Anche il libero aborto è diventato materia di contesa. Due vescovi a duello.
di Sandro Magister (02-02-2023)
Certo può stupire che un vescovo abbia ritenuto necessario intervenire in difesa di una dottrina a prima vista fuori discussione, dentro la Chiesa: l’intangibilità di ogni nuova vita umana fin dal suo concepimento. Il vescovo è Domenico Sorrentino (nella foto), 74 anni, pastore delle diocesi di Assisi, Nocera Umbra, Gualdo Tadino e Foligno, già segretario in Vaticano della congregazione per il culto divino. L’ha fatto con un articolo di due pagine sulla storica rivista cattolica della città natale di san Francesco, “Rocca”, nel suo ultimo numero in data 1 febbraio.
Eppure una ragione c’è, e non da poco. Perché pochi mesi prima, su questa stessa rivista, un altro vescovo molto stimato, Luigi Bettazzi, 99 anni, l’ultimo vescovo italiano ancora in vita che abbia preso parte al Concilio Vaticano II, ha contestato risolutamente proprio quella dottrina, sostenendo che si è “persona umana” solo “dopo il quarto/quinto mese” di gravidanza, e quindi prima di questa data l’aborto non è un omicidio e nemmeno un peccato, se compiuto con buone motivazioni.
È stato su “Rocca” del 15 agosto che Bettazzi ha sostenuto questa tesi dirompente. E a metà novembre, sempre sulla stessa rivista, anche un affermato teologo moralista, Giannino Piana, è intervenuto a dargli man forte. Settimo Cielo ne ha dato notizia il 23 novembre in questo post:
> Libero aborto fino al quinto mese. Un vescovo e un teologo spiegano perché
A Bettazzi e Piana, il vescovo di Assisi obietta e spiega che le ragioni da loro addotte non possono essere approvate. Certo, ammette, la dottrina cattolica “conosce uno sviluppo”, ma non “nella direzione opposta” da loro percorsa, cioè all’indietro, riesumando come loro fanno “la teoria medievale dell’animazione ritardata del feto”. Perché le moderne scoperte scientifiche hanno ormai accertato che “fin dal concepimento si ha a che fare con un essere umano ben individuato, con un suo patrimonio genetico che lo caratterizza per tutta la vita”, fin da subito “altro” rispetto alla madre.
E questo nuovo essere umano, prosegue Sorrentino, è dal primo istante anche “persona”. Lo è per ragioni “filosofiche e giuridiche, in connessione con la genetica e la biologia”. Lo è anche per chi non crede in un’anima immortale infusa da Dio nell’ovulo appena fecondato.
All’obiezione di Bettazzi, il quale dal fatto che molti ovuli fecondati si perdono prima di annidarsi nell’utero materno derivava la domanda: “Allora anche la natura uccide il 40 per cento degli esseri umani?”, Sorrentino risponde: “Chi ci autorizza a considerare gli ovuli non annidati semplicemente perduti? Non possiamo che entrare in punta di piedi nella logica della natura e del Creatore, quando si tratta del mistero della vita nella sua espressione così multiforme e in gran parte inafferrabile. Qui siamo davvero tra terra e cielo”.
Anche al primato che Bettazzi accordava all’intuizione più che alla ragione, cioè a quell’intuizione che induce a riconoscere come “persona” solo l’essere umano già ben formato e capace di respirare, dopo il quarto o quinto mese di gravidanza, Sorrentino replica mettendo in guardia dallo “scambiare la conoscenza intuitiva con quella prescientifica”, perché allora “rischieremmo di credere ancora che sia il sole a girare attorno alla terra”.
“In ogni caso – prosegue il vescovo di Assisi – la discussione su quando l’uomo diventa persona aiuta poco a rendere meno grave il peccato di aborto, giacché la semplice fondata probabilità che lo zigote sia un essere umano comporta il dovere di rispettarne il diritto alla vita”. Ma attenzione – avverte – a non riversare parole come “omicidio” sulla donna che ha scelto di abortire. “Umanamente e pastoralmente si dovranno sempre misurare le parole, per dire la verità senza crocifiggere le persone, aprendole delicatamente a una consapevolezza riparatrice, alla misericordia rigenerante, alla speranza”.
E come giudicare una legge che consente l’aborto, come quella in vigore anche in Italia? Sorrentino esclude che la sua applicazione possa essere considerata, a determinate condizioni, un “male minore”, come asserito dal teologo Piana. “Le leggi che hanno liberalizzato l’aborto hanno favorito una cultura che si è abituata alla sua pratica considerandola persino un diritto. L’omologazione culturale, morale e politica su questo tema è ormai un tabù. C’è bisogno di tutto il coraggio della profezia per dichiararsi pubblicamente a favore del rispetto della vita di ogni concepito. È però una profezia di cui l’umanità di domani ci ringrazierà”.
In concreto, prosegue Sorrentino, ciò che va fatto è “alleviare il peso delle donne, quando tutto le spinge ad abortire. Ritengo si debba investire di più in una cultura della fraternità, che si declini anche in specifico aiuto alla donna-madre in difficoltà, nel solco di quanto fanno i Centri di Aiuto alla Vita”.
Conclude il vescovo di Assisi:
“Nella menzionata riflessione su conoscenza razionale e conoscenza intuitiva, monsignor Bettazzi attribuisce quest’ultima, in modo speciale, alla donna, per lasciare a lei la competenza nel riconoscere l’essere umano nel suo grembo, traendone anche la conclusione che spetti principalmente, se non esclusivamente, a lei decidere se portare avanti o interrompere una gravidanza, nell’arco dei primi quattro/cinque mesi. Guardando al volto delle mamme, mi sembra una deduzione tanto triste. […] In realtà è non meno intuitivo quanto ognuno di noi percepisce di sé. Ed io so (e credo proprio di non essere il solo!) che risalendo in su nella mia vita, arrivo a quella piccolissima cellula che la mia mamma Irene – sia benedetta! – ebbe cura di non espellere dal suo grembo. Non sapeva nulla – lei con la quinta elementare – del DNA, e quant’altro. Ma sapeva (intuiva?) che quella creaturina invisibile (forse solo sospettata, comunque attesa) nel suo grembo ero io. Piccolissimo. Fragilissimo. Ma ero proprio io. E ne ringrazio infinitamente il buon Dio”.
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Il testo integrale dell’articolo del vescovo di Assisi Domenico Sorrentino, su “Rocca” del 1 febbraio 2023:
> Aborto. Quel concepito ero io
(Fonte: Settimo Cielo)