Il compromesso tra la fede e il mondo di Giorgio La Pira

Giorgio La Pira (1904-1977) rappresenta il cristianesimo liberale e sociale, la Democrazia Cristiana statalista, il cristianesimo pauperista, quello «delle periferie» (secondo l’accezione di papa Bergoglio) ed ecumenico. Il suo modo di pensare la religione e l’amministrazione pubblica è pertanto in linea con il governo attuale della Chiesa.

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Università Cattolica: giuramento con “riserva interiore”

di Gianfranco Amato, da Cultura Cattolica (15/09/2012)

Ottantuno anni fa, per l’esattezza il 28 agosto 1931, veniva promulgato il Regio Decreto n. 1227, recante «Disposizioni urgenti sull’Istruzione superiore». Si tratta proprio di quel provvedimento normativo che conteneva il famigerato articolo 18, ovvero l’obbligo per i docenti universitari di prestare giuramento al potere politico, quale conditio sine qua non per poter accedere alla cattedra o per poterla mantenere. Un odioso ricatto perpetrato attraverso la seguente formula: «Giuro di essere fedele al Re, ai suoi reali successori e al Regime Fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di osservare l’ufficio di insegnante e adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al Regime Fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti, la cui attività non si concili coi doveri del mio ufficio». Pare che in tutta Italia furono solo una quindicina, su oltre milleduecento, i docenti che ebbero il coraggio di rifiutare il giuramento di fedeltà al fascismo, perdendo così la cattedra universitaria. 

Chi ritenga che tale episodio possa essere riferibile solo ad un triste e lontano passato, è subito servito. Le ideologie mutano i contenuti, ma non i metodi. Imperando nell’Italia 2012 la dittatura del relativismo, i docenti universitari sono ora sottoposti ad altre formule di giuramento, onde garantirsi o mantenersi la relativa cattedra. Accade ad un giovane docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, al quale viene draconianamente imposta la sottoscrizione del Codice Etico del medesimo Ateneo, per poter accedere alla possibilità d’insegnamento. Senza adesione ai principi del Codice, nessuna lettera d’incarico.

Essendo il giovane aspirante docente di fede cattolica, apostolica, romana (capita che ve ne siano anche presso l’Università Cattolica di Milano), egli nutre forti dubbi circa il contenuto del documento che è tenuto obbligatoriamente a sottoscrivere. La propria coscienza impedisce un’adesione acritica per le seguenti ragioni.

1) Non condivide il fatto che in tutte le trenta pagine che costituiscono tale Codice Etico, non si faccia, neppure una sola volta, un benché minimo riferimento alla Fede Cattolica, che connota fin dalla sua denominazione l’Ateneo milanese.

2) Non condivide il fatto che nel Preambolo del Codice, ove si precisano natura e finalità dell’Università, si faccia un generico riferimento al “cristianesimo”, senza mai citare una sola volta un benché minimo richiamo ai valori, agli ideali, ai principi della Fede Cattolica, ad onta della saggia regola secondo cui un’Istituzione che non riconosce le proprie radici non ha futuro.

3) Non condivide che nell’articolare le finalità dell’Università Cattolica si sia omesso ogni riferimento alla Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae, al Magistero ed alla dottrina sociale della Chiesa Cattolica.

4) Non accetta l’adesione acritica al Trattato dell’Unione Europea che viene incomprensibilmente imposta, atteso il pesante giudizio negativo espresso da Sua Eccellenza Mons. Dominique Marie Jean Rey, Vescovo di Frejus-Toulon, secondo cui tale documento «rappresenta in molti punti una rottura intellettuale e morale con le altre grandi formulazioni giuridiche internazionali, presentando una visione relativistica ed evolutiva dei diritti dell’uomo che mette in causa i principi del diritto naturale». Non dimentica neppure, tra l’altro, che gli estensori del Trattato che l’Università impone di far firmare, si siano ostinatamente rifiutati di richiamare, nel suo preambolo, le radici cristiane della cultura europea, nonostante i ripetuti ed accorati appelli del Beato Giovanni Paolo II, rimasti inascoltati. Valendo anche in questo caso, il principio per cui un’Istituzione che non riconosce le proprie radici non ha futuro, il giovane aspirante docente non comprende per quale ragionevole motivo debba essere costretto a riconoscere un simile Trattato “menomato”.

5) Non accetta il concetto di una discriminazione fondata sul cosiddetto «orientamento sessuale», in quanto tale criterio non è condiviso dal Magistero della Chiesa Cattolica, né tantomeno condivide le espressioni previste nel Codice Etico quali «genere» e «scelte familiari», frutti avvelenati dell’odierna cultura relativista coraggiosamente combattuta da Sua Santità Benedetto XVI.

6) Non accetta l’obbligo di sottoscrivere l’adesione a generici «valori fondamentali dell’integrità, dell’onestà, della legalità, della solidarietà, della sussidiarietà, dell’accoglienza, del dialogo, dell’eccellenza, del decoro, della valorizzazione del merito, delle capacità e delle competenze individuali, dell’uguaglianza, nonché della prevenzione e del rifiuto di ogni ingiusta discriminazione, violenza, abuso e attenzione impropria». Ritiene, infatti, che nel Codice Etico di un’Università Cattolica si dovrebbe aderire a valori meno generici, buoni forse per chi non ha la grazia di essere illuminato dalla Fede.

7) Non accetta l’eccessiva enfasi e la stessa collocazione all’art. 2 del Codice Etico, di una disposizione composta di ben quattro commi, intitolata «Abusi sessuali e morali», che pare figlia di una posizione culturale “sessocentrica”, tipica della società contemporanea.

8) Nutre, infine, fortissimi dubbi che il Codice Etico approvato – certamente configurabile quale «atto ufficiale dell’Università» – sia pienamente conforme alle disposizioni delle Norme Generali emanate nella citata Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae, con particolare riguardo all’art.2, § 4, delle stesse Norme («ogni atto ufficiale dell’Università deve essere in accordo con la sua identità cattolica»).

Eppure, non gli è consentita alcuna alternativa. L’adesione ai principi contenuti nel Codice Etico, rappresenta un requisito essenziale ed imprescindibile per poter insegnare presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Non so se il giovane aspirante docente entrerà a far parte della categoria dei coraggiosi quindici che rifiutarono il ricatto del famigerato articolo 18, o degli altri milleduecento codardi conformisti che si adeguarono alla violenza psicologica del potere. Questo riguarda la sua vita personale e la sua coscienza. Quello che si può constatare è quanto tutto ciò appaia penosamente triste. 

Un ultimo inciso di carattere storico. Pare che sia stato proprio Padre Agostino Gemelli a suggerire a Sua Santità Pio XI, l’idea del giuramento «con riserva interiore», un escamotage per consentire ai docenti cattolici di continuare ad insegnare nelle università italiane. Chissà cosa avrebbe pensato il fondatore della Cattolica, se qualcuno gli avesse detto che ottantuno anni dopo, quell’escamotage sarebbe potuto servire anche per la sua università. Forse nella Cripta della Cappella dell’Università Cattolica potrebbero notarsi anomali sommovimenti. E’ lì che è sepolto Padre Agostino Gemelli.

L’ultimo articolo pubblicato su questo argomento è: IL “CODICE ETICO” DELL’UNIVERSITA’ CATTOLICA E’ ANCORA “AD EXPERIMENTUM”, MA HA GIA’ SUSCITATO UN PUTIFERIO – di Mauro Faverzani, nel quale trovate anche i link per gli articoli precedenti.

Cuor Sacro o cuor profano?

Da Paray le Monial, all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ai nostri giorni: pagine di storia che fanno riflettere e inducono a lottare in ginocchio.

di Suor Maria Gloria Riva, da Cultura Cattolica (19/02/2012)

Era l’inizio dell’estate del 1689 quando, nell’allora sconosciuto Monastero di Paray le Monial, Gesù appare per l’ennesima volta a una monaca della visitazione, Margherita Maria Alacoque, affidandole il compito di invitare re Luigi XIV, il re sole, a un atto di riparazione in onore del suo Sacro Cuore. Gesù, attraverso l’umile monaca, rammenta al sovrano la sua nascita miracolosa (la madre Anna d’Austria lo partorì dopo 23 anni di matrimonio grazie al voto di consacrazione della Francia alla Vergine Maria fatto da Luigi XIII e celebrato nell’agosto 1638. Luigi XIV nacque il 5 settembre del medesimo anno) e lo invita a fare una solenne consacrazione nazionale al Cuore di Gesù ponendo anche l’immagine del Sacro Cuore al centro della bandiera francese.

Re Luigi XIV, lo sappiamo dalla storia, non fece nulla di tutto questo. Ascoltando il chiacchiericcio di corte, i brusii degli immancabili pettegoli, compresi i duca d’Este che alloggiavano esiliati in Francia, il sovrano ignorò completamente l’invito. Tutti rammentarono al giovane e sprovveduto re, quanto le altre corti europee avevano preso in giro il padre per aver fatto quel voto di consacrazione alla Vergine che lo aveva visto nascere, così, più che i fatti della storia, poterono sul sovrano le lingue dei mali consiglieri.

Cent’anni dopo in un’altra estate, quella del 1789, un altro Luigi, questa volta XVI, ripensò a questi fatti. 

Re Luigi XVI alle prese con una rivoluzione che cambierà la storia dell’Europa, la Rivoluzione Francese, ritrattò la firma che aveva concesso per la costituzione civile del clero (che provocò in Francia una persecuzione senza precedenti e l’uccisione di migliaia di sacerdoti e religiosi/e) fece ammenda onorevole e s’impegnò a consacrare la Francia al Sacro Cuore. Era troppo tardi: il re fu destituito il 10 agosto del 1792 e morì ghigliottinato il 21 gennaio 1793.

Da quel momento però una sorta di febbre del Sacro Cuore attraversò la Francia e l’Europa e basterebbe citare l’insurrezione della Vandea (1793-1795) per rendercene conto: il Cuore di Gesù divenne una sorta di simbolo contro-rivoluzionario. È da questi eventi che maturerà, in seguito, l’idea di un monumento nazionale dedicato al Sacro Cuore di Gesù, realizzato poi a Montmartre nel 1870.

In questo stesso 1870 nasce, almeno sul piano embrionale, l’idea sostenuta da molti esponenti delle correnti culturali cattoliche guidate dall’economista e sociologo italiano Giuseppe Toniolo, di una Università cattolica. Toniolo, prima di morire, nel settembre del 1918 raccomanderà a padre Agostino Gemelli e ai suoi collaboratori di realizzare l’Università: «Io non vedrò la fine della guerra –disse Tonioli- ma voi, appena essa è terminata, fatela, fatela, l’Università Cattolica».

Ebbene sfogliando così, anche solo superficialmente queste pagine di storia, mi sono sorpresa e sono rimasta profondamente colpita dai fatti recenti che hanno come protagonista proprio l’Università Cattolica di Milano.

Leggo sul sito del Centro Studi Jean d’Arc, notizia rilanciata anche dal portale CulturaCattolica.it, che l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha adottato un Codice Etico che fa propri i principi ispiratori della Costituzione della Repubblica Italiana e del Trattato sull’Unione europea, come modificato a Lisbona il 13 dicembre 2007. Ogni studente – tra l’altro – è tenuto a sottoscriverlo entro il 30 giugno 2012.

Quello che sgomenta è che il trattato in questione, come ha evidenziato S.Ecc. Mons. Dominique Marie Jean Rey, Vescovo di Frejus-Toulon, «rappresenta in molti punti una rottura intellettuale e morale con le altre grandi formulazioni giuridiche internazionali, presentando una visione relativistica ed evolutiva dei diritti dell’uomo che mette in causa i principi del diritto naturale».

Come mai una Università quella di Milano, che vede la sua nascita legata alla difesa dei principi cattolici in un mondo che andava scristianizzandosi, che porta un titolo Sacro Cuore appunto, che era simbolo stesso di questa lotta contro le rivoluzioni laiciste, oggi obbliga i suoi studenti a sottoscrivere un Codice etico contrario ai principi stessi che l’hanno vista sorgere?

È il caso di chiedersi sotto quale Cuore pulsa la vita della più famosa università italiana? Cuor Sacro o Cuor profano?

Lascio ai lettori le conclusioni. Certo è che il livello di degrado culturale e di sbandamento ideologico tocca in questo fatto uno dei punti più alti.

Forse l’arma migliore stando alla storia delle rivelazioni private cattoliche (come quelle di santa Margherita Maria Alacoque) resta la consacrazione al Cuore di Gesù di ciascuno di noi, delle nostre famiglie e la recita quotidiana della coroncina al Sacro Cuore.

L’Università Cattolica non è mai stata cattolica

di Gianfranco Amato, da Cultura Cattolica (15/06/2012)

Anche Italia Oggi si è accorta della notizia: Nel codice etico della Cattolica il rispetto del trattato di Lisbona.

«In una Università cattolica gli ideali, gli atteggiamenti e i principi cattolici permeano e informano le attività universitarie conformemente alla natura e all’autonomia proprie di tali attività», «le implicazioni morali, presenti in ciascuna disciplina, sono esaminate come parte integrante dell’insegnamento della stessa disciplina (…), e la teologia cattolica, insegnata in piena fedeltà alla Scrittura, alla tradizione e al magistero della Chiesa, offrirà una chiara conoscenza dei principi del Vangelo, la quale arricchirà il significato della vita umana e le conferirà una nuova dignità» (punti 14 e 20 della Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae emanata dal Romano Pontefice, il Beato Giovanni Paolo II, il 15 agosto 1990).

Così era l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano che io ho conosciuto, ho frequentato ed in cui mi sono laureato, una trentina di anni fa. Prima, quindi, che lo stesso Ateneo decidesse di dotarsi del recente Codice Etico, alla cui sottoscrizione gli studenti sono peraltro obbligati. Si tratta di un testo di trenta pagine in cui aleggia ambiguamente una perniciosa vena relativista intrisa della più venefica political correctness. Trenta pagine in cui non viene fatta neppure una sola menzione a concetti quali Chiesa Cattolica, Papa, Magistero, Tradizione. Con buona pace della Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae. 

Come ha giustamente denunciato il Centro Studi Jean d’Arc, all’art.1 del Preambolo del Codice Etico si accenna solamente ad un generico «Cristianesimo», senza alcun richiamo alla Fede Cattolica, mentre all’art. 2, lett. e), si invitano gli studenti, i docenti e il personale dell’Università al «rispetto dei principi ispiratori della Costituzione della Repubblica Italiana e del Trattato sull’Unione europea, come modificato a Lisbona il 13 dicembre 2007». E’ lo stesso trattato, peraltro, che secondo quanto evidenziato da S.E. Mons. Dominique Marie Jean Rey, Vescovo di Frejus-Toulon, «rappresenta in molti punti una rottura intellettuale e morale con le altre grandi formulazioni giuridiche internazionali, presentando una visione relativistica ed evolutiva dei diritti dell’uomo che mette in causa i principi del diritto naturale». La parte del Codice Etico dedicata, poi, alle «Disposizioni comuni», rigorosamente ispirata al politically correct, gronda pure di venature relativiste, le stesse contro cui continua a combattere, con ostinato coraggio, Sua Santità Benedetto XVI. Tra le varie perle se ne può scegliere una in particolare. L’art.1, ad esempio, si incarica di vietare ogni forma di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale di una persona. La stessa generica forma, fumosa ed ambigua, utilizzata dai sacerdoti del politicamente corretto per bollare di omofobia chiunque osi solamente accennare alle chiare ed univoche posizioni della Chiesa Cattolica in materia. Com’è noto, infatti, per i cattolici l’orientamento sessuale non può costituire una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc., rispetto alla non-discriminazione, perché diversamente da queste, essa appartiene oggettivamente alla sfera etico-morale. E vi sono ambiti nei quali non può considerarsi ingiusta discriminazione il fatto di tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido.

Il Magistero della Chiesa Cattolica sul punto è chiarissimo, come attesta un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, che merita di essere testualmente riportato in alcuni suoi passi:

2. Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone, incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale. Fra gli altri diritti, tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all’abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato. Ciò è talvolta non solo lecito ma obbligatorio, e inoltre si imporrà non solo nel caso di comportamento colpevole ma anche nel caso di azioni di persone fisicamente o mentalmente malate. Così è accettato che lo stato possa restringere l’esercizio di diritti, per esempio, nel caso di persone contagiose o mentalmente malate, allo scopo di proteggere il bene comune. 

13. Includere la “tendenza omosessuale” fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta “affirmative action” o trattamento preferenziale nelle pratiche di assunzione. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all’omosessualità, che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell’omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell’omosessualità. L’omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a una asserita discriminazione e così l’esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l’affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali.

14. La “tendenza sessuale” di una persona non è paragonabile alla razza, al sesso, all’età, ecc. anche per un’altra ragione che merita attenzione, oltre quella sopramenzionata. La tendenza sessuale di un individuo non è in genere nota ad altri a meno che egli identifichi pubblicamente se stesso come avente questa tendenza o almeno qualche comportamento esterno lo manifesti. Di regola, la maggioranza delle persone a tendenza omosessuale che cercano di condurre una vita casta non rende pubblica la sua tendenza sessuale. Di conseguenza il problema della discriminazione in termini di impiego, alloggio, ecc. normalmente non si pone.

Le persone omosessuali che dichiarano la loro omosessualità sono in genere proprio quelle che ritengono il comportamento o lo stile di vita omosessuale essere “indifferente o addirittura buono”, e quindi degno di approvazione pubblica. È all’interno di questo gruppo di persone che si possono trovare più facilmente coloro che cercano di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile, coloro che usano la tattica di affermare con toni di protesta che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali (…) è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione. Inoltre, vi è il pericolo che una legislazione che faccia dell’omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge.

Ebbene, è ora lecito domandarsi se, stando al nuovo Codice Etico dell’Università Cattolica, gli studenti potranno ancora sostenere – senza per questo passare per discriminatori – che l’omosessualità rappresenta una «grave depravazione» (Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10.), che i suoi atti «sono intrinsecamente disordinati» (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana), e «contrari alla legge naturale», poiché «precludono all’atto sessuale il dono della vita e non costituiscono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale» (art. 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica). Potranno sostenere che non deve essere giuridicamente riconosciuto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e che non deve essere consentita la possibilità di adozione per le coppie omosessuali? Potranno sostenere che l’orientamento sessuale non può essere riconosciuto come un diritto fondamentale dell’uomo?

La citata costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae contiene anche delle Norme Generali basate sul Codice di diritto canonico, del quale rappresentano un ulteriore sviluppo, e sulla legislazione complementare della Chiesa, norme che valgono per tutte le Università cattoliche e per le Istituzioni cattoliche di studi superiori in tutto il mondo (fermo restando il diritto della Santa Sede di intervenire, ove ciò si renda necessario). Ebbene, i quattro paragrafi dell’art.2 di tali disposizioni normative, intitolato «la natura di una Università Cattolica», meritano di essere testualmente riportati:

§ 1. Un’Università cattolica, come ogni Università, è una comunità di studiosi che rappresenta vari rami del sapere umano. Essa si dedica alla ricerca, all’insegnamento e a varie forme di servizi rispondenti alla sua missione culturale.

§ 2. Una Università cattolica in quanto cattolica, ispira e svolge la sua ricerca, l’insegnamento e tutte le altre attività secondo gli ideali, i principi e gli atteggiamenti cattolici. Essa è collegata alla Chiesa o per il tramite di un formale legame costitutivo e statutario, o in forza di un impegno istituzionale assunto dai suoi responsabili.

§ 3. Ogni Università cattolica deve manifestare la propria identità cattolica o con una dichiarazione della sua missione, o con altro appropriato documento pubblico, a meno che non sia autorizzata altrimenti dalla competente autorità ecclesiastica. Essa deve provvedersi particolarmente mediante la sua struttura e i suoi regolamenti, dei mezzi per garantire l’espressione e il mantenimento di tale identità in modo conforme al § 2.

§ 4. L’insegnamento cattolico e la disciplina cattolica devono influire su tutte le attività dell’Università, mentre deve essere pienamente rispettata la libertà della coscienza di ciascuna persona. Ogni atto ufficiale dell’Università deve essere in accordo con la sua identità cattolica.

Poiché il Codice Etico non può non considerarsi un «atto ufficiale dell’Università», i suoi estensori sono proprio sicuri che esso sia anche «in accordo con l’identità cattolica», secondo quanto previsto dall’art.2, § 4, delle Norme Generali emanate nella menzionata Costituzione Apostolica? Io mi permetto sommessamente di nutrire fortissimi dubbi in proposito.

Qui come viene introdotto sul sito della Università Cattolica del Sacro Cuore:

Di fronte alla crescente complessità dell’istituzione universitaria e della sua vita quotidiana, l’Università Cattolica ha deciso di riaffermare i propri principi e valori fondamentali, definendo regole più funzionali per garantire l’efficacia e la trasparenza dell’intera struttura. Importante tappa di questo processo è l’introduzione, a partire dal 1° novembre 2011, del Codice Etico e del Modello organizzativo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

La prima novità riguarda il Codice Etico. Il testo, collocato nel solco dei valori che intessono lo Statuto dell’Università, raccoglie le regole di condotta che sempre più dovranno costituire un punto di riferimento per indirizzare i comportamenti di ciascuno, così da offrire risposte articolate, motivate ed eticamente responsabili, agli interrogativi e ai problemi originati dalla fluidità delle attuali reti relazionali, sociali, professionali.

L’Università Cattolica non ha un codice etico cattolico

di Centro Studi Jeanne d’Arc – Milano

Recentemente, l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha pubblicato un Codice etico – una sorta di magna charta dell’Ateneo – che dovrà essere sottoscritto da tutti gli studenti, pena l’inibizione della pagina personale dello stesso studente.

Non ci sarebbe nulla di male se il Codice etico fosse stato plasmato sulla dottrina della Chiesa Cattolica e il buon senso. Ma così non è: il documento dell’Università, infatti, è una mixture di relativismo e politicamente corretto. Alcuni esempi:

Nel Preambolo del Codice etico (art. 1), si fa riferimento solamente ad un generico «Cristianesimo», senza alcun richiamo al Cattolicesimo. Non c’è, inoltre, nelle trenta pagine che compongono il Codice etico, alcun riferimento alla Chiesa Cattolica ed al suo Magistero, al Santo Padre, alla Fede. Come è possibile, per un Ateneo cattolico, continuare a dirsi tale se esso ha persino vergogna di richiamarsi a sua madre, Santa Romana Chiesa? Perché, inoltre, non viene citata la Costituzione apostolica Ex corde Ecclesiae sulle università cattoliche?

Nel comma E dell’art. 2 del Preambolo, si invitano gli studenti, i docenti e il personale dell’Università al «rispetto dei principi ispiratori della Costituzione della Repubblica Italiana e del Trattato sull’Unione europea, come modificato a Lisbona il 13 dicembre 2007». Ma come è possibile accettare un Trattato che – come ha affermato mons. Rey, Vescovo di Frejus-Toulon – «rappresenta in molti punti una rottura intellettuale e morale con le altre grandi formulazioni giuridiche internazionali, presentando una visione relativistica ed evolutiva dei diritti dell’uomo che mette in causa i principi del diritto naturale» e contro il quale si è espresso lo stesso Santo Padre?

Nella parte riguardante le «Disposizioni comuni» sono presenti veri e propri errori dottrinali che sono frutto del relativismo e di una concezione fondata sull’edonismo (errori contro cui Benedetto XVI sta lottando con forza).

All’art. 1 si afferma, per esempio, che non è possibile fare alcuna discriminazione riguardante l’orientamento sessuale di una persona. Ci chiediamo, per esempio, se citare il De pastorali personarum homosexualium cura, in cui si legge «occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata», costituisca una discriminazione.

Ci pare, inoltre, una caduta di stile porre – come secondo articolo – quello riguardante gli abusi sessuali «definiti come richieste di favori sessuali, e/o proposte indesiderate di prestazioni a contenuto sessuale, e/o atteggiamenti o espressioni verbali degradanti aventi a oggetto la sfera personale della sessualità rivolti a una persona». Ci pare che qui l’Università sposi quell’ideologia “sessocentrica” così diffusa nel mondo.

Riportiamo qui di seguito le precisazioni che ci sono state fornite da studenti dell’Ateneo:

1. La pagina personale dello studente è lo strumento attraverso il quale lo studente organizza la sua vita universitaria: scelta dei corsi da seguire; iscrizione ad esami; stesura del piano di studio. Rappresenta, insomma, la postazione attraverso la quale lo studente organizza il suo futuro universitario.

2. La non presa visione del codice etico da parte dello studente comporta l’inibizione della pagina personale dello studente stesso. Ciò comporta l’impossibilità di iscriversi ad esami.

3. Il CUIB (Comitato Universitario Iniziative di Base) ha scritto più volte alla Direzione di Sede per chiedere informazioni riguardo al Codice etico e sulle frasi pericolose in esso contenute, ma mai è arrivata una parola definitiva.

4. L’università non ha presentato in maniera chiara il Codice etico, tanto che alcuni professori (penso anche ad un importante Direttore di Dipartimento dell’Ateneo) non ne sapevano nulla.