Anche i processi di canonizzazione, hanno subito delle profonde modifiche come tutti gli ambiti della Chiesa dopo il Vaticano II. Oggi i Papi danno il loro assenso a tali processi seguendo non ciò che ha sempre sostenuto la Chiesa in materia di beatificazioni e canonizzazioni, ma secondo logiche mondane.
di Cristina Siccardi (21-07-2018)
Anche i processi di canonizzazione, gestiti dalla Congregazione delle cause dei Santi, hanno subito delle profonde modifiche come tutti gli ambiti della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II. Oggi i Papi danno il loro assenso a tali processi seguendo non ciò che ha sempre sostenuto la Chiesa in materia di beatificazioni e canonizzazioni, ma secondo logiche mondane. Infatti, la stessa scelta di alcuni candidati all’onore degli altari è cambiata perché soggetta a scopi di carattere politico ed ideologico. Basti pensare a due recenti casi: Giorgio La Pira e Aldo Moro, di cui si possono trovare riferimenti in due articoli pubblicati su Corrispondenza Romana (qui e qui).

I santi sono coloro che vivono e muoiono in Grazia di Dio, avendo esercitato tutte le virtù in grado eroico, vivendo le realtà terrene alla luce di quelle soprannaturali e imitando Cristo, la seconda Persona della Trinità, incarnatosi per morire sulla Croce e dare la possibilità a ciascuna persona di salvarsi. I santi, degni di sacro culto e indicati dalla Chiesa a modello per i fedeli, nonché possibile motivo di conversione per i non credenti, sono testimoni della Fede e non interpreti di correnti politiche. Da alcuni decenni, invece, si propongono esempi distanti da questi parametri, compiendo “santificazioni” laiche, scegliendo eroi-miti di una comunità oppure di un’ideologia o di un’epoca, che divengono loro simbolo.
La questione inerente il fatto che il santo può essere opportuno ed utile esempio da additare in un determinato periodo storico è di indiscutibile rilevanza. Soltanto nel 1900 venne canonizzata Santa Rita da Cascia, dopo 500 anni dal suo dies natalis. Perché dopo così tanto tempo per un culto che localmente, cioè in Umbria, era formidabile da secoli? Perché era giunta per la Chiesa la necessità di dare alle spose e alle madri di tutto il mondo un riferimento esemplare. Ed è proprio per questa ragione che oggi, quando la confusione di valori, di dottrina, di principi è immensa; quando le violazioni del diritto naturale e divino imperversano, pretendendo anche di trasformare le proprie perversioni in diritti; quando vengono meno linee guida solide e sicure, urgono modelli di santità che riconducano alla verità ed ai valori cattolici eterni.
È scandaloso, perciò, che i Pastori indirizzino l’attenzione delle anime a personalità che soddisfano una certa porzione di Chiesa atta a seguire eroi per il mondo e non eroi per il Cielo, così da appagare aspirazioni progressiste, liberali, relativiste, ecumeniche, protestanti, globaliste… Pensare sante figure come Alcide De Gasperi, padre Pedro Arrupe Sj, l’arcivescovo Hélder Pessoa Câmara, il vescovo Tonino Bello, don Zeno Saltini, don Primo Mazzolari, già tutti dichiarati Servi di Dio, è inammissibile: avere buone intenzioni – ammesso che le avessero – non è mai stato un requisito sufficiente, e mai lo potrà essere, per essere santi!
Paolo VI rifiutò di canonizzare «per acclamazione Giovanni XXIII» alla chiusura del Vaticano II[1] perché sosteneva che, se si voleva santo papa Roncalli, prima bisognava canonizzare Pio XII e che era necessario un iter processuale. Tra i moderatores era stato l’arcivescovo di Bologna Giacomo Lercaro a raccogliere forti sollecitazioni in questo senso. Già nel novembre 1964 un sacerdote vicentino si era indirizzato all’arcivescovo per chiedere la canonizzazione in Concilio del «carismatico Parroco del Mondo Papa Giovanni»: «Il Papa Buono che in morte ha visto il mondo unito, lo rimostrerebbe riunito in una sua recente esaltazione al cospetto del Concilio da Lui voluto e penso da Lui anche assistito. Anche il mondo ha i suoi carismi e la universale intuizione è signum veritatis che i Padri a loro volta sapranno regolare. Il mondo canonizza Papa Giovanni. Lo canonizzi anche il concilio»[2].

Era stato il perito personale di Lercaro al Concilio, Giuseppe Dossetti, a redigere il testo di una conferenza letta dall’arcivescovo di Bologna il 23 febbraio 1965 all’Istituto Sturzo di Roma, nell’ambito di un ciclo di seminari su I Cattolici Italiani dall’800 ad oggi[3]: l’idea di una profonda unità in Roncalli tra dimensione spirituale e dimensione di governo costituiva il filo rosso dell’intervento di Lercaro; per l’Arcivescovo di Bologna coloro che rivolgevano la loro attenzione «soprattutto alla luce spirituale» di Giovanni XXIII non potevano «non convenire che il carisma proprio di papa Giovanni ha portato in lui una tale unificazione tra natura e grazia, tra vita interiore e azione di governo, tra servizio ecclesiale e servizio semplicemente e universalmente umano, che non è possibile oggi considerare e ammirare la sua santità, senza accettare sinceramente e cercare di comprendere fino in fondo le intenzioni essenziali del suo governo e del suo magistero ecclesiale e storico»[4].
Giovanni XXIII è stato beatificato il 3 settembre 2000 per volere di Giovanni Paolo II ed è stato canonizzato il 27 aprile 2014 “ad ogni costo” da Francesco, senza neppure il placet divino, visto che non è avvenuto il miracolo necessario per un corretto iter di canonizzazione.
I santi sono coloro che rappresentano il volto e il cuore di Nostro Signore Gesù in terra, pertanto non possono essere utilizzati come pedine e i loro posti non possono neppure essere usurpati da figure sacralmente indegne. Nella contabilità delle beatificazioni e delle canonizzazioni, Papa Francesco ha superato, in quantità, quelle realizzate da Giovanni Paolo II. Una Chiesa Santa in terra si conta dalla qualità dei suoi santi e non dalla quantità. Anzi, un numero eccessivo si beatificazioni e canonizzazioni, quasi si volesse gareggiare con i record, tende inevitabilmente a sminuire e svilire di fronte al mondo il ruolo del santo.
Il santo, infatti, è persona straordinaria e non ordinaria, perché “eletta”, cioè scelta, da Dio per venire nel mondo a portare la Sua luce, il Suo insegnamento, la Sua Verità, la Sua Bellezza, la Sua Misericordia, la Sua Giustizia. Il santo, quindi, non è mai ordinario, ma sempre straordinario, a differenza di ciò che si dice da cinquant’anni a questa parte: tutti sono chiamati alla santità, ma pochi la raggiungono (la porta del Paradiso è stretta, come ricorda il Vangelo) e ancor meno sono coloro che degnamente raggiungono l’onore degli altari per volontà della Chiesa, e gli altari appartengono solo a Cristo.
Chi mai potrà congiungere le mani e piegare le ginocchia per pregare davanti ad un altare dedicato ad un mito? Tuttavia è ciò che accade oggi, calpestando ogni tipo di logica e di norma atti a dichiarare, nella verità e nella giustizia del diritto sia divino che ecclesiale, un fedele degno di entrare nell’ordinamento della Chiesa di Roma, specchio dell’ordinamento divino: Servo di Dio, Venerabile, Beato, Santo.
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NOTE
[1] Sulle sue iniziative conciliari al riguardo cfr. L. Bettazzi, Una Chiesa per tutti, Roma 1971, pp. 363-373, e A. Melloni, La causa Roncalli, La causa Roncalli. Origini di un processo canonico, in Cristianesimo nella storia, 18 (1997)/3, pp. 617-620 e 625. Nella propria deposizione processuale Mons. Martimort, favorevole al progetto di una canonizzazione di Giovanni XXIII «per acclamazione», ha ricordato di aver aiutato Bettazzi per consentirgli di intervenire in aula sull’argomento, Parigi (3), 99ª [19.03.1970], p. 434.
[2] Lettera di R. Cavazzana a G. Lercaro, 29 novembre 1964, Archivio Giacomo Lercaro, Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII (Bologna), f. «Processi di santi», A.LXVIII; nella medesima cartella è contenuta la lettera di un ragazzo emigrato in Germania che chiedeva a Lercaro, «tanto buono con i bambini», «di fare quanto è in suo potere di proclamare Santo il nostro amato scomparso Papa Giovanni XXIII al termine del Concilio Vaticano II».
[3] G. Lercaro, Linee per una ricerca su Giovanni XXIII, ediz. critica in Per la forza dello Spirito. Discorsi conciliari del Card. Giacomo Lercaro, a cura dell’Istituto per le scienze religiose, Bologna 1984, pp. 287-310. Il testo è stato reso noto nella sua integrità solo tredici anni dopo essere stato pronunciato dal Cardinal Lercaro in A. e G. Alberigo, Giovanni XXIII, profezia nella fedeltà, Brescia 1978, pp. 495-515; in una lettera a Mons. Capovilla dell’8 agosto 1966, il postulatore Padre Cairoli, riferendosi all’edizione della conferenza di Lercaro per i tipi delle Edizioni di Storia e Letteratura (1965) dichiarava che gli erano «molto piaciuti gli studi del Card. Lercaro e del [De] Rosa: offrono un serio contributo allo studio della personalità di Papa Giovanni: conosco bene le opere giuridiche del Dossetti e mi sembra di averne riconosciuto lo stile ed il pensiero!», AR, b. 56: «Causa di beatificazione di papa Giovanni XXIII».
[4] G. Lercaro, Linee per una ricerca, cit., p. 288.
(fonte: europacristiana.com)