e i cattolici, che nel frattempo avevano fatto un lungo percorso per arrivare proprio lì, non hanno trovato più niente, come Napoleone giunto a Mosca.
Si erano dati lo scopo di proporre non la religiosa centralità di Dio, ma la più democratica “antropologia cristiana”. Solo che spesso dimenticano di proporre l’antropologia dell’uomo redento e propongono invece l’antropologia dell’uomo così come è. Questa antropologia è incapace di salvarsi. Anche l’antropologia, come la democrazia, ha bisogno di redenzione. E come si può proporre l’uomo redento se non proponendo anche Dio e la religione?
Davanti ai nostri occhi si gioca una partita molto grossa: una partita non etica, o legislativa o politica, ma religiosa. Il mondo – sia esso il Comitato dei Diritti del Fanciullo dell’Onu o il Parlamento europeo, qualche Corte internazionale di giustizia oppure qualche singolo giudice – pretende di imporre i suoi dogmi religiosi. Parla dell’uomo, ma per parlare di Dio. Combatte la natura ma per combattere la sopranatura. Lotta per i diritti dell’uomo ma per negare quelli di Dio. Gli interessa demolire la famiglia ma per distruggere la Sacra Famiglia. Queste forze hanno in mente Dio, non l’uomo. La Civiltà Cattolica propone di affrontarle avendo in mente l’uomo e non Dio. Non capire questo punto significa non comprendere il livello dello scontro in atto e archiviare come privi di senso gli insegnamenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
La cultura oggi dominante è debole e relativista. Dice che non si può sostenere nessuna verità Però affida alle Corti di Giustizia, ai Comitati ONU e ai Tribunali ordinari di stabilire, tramite sentenze metafisiche, cosa significhi essere persona, da quando si è persona, cosa sia la vita umana, quando cominci ad esserci, come debba essere la famiglia, cosa sia la morte, cosa significhi educare. Altro che pensiero debole! E’ un pensiero fortissimo, con la stessa valenza assoluta di una religione. E a questi nuovi dèi si vuole che i cattolici reagiscano con un loro pensiero debole? Un pensiero “umano, troppo umano”? Arriviamo in ritardo: abbandoniamo i dogmi per scegliere il dialogo democratico e costituzionale quando gli altri hanno imposto i loro dogmi alla democrazie e alle costituzioni.
© LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
Si dicono cattolici, parlano da protestanti – L’ipotesi folle di una Chiesa che insegue i sondaggi
La pretesa di appellarsi ai questionari per chiedere il cambiamento della dottrina su famiglia e omosessualità è semplicemente assurda. Se si volessero far valere i sondaggi tra i credenti, allora la Chiesa dovrebbe cambiare dottrina sugli immigrati, sull’evasione fiscale e poi, sull’Inferno, sui sacramenti….
di Massimo Introvigne (08-02-2014)
C’è una certa confusione a proposito dei questionari inviati dalla Santa Sede agli episcopati nazionali in vista della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà in Vaticano dal 5 al 19 ottobre 2014. Sembra che alcuni episcopati abbiano fornito risposte di carattere dottrinale. Altri, come quello tedesco e austriaco, hanno consultato i fedeli con metodi che – a prima vista – sembrerebbero piuttosto aneddotici. Da sociologo, nutro seri dubbi sulla rappresentatività del campione. Se si è passati dalle parrocchie e dai consigli pastorali, ovviamente si sono ricavate le opinioni dei parroci – forse anche di qualche vescovo – e di quei gruppi «autoreferenziali» che occupano tante comunità parrocchiali con le loro interminabili riunioni, e di cui Papa Francesco come si sa non parla tanto bene.
Almeno i vescovi svizzeri si sono rivolti ai sociologi, precisamente all’Istituto di sociologia pastorale di San Gallo, il quale dovrebbe avere costruito un campione credibile, ancorché ci spieghi che ha selezionato «laici impegnati nella vita ecclesiale», anche qui dunque con il rischio di trascurare chi non partecipa ai gruppi parrocchiali ma non è per questo meno cattolico. I sociologi di San Gallo non hanno finito il loro lavoro, ma hanno riferito alla Radio Vaticana che il 97% dei cattolici svizzeri usa gli anticoncezionali, il 60% non vede niente di male nelle unioni omosessuali e vorrebbe perfino che la Chiesa le «benedicesse», una salda maggioranza è favorevole al divorzio e ai rapporti prematrimoniali e si comporta di conseguenza. Com’è noto, dalla Germania e dall’Austria sono venuti risultati analoghi, ancorché non certificati dai sociologi.
Si tratta di capire come interpretare questi dati. Se dobbiamo fidarci non delle interpretazioni dei vescovi austriaci o tedeschi, ma di quello che c’è scritto nel documento preparatorio inviato alle diocesi e accompagnato dal questionario, le domande non sono una sorta di referendum volto a cambiare la dottrina ma una rilevazione di taglio, appunto, sociologico su come si comportano i cattolici.
Che i cattolici non si comportino da cattolici non è una gran novità. La sociologia distingue – l’espressione è della studiosa inglese Grace Davie – tre dimensioni della religione, le tre B: «believing» (credere), «belonging» (praticare) e «behaving» (comportarsi). I sociologi sanno da anni che coloro che dicono di credere in Dio, e in Europa anche in Gesù Cristo, sono molti di più di quelli che vanno in chiesa. E che quelli che seguono l’insegnamento morale della loro religione sono molti di meno di quelli che frequentano le chiese. Ne ricavano che – anche in Europa – quando si parla di secolarizzazione bisogna distinguere: c’è poca secolarizzazione quanto al credere – gli atei rimangono una piccola minoranza, che non cresce –, una rilevante secolarizzazione nella pratica – anche con un concetto ampio di praticante, può essere considerato tale solo un europeo su cinque –, e una secolarizzazione ampiamente maggioritaria nei comportamenti, nel senso che solo una piccola frazione della popolazione segue l’insegnamento morale delle Chiese e comunità di appartenenza.
I sondaggi – diversamente effettuati nelle diverse nazioni – confermano quindi un quadro già noto. Non sono stati diffusi dati italiani, ma il fatto che il nostro sia il Paese del mondo dove nasce il minor numero di bambini, anche se l’ottanta per cento dei nostri connazionali si dice cattolico, certamente suggerisce un atteggiamento sugli anticoncezionali non tanto diverso da quello svizzero.
Però… c’è un però. Il questionario è stato diffuso in preparazione a un sinodo sulla famiglia. Ma le grandi inchieste dei sociologi – come la periodica Indagine europea sui valori (EVS) – non si occupano solo di morale sessuale e familiare, e del resto i comandamenti sono dieci. Incrociando i dati della EVS sui valori e sulla fede religiosa, e tenendo conto anche di altre indagini, scopriamo per esempio che in Germania, in Svizzera e in Austria una salda maggioranza della popolazione ritiene che gli immigrati siano troppi, si comportino male e non debbano godere degli stessi diritti dei cittadini. In diversi Paesi – tra cui l’Italia – il numero di cittadini che giustifica l’evasione fiscale, e dichiara che la pratica o la praticherebbe se solo non temesse di essere scoperta, è così alto da far concludere che è impossibile che non ne faccia parte un buon numero di cattolici praticanti.
Ci sono poi altri studi – alcuni, in Italia, li ho diretti io – che si occupano di credenze. È vero che la grande maggioranza degli italiani (93%) si dichiara credente, ma si tratta di vedere in che cosa crede. In Italia percentuali significative di persone che pure si dichiarano cattoliche non credono alla divinità di Gesù Cristo, non credono che la Resurrezione sia un evento storico realmente accaduto, non credono all’esistenza dell’Inferno e del diavolo e non credono che la Chiesa Cattolica sia un’istituzione voluta da Dio e divinamente assistita. Queste percentuali di «non credenti selettivi» per alcune verità della fede diventano maggioritarie fra i giovani dai 15 e i 29 anni. Più di metà dei cattolici italiani non si confessa mai. In altri Paesi le cose vanno molto peggio, sia quanto alle credenze sia quanto alla confessione, frequentata in molte zone del Nord Europa e degli Stati Uniti da sparute minoranze.
Cito questi dati per far capire come – mentre ha un senso utilizzare lo strumento dei questionari per capire quanto è profonda la crisi del mondo cattolico contemporaneo – non ne ha nessuno prendere i risultati, anche ove siano attendibili, di queste ricerche come indicazioni su come la Chiesa potrebbe cambiare per adeguarsi al «mondo». Ovviamente, questo sarebbe anzitutto assurdo dal punto di vista teologico: la Chiesa non ha mai adeguato le sue dottrine ai sondaggi, con il rischio di cambiare opinione a ogni sondaggio come il Matteo Renzi della divertente caricatura di Crozza.
Se – come sembra che qualche vescovo voglia suggerire in Germania, Svizzera o Austria – il Sinodo dovesse cambiare le dottrine per adeguarle a quello che pensano i fedeli, dopo – o forse prima – di quello sulla famiglia urge un sinodo sull’immigrazione: non per studiare il bellissimo discorso di Papa Francesco a Lampedusa, ma per organizzare al più presto nelle parrocchie dell’Europa di lingua tedesca la distribuzione domenicale di randelli per bastonare gli immigrati, posto che proprio dalle parti di Berlino, Zurigo o Vienna l’avversione agli immigrati è ancora più diffusa di quella alla dottrina morale della Chiesa.
Se non si crede ai sondaggi, si guardino i referendum: come quello svizzero del 2009 che ha introdotto, evidentemente non in segno di simpatia verso gli immigrati musulmani, un divieto costituzionale di costruire minareti. Se invece si crede ai sondaggi, si metta in programma anche un sinodo per concedere indulgenze agli evasori fiscali: sarebbe particolarmente gradito in Italia. Perché delle due l’una: se i sondaggi dove ciascuno protetto dall’anonimato confessa i suoi peccati o manifesta i suoi vizi sono la voce genuina del «popolo di Dio» allora bisogna seguirli su tutto. Perché la «vox populi» diventa «vox Dei» quando si esprime a favore dell’evasione dal dovere di fedeltà al coniuge e non quando si esprime a favore dell’evasione delle imposte?
Né una bizzarra Chiesa che costruisse la sua dottrina a colpi di sondaggi dovrebbe fermarsi alla morale. Inseguendo i sondaggi occorrerebbe abolire l’Inferno, i miracoli, la Resurrezione, la divinità di Gesù Cristo, la natura divina della Chiesa: tutte credenze impopolari. Dichiarare che tutte le religioni sono uguali, perché lo pensa la maggioranza delle persone. Consigliare a Papa Francesco di non perdere tempo a parlare tutte le settimane del diavolo, perché la grande maggioranza non ci crede. E di smetterla di mettere al centro del suo Magistero la confessione, perché tanto ci sono intere diocesi dove i cattolici che si confessano sono ridotti a quattro gatti.
Se i sociologi – all’improvviso – sono diventati interessanti, avrebbero anche un’altra piccola notazione da proporre. E cioè che adeguare la propria dottrina al pensiero unico dominante è il modo più sicuro per perdere fedeli e chiudere bottega. Lo spiegò già nel lontano 1972 in un libro diventato un classico delle scienze sociali, «Perché le Chiese conservatrici stanno crescendo», Dean M. Kelley (1927-1997), sociologo e dirigente del Consiglio Nazionale delle Chiese negli Stati Uniti. Kelley, che era personalmente un progressista, notò che le comunità protestanti che si erano schierate per l’aborto, i rapporti prematrimoniali e un atteggiamento tollerante sull’omosessualità stavano perdendo membri così rapidamente che rischiavano di chiudere i battenti, mentre crescevano in modo spettacolare gruppi «pro life» e «pro family» come i mormoni e i pentecostali.
I quarant’anni successivi hanno dato ragione a Kelley. Qualche ingenuo ecclesiastico pensava che conformandosi alle opinioni dominanti avrebbe riempito le chiese. Invece le ha svuotate. Perché per sentire quello che già dicono fino allo stordimento i giornali, le televisioni e Internet non c’è bisogno di andare in chiesa. Dalla Chiesa si vuole una testimonianza controcorrente: non si chiede che incoraggi i nostri vizi – per quello, tutte le mattine, ci sono già i grandi quotidiani – ma che ci faccia riflettere e cerchi di renderci uomini e donne migliori. Dunque una preghiera ai vescovi del Sinodo: studiate i sondaggi, ma – se non volete organizzare l’eutanasia delle vostre diocesi – evitate accuratamente di adattare la vostra predicazione alle opinioni che dai sondaggi emergono come maggioritarie. Immagino che vi stia a cuore la verità. Ma – immaginando per pura ipotesi fantastica e non credibile che a qualcuno di voi della verità importi poco o nulla – pensate al serio rischio di ritrovarvi, come tanti colleghi di comunità protestanti «liberal», senza fedeli e senza lavoro.
© LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
Si dicono cattolici, parlano da protestanti – Obiettivo: cancellare la Humanae Vitae
Le prime risposte arrivate sul questionario in preparazione per il Sinodo sulla Famiglia sono sconcertanti: le Chiese di Germania, Austria, Svizzera e Belgio chiedono di cambiare la dottrina morale della Chiesa.
di Matteo Matzuzzi (08-02-2014)
La grande maggioranza dei fedeli cattolici rifiuta l’insegnamento della Chiesa cattolica in materia di morale sessuale. E’ questa la sintesi delle prime risposte al questionario su famiglia e matrimonio inviato alle diocesi lo scorso novembre, in vista del Sinodo straordinario di ottobre. Una constatazione, a quanto emerge dai rapporti diffusi in questi giorni, che accomuna la Chiesa tedesca a quella svizzera e a quella austriaca. Dall’Italia, invece, ancora nessun dato preciso. Solo la comunicazione – fatta dal segretario generale ad interim della Cei, mons. Nunzio Galantino – che la consultazione «ha riscontrato risposta pronta e capillare».
Se la prima realtà ad aver diffuso i risultati è stata la Conferenza episcopale svizzera – che ha scelto di formulare un questionario più completo e complesso rispetto a quello presentato in Vaticano lo scorso autunno e che ha ottenuto almeno venticinquemila risposte, non solo da cattolici – il caso più significativo è quello della Germania. Il presidente dei vescovi locali, mons. Robert Zollitsch (in uscita a marzo), l’aveva annunciato: «Al Sinodo faremo sentire la nostra voce». E le premesse, scorrendo le diciotto pagine del rapporto, ci sono tutte. Se i cattolici tedeschi ritengono che il matrimonio debba essere stabile e felice, sul resto tutto deve cambiare. L’insegnamento del Magistero romano riguardo gender, unioni omosessuali, relazioni prematrimoniali, ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti viene «respinto espressamente».
Viste le risposte date al questionario, i vescovi della più ricca Conferenza episcopale europea auspicano che il Vaticano apra a «nuovi approcci riguardo la morale sessuale». La traccia, dopotutto, è già segnata: basta riprendere in mano il documento diffuso a ottobre dall’ufficio per la cura delle anime di Friburgo, che in nome della misericordia e sull’esempio della «seconda possibilità» concessa dalla Chiesa ortodossa, autorizzava a riaccostare ai sacramenti i divorziati risposati. Un’iniziativa che non era stata fermata neppure dopo l’intervento del prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il tedesco Gerhard Ludwig Müller, il quale aveva ricordato che iniziative del genere possono essere intraprese solamente da Roma. Ma Zollitsch (vescovo emerito di Friburgo e attuale amministratore diocesano) aveva rispedito al mittente il monito, anche perché altri prelati connazionali si erano nel frattempo posti sulla stessa scia, come il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga.
La questione è chiara, rileva il rapporto diffuso qualche giorno fa: «La maggior parte dei fedeli considera la morale sessuale cattolica lontana dalla vita» e auspica che si archivino i pregiudizi di carattere etico nei confronti di chi è andato incontro a «fallimenti nel campo della famiglia o del matrimonio». E’ anche una questione educativa, spiegano i vescovi tedeschi: «I giovani non capiscono più le argomentazioni della Chiesa su questi temi» ed è sempre più ampia «la distanza tra la dottrina e la pratica ecclesiale». Ecco perché bisogna ripensare anche l’approccio riguardo il controllo artificiale delle nascite, «che quasi tutti i rispondenti approvano», e l’atteggiamento riguardo gli omosessuali. In merito a questo punto, si legge nel dossier, «si registra una marcata tendenza ad accettare come atto di giustizia il riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso, che dovrebbero ricevere la benedizione da parte della Chiesa».
Si tratta di considerazioni che consentono all’episcopato guidato da mons. Zollitsch di puntare il dito contro l’Humanae Vitae di Paolo VI, da cui promana la dottrina cattolica in fatto di morale sessuale. Un testo che il vescovo di Treviri, mons. Stephan Ackermann, invita ad archiviare al più presto. Conversando con il quotidiano Rhein Main Presse, il presule ha infatti detto che «non potendo cambiare completamente la dottrina della Chiesa», è bene avviare un «cambiamento profondo della morale cattolica». Il che si traduce innanzitutto in un «adeguamento ai tempi correnti» dell’insegnamento della Chiesa – concetto pressoché identico a quello espresso nella sintesi illustrata dai vescovi belgi, dove si parla di «adeguamento dei valori cristiani allo spirito dei tempi» – e in una riconsiderazione della questione omosessuale: «Non si può dire che sia qualcosa di innaturale».
Concetti talmente rivoluzionari che a stretto giro interveniva con un comunicato ufficiale che ha il sapore dell’altolà la diocesi di Ratisbona: «Tutte le questioni relative alla dottrina fondamentale della Chiesa non possono essere decise a livello diocesano o nazionale». Nient’altro che la ripetizione di quanto aveva detto poco più di un mese fa il prefetto Müller nel tentativo di bloccare il documento di Friburgo sul riaccostamento dei divorziati risposati ai sacramenti.
E di famiglia e matrimonio ha parlato venerdì anche il Papa, incontrando i vescovi polacchi a conclusione della loro visita ad limina apostolorum: la famiglia – ha ribadito Francesco – «è la cellula fondamentale della società», mentre il matrimonio «è spesso considerato una forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno». Visione che – ha aggiunto Bergoglio – «purtroppo influisce anche sulla mentalità dei cristiani, causando una facilità nel ricorrere al divorzio o alla separazione di fatto». E’ necessario, dunque, «che i pastori si interroghino su come assistere coloro che vivono in questa situazione, affinché non si sentano esclusi dalla misericordia di Dio».
© LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA