Chiesa povera, tasche gonfie: anche la CEI finanzia la Scuola di Bologna (che fa finta di non saperlo)

Non solo Miur e Emilia Romagna. A sostenere le catto-progressista Scuola di Bologna c’è anche la Cei, che ha erogato nel 2016 35mila euro per uno studio sulle Chiese non in comunione con Roma. Soldi dell’8 per mille giustificati con il Progetto culturale, che, nonostante fosse già chiuso nel 2015, Melloni & co hanno sempre disprezzato sotto Ruini. Infatti di questo finanziamento non fanno cenno nelle richieste. Perché? Il sospetto di una gestione opaca e di una mancanza di trasparenza da parte dei ricchi cantori della Chiesa povera. La nostra inchiesta.

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Che cos’hanno in comune Matteo Renzi e papa Francesco?

A prima vista, nulla. Invece…

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La CEI a Gentiloni: in ginocchio da te

Mentre le associazioni che hanno animato i Family Day e i genitori impegnati nella scuola esprimono preoccupazione per la nomina della Fedeli a ministro dell’Istruzione, i vertici della CEI – attraverso Avvenire e il Forum delle Famiglie – esprimono pieno appoggio al governo e si mettono a disposizione del neo-ministro.

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Con Renzi ha perso anche la “chiesa di papa Francesco”

Referendum e… accompagnamento pastorale: stupenda analisi di un “Querciolino errante”.

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Dai cattolici in politica ci guardi Iddio

Dagli Stati Uniti all’Italia, tra i politici cattolici è prassi diffusa quella di ridurre la fede a fatto privato. Causa ed effetto allo stesso tempo della rapida secolarizzazione e della mancanza di veri leader, come lo fu, ad esempio, il presidente ecuadoregno Gabriel Garcia Moreno, oltre un secolo fa. Oggi si può solo pregare e digiunare.

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Come si interpreta la ”misericordia” nell’arcidiocesi di Trento

“Misericordia” è solo uno slogan, ormai.

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Cattolici e politica, Civiltà cattolica è fuori tempo

Secondo la rivista dei gesuiti priorità dei cattolici in politica è salvaguardare la democrazia. Ma non è per questo che c’è la dottrina sociale. Civiltà Cattolica vuole essere democratica quando gli altri la democrazia l’hanno già mangiata con la dittatura del relativismo.

di Stefano Fontana (11/02/2014)

“Umano, troppo umano”, vien da pensare leggendo come La Civiltà Cattolica intende la presenza politica dei cattolici. Francesco Occhetta S.I. scrive infatti sulla rivista dei Gesuiti del 4 gennaio scorso: «La priorità per il mondo cattolico oggi non può che essere la cura della democrazia in tutte le sue forme; una cura da nutrire con i principi della dottrina sociale della Chiesa e con i principi costituzionali». Beh, devo dire che se essere cattolici nella società e in politica volesse dire questo chiederei subito di essere cancellato dalla lista.

Che la dottrina sociale della Chiesa serva a nutrire la democrazia e non a rendere gloria a Dio ordinando a Lui le cose temporali, riconoscendo che non c’è nessun ambito del Creato sottratto al dominio del Creatore; e, per di più, che la Costituzione della Repubblica italiana debba essere oggetto di fedeltà da parte dei cattolici così come la Dottrina sociale o il Vangelo, mi risulta ripugnante. Potrebbe andar bene per qualche “cattolico democratico” ma la prestigiosa rivista dei Gesuiti non dovrebbe appiattirsi su una sola letteratura cattolica. Anche perché, dopo l’attivismo del suo direttore, padre Antonio Spadaro, il quindicinale di Porta Pinciana ostenta una particolare sintonia con Papa Francesco, complicando non poco le cose.

In ossequio alla democrazia, o per prendersene cura, i deputati cattolici al Parlamento europeo hanno votato per la mozione Lunacek. In ossequio della Costituzione i vari “documenti di Portogruaro” aprono alle unioni civili sulla base non dell’omosessualità dei componenti la coppia, ma dei loro diritti individuali sanciti dalla Costituzione. Nel frattempo, però, gli altri usano la democrazia come arma per demolire l’identità umana e mentre i cattolici si sforzano di essere sempre più democratici, la democrazia sparisce sotto i colpi dell’ideologia gender, che impedisce la democraticissima libertà di parola, la soggettività educativa delle famiglie imponendo alle scuole i nuovi manuali di regime redatti dall’UNAR, e la stessa libertà delle nazioni, ossessionate dalla pressione degli Organismi internazionali. I cattolici arrivano così in ritardo: vogliono essere democratici quando gli altri la democrazia se la sono già mangiata.

E’ una vecchia storia. Dopo la “svolta antropologica” i cattolici hanno deciso che non dovevano più parlare di Dio ma dell’uomo. Nel frattempo, però, l’uomo non c’era più perché gli altri lo avevano distrutto, non per distruggere l’uomo ma per distruggere Dio. La secolarizzazione è un fatto cristiano – si diceva – e quindi i cattolici devono collocarsi sul piano della natura e della ragione, come tutti gli altri, e non della grazia e della fede, altrimenti sarebbero stati integralisti. Poi, però, la secolarizzazione ha distrutto non solo Dio ma anche la natura e la ragione e i cattolici, che nel frattempo avevano fatto un lungo percorso per arrivare proprio lì, non hanno trovato più niente, come Napoleone giunto a Mosca.

Si erano dati lo scopo di proporre non la religiosa centralità di Dio, ma la più democratica “antropologia cristiana”. Solo che spesso dimenticano di proporre l’antropologia dell’uomo redento e propongono invece l’antropologia dell’uomo così come è. Questa antropologia è incapace di salvarsi. Anche l’antropologia, come la democrazia, ha bisogno di redenzione. E come si può proporre l’uomo redento se non proponendo anche Dio e la religione?

Davanti ai nostri occhi si gioca una partita molto grossa: una partita non etica, o legislativa o politica, ma religiosa. Il mondo – sia esso il Comitato dei Diritti del Fanciullo dell’Onu o il Parlamento europeo, qualche Corte internazionale di giustizia oppure qualche singolo giudice – pretende di imporre i suoi dogmi religiosi. Parla dell’uomo, ma per parlare di Dio. Combatte la natura ma per combattere la sopranatura. Lotta per i diritti dell’uomo ma per negare quelli di Dio. Gli interessa demolire la famiglia ma per distruggere la Sacra Famiglia. Queste forze hanno in mente Dio, non l’uomo. La Civiltà Cattolica propone di affrontarle avendo in mente l’uomo e non Dio. Non capire questo punto significa non comprendere il livello dello scontro in atto e archiviare come privi di senso gli insegnamenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.

La cultura oggi dominante è debole e relativista. Dice che non si può sostenere nessuna verità Però affida alle Corti di Giustizia, ai Comitati ONU e ai Tribunali ordinari di stabilire, tramite sentenze metafisiche, cosa significhi essere persona, da quando si è persona, cosa sia la vita umana, quando cominci ad esserci, come debba essere la famiglia, cosa sia la morte, cosa significhi educare. Altro che pensiero debole! E’ un pensiero fortissimo, con la stessa valenza assoluta di una religione. E a questi nuovi dèi si vuole che i cattolici reagiscano con un loro pensiero debole? Un pensiero “umano, troppo umano”? Arriviamo in ritardo: abbandoniamo i dogmi per scegliere il dialogo democratico e costituzionale quando gli altri hanno imposto i loro dogmi alla democrazie e alle costituzioni.

© LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

Un tempo si sceglieva il martirio. Oggi il tradimento… però con tanto “dialogo”

Ora che il Moloch omosessualista, in un grandioso disegno egemonico (omosex über alles) mette le mani anche sui bambini, con la complicità degli imbelli governi occidentali, i rappresentanti della nuova civiltà cattolica in liquidazione fallimentare si adeguano, appesi come amebe ai propri filamenti lattiginosi.

di Patrizia Fermani (06/02/2014)

Quando ai cristiani veniva chiesto di adorare l’imperatore, pena la morte, essi scelsero la morte.

Non dissero “questa è una pratica inopportuna, che può turbare un corretto sviluppo delle nostre relazioni pubbliche e non dà spazio ad un confronto costruttivo in una società plurale; non risponde pienamente ai vantaggi offerti dal meticciato, non risponde alle esigenze educative di maturazione di generazioni adulte e consapevoli della ricchezza del dialogo tra diverse realtà esperienziali; bisognerebbe parlarne, magari confrontarsi nel pieno rispetto di tutte le idee, e soprattutto nel rispetto delle persone….”

No. Si fecero sbranare, crocifiggere.

Certo, adorare l’imperatore significava la negazione del primo comandamento. E a prima vista non sembrerebbe congruo paragonarla alle tergiversazioni, ai distinguo, alla esibizione di prudenza e tolleranza (la fortezza non va più di moda dai tempi del Papa buono) con cui da tanto tempo vengono affrontati dentro e fuori la Chiesa, ma sempre sotto il vessillo cattolico, tutti i pericoli che assediano la vita della società e ne minacciano ormai da vicino la stessa sopravvivenza. Pericoli e minacce che hanno a che fare con la violazione di altri comandamenti.

Tuttavia, se si pensa che il primo comandamento riassume in sé tutti gli altri perché questi manifestano quale sia la volontà di quell’unico Dio per l’uomo, ecco che l’accostamento non risulta affatto peregrino. Tanto più che per il momento non si tratterebbe di rimetterci la pelle, ma soltanto una poltrona, un arcivescovado, un posto in qualche congregazione vaticana, uno stipendio di vaticanista al passo coi tempi, o guadagnare l’inimicizia grave di quelle donne colte e illuminate che sputano addosso ad un raro prelato coraggioso, o delle parlamentari dedite a cattolicissime convivenze saffiche.

Ora che il Moloch omosessualista, in un grandioso disegno egemonico (omosex über alles) mette le mani anche sui bambini, con la complicità degli imbelli governi occidentali, i rappresentanti della nuova civiltà cattolica in liquidazione fallimentare si adeguano, appesi come amebe ai propri filamenti lattiginosi.

Senza neppure mostrare la grandezza diabolica del male che si manifesta come tale.

Essi rimangono infatti acquattati dietro alle parole magiche: diritto, libertà, uguaglianza, dignità, e giù a pioggia, che servono a nascondere impudentemente ogni nefandezza sull’esempio ben riuscito del vecchio e beffardo “Arbeit macht frei” che riempiva di comprensibile orgoglio gli ospiti involontari di Auschwitz.

Così approvano il demenziale rapporto Lunacek. I loro nomi sono: Prodi, Toia, Costa, Pirillo e Frigo; Zanicchi, Matera, Patriciello, Ronzulli.

Certo una sedia a Strasburgo, a Bruxelles o a Roma val bene di più di tutto il Decalogo, per non dire degli allegati paolini.

© RISCOSSA CRISTIANA

Verità della fede. Che cosa credere e a chi

cristianesimocattolico:

di Cristina Siccardi (06/02/2014)

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La Chiesa, Corpo mistico di Cristo, nel corso della sua bimillenaria storia è cresciuta e si è sviluppata, spinta, per mandato di Cristo, sia dal suo essere missionaria, sia dalle esigenze provocate dai suoi nemici (esterni ed interni).

Per rispondere ad attacchi, errori ed eresie, i suoi Pontefici si sono trovati a definire con massima precisione, a seconda dei casi, la dottrina della Chiesa, offrendo esplicitazioni chiare e prive di ambiguità; ciò è accaduto, per esempio, per il dogma dell’infallibilità pontificia, sancito nella costituzione dogmatica Pastor Aeternus (18 luglio 1870) durante il Concilio Vaticano I, come ricorda il professor Roberto de Mattei nel contributo Quando e perché il Papa è infallibile, contenuto nel libro uscito recentemente Verità della fede. Che cosa credere, e a chi. I criteri di discernimento, tra Magistero e teologia a cura di Gianni T. Battisti (Casa Editrice Leonardo da Vinci, pp. 199, € 20.00), libro che raccoglie gli interventi dei relatori della tavola rotonda che si è svolta a Rieti nel 2013 sul tema Le perle della buona teologia, organizzata dall’Associazione Internazionale Tomas Tyn e alla quale hanno partecipato, oltre a de Mattei, padre Giovanni Cavalcoli O.P., padre Serafino Lanzetta F.I., monsignor Antonio Livi e la dott.ssa Francesca Pannuti.

Lo storico de Mattei propone la chiave di lettura per comprendere come e quando l’azione del Papa è infallibile, essa è legata a tre requisiti essenziali: il soggetto che insegna; la materia su cui si esercita il suo insegnamento; il modo con cui l’atto di insegnare viene esercitato. Nel Medioevo il Decreto di Graziano precisa un principio tuttora valido: il Papa «a nemine est iudicandus, nisi deprehenditur a fide devius, ossia non deve essere giudicato da nessuno, a meno che non si allontani dalla fede» (p. 104), perciò «bisogna evitare di attribuire all’infallibilità del Papa un significato diverso da quello che gli attribuisce la Chiesa e che, se il Papa può errare (egli, seppure Vicario di Cristo in terra, rimane un uomo e non creatura perfetta ndr), vi sono casi in cui dal Papa è lecito dissentire» (p. 104).

Quindi resistere, in sede privata come in sede pubblica, a ordini ingiusti in natura di fede e di morale, è legittimo. Il tema dell’infallibilità pontificia è di grande attualità poiché la crisi della Chiesa ha assunto dimensioni drammatiche. Afferma il filosofo Monsignor Livi: «se ci sono periodi di crisi nella vita della Chiesa, questi dipendono sempre, essenzialmente, da quelle situazioni di confusione dottrinale che inducono in molti cuori il dubbio sulla verità rivelata e la fiducia nell’autorevolezza dei Pastori. È quanto succede in questi ultimi anni, a causa soprattutto di un sempre più evidente smarrimento, tra i fedeli, di quelli che in altri tempi erano i comuni criteri di discernimento riguardo a chi sia nella Chiesa un “maestro della fede” (…) è un problema che interpella la coscienza di tutti i fedeli» (pp. 21-22).

La confusione dottrinale è sempre causata da coloro che dovrebbero dichiarare e definire, ma preferiscono (soprattutto per compiacere la cultura del momento) esimersi da tale responsabilità, senza considerare il fatto che più si posticipa il problema e maggiore è il numero delle anime che si perdono. Mons. Livi precisa che negli ultimi cinquant’anni i teologi, caduti spesso nella tentazione di presentarsi come gli unici «maestri della fede» (p. 26), si sono permessi di squalificare non solo il magistero ordinario di Papi da loro considerati «reazionari», come il beato Pio IX, San Pio X, il Venerabile Pio XII, ma persino i Concili dogmatici di Trento e Vaticano I, riconoscendo come autorità somma le nuove direttive del Vaticano II, Concilio pastorale.

I cattolici «adulti», nati con il Vaticano II, pensano di essere tali perché slegano le questioni politiche (associative, pedagogiche, sanitarie, giuridiche ed economiche) da quelle naturali e soprannaturali; ma, ci ricorda il teologo padre Lanzetta: «La ragione non è autonoma né rispetto a Dio Creatore, né rispetto alla legge morale naturale e quindi ai beni inviolabili dell’uomo. La fede, poi, non ci autorizza a manipolare le realtà temporali e a spiegarle in modo nuovo con un discorso che trovi una sinergia tra credenti e non credenti o con altri in genere» (p. 187). Dio ha affidato all’uomo la terra e la vita affinché le coltivasse e le custodisse secondo le Sue leggi, ma l’uso improprio e insano del libero arbitrio, purtroppo anche fra gli uomini di Chiesa, conduce l’uomo lontano dalla Fede e dalla sua salvezza.

© CORRISPONDENZA ROMANA