Ci sarebbe da sorprendersi se uno degli ultimi membri della Pontificia accademia per la vita (PAV), fondata per promuovere una visione umana conforme al Magistero della Chiesa, fosse un rabbino ebreo? E cosa dire se predicasse la leicità dell’aborto in alcuni casi? Forse fino a qualche anno fa nessuno ci avrebbe creduto.
di Benedetta Frigerio (14-02-2018)
Ci sarebbe da sorprendersi se uno degli ultimi membri della Pontificia accademia per la vita (PAV), fondata per promuovere una visione umana conforme al Magistero della Chiesa, fosse un rabbino ebreo? E cosa dire se predicasse la leicità dell’aborto in alcuni casi? Forse fino a qualche anno fa nessuno ci avrebbe creduto, considerando la notizia sicuramente falsa e la nomina di un tale rabbino impossibile (era previsto un giuramento in cui i membri della PAV si impegnavano a difendere la vita). Invece la nomina del rabbino Fishel Szlajen alla Pontificia accademia per la vita non pare un’anomalia, ma il frutto di una svolta per rendere la PAV il contenitore di un umanitarismo inter-religioso allarmante.

Sono molte, infatti, le perplessità avanzate da quando la direzione della Pontificia accademia per la vita ha preso questa strada, sotto la responsabilità di monsignor Vincenzo Paglia. Basti pensare al comunicato della John Paul II Academy for Human Life and the Family (JAHLF), che critica le posizioni eterodosse espresse in seno alla PAV, che fra le sue ultime iniziative conta un congresso sulle cure palliative (Palliative Care: everywhere& by Everyone. Palliative care in everyregion. Palliative care in everyreligion or belief, Roma 28 febbraio-1 marzo) a cui parteciperanno relatori che non escludono l’eutanasia legale come estrema ratio. E in cui verrà dato ampio spazio all’importanza dell’accompagnamento spirituale del malato con l’intervento della professoressa Christina Puchalski, della Georgetown University di Washington, per cui è però indifferentemente se tale accompagnamento è di tipo cristiano, musulmano o buddista.
Ma in alcuni casi la PAV è andata ben oltre le perplessità, dato che al suo interno c’è chi, come monsignor Maurizio Chiodi, ormai predica la contraccezione come una possibilità, sebbene in contrasto con il Magistero millenario della Chiesa e con l’enciclica di un beato, vicino alla canonizzazione, come Paolo VI. Peggio ancora quanto avvenuto lo scorso novembre, quando la PAV organizzò un convegno sull’eutanasia con diversi relatori favorevoli alla sospensione di alimentazione e idratazione o perfino all’abolizione dell’obiezione di coscienza. Anche in questo caso fra i relatori c’erano rabbini, musulmani e cristiani chiamati a parlare del valore della vita secondo la prospettiva delle varie religioni poste tutte sullo stesso piano, nonostante in alcuni casi si pongano in netto contrasto con la legge naturale e la fede cattolica.

Ecco, infatti, le posizioni assunte dal rabbino Szlajen sulla vita nascente: “Solo in un caso — ha scritto su Infobae — la Bibbia chiede l’aborto, quando la vita del concepito minaccia inesorabilmente quella della madre”. Ma anche l’anencefalia, le patologie irreversibili o terminali del bambino rientrano nei casi “in cui l’aborto è permesso”, sebbene con “limiti severi nei tempi e nei modi”. Per il rabbino persino il frutto di una violenza sessuale merita la morte. D’altronde, nominato alla PAV dopo Szlajen, anche il rabbino Avraham Steinberg ha parlato del concepito come di un essere senza “status umano” prima dei 40 giorni e di un essere con uno status di valore crescente a seconda del numero dei giorni di vita a cui arriva.
E il Magistero della Chiesa, la cui conoscenza della natura umana e della legge naturale è fondata su un patrimonio di fede e conoscenza millenario, che fine ha fatto? E l’evidenza, che la Chiesa ha da sempre tutelato come argine al potere sull’uomo e come difesa della fede in Gesù Cristo (“Io sono la via, la VERITA’ e la VITA”), dov’è finita? Sono mesi che i fedeli confusi si pongono queste domande senza ottenere alcuna risposta se non una prassi vaticana che pare rispondere così: dimenticatevene. Dimenticate l’annuncio della salvezza al mondo e trovate un compromesso.
(fonte: lanuovabq.it)
si inviti il rabbino a leggere qualunque rivista o ricerca scientifica, tuute concordano sul fatto che dal concepimento (e non dopo 40 giorni) il frutto e’ VITA UMANA. Il resto sono ideologie di legge positiva che danno un diritto legale a 40 giorni, 3-6 mesi, o dopo la nascita. Cio’ che conta anche scientificamente e’ che e’ vita umana dal concepimento alla morte ed eliminarla significa eliminare vita umana.
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Quel che finora è ultrapalese è che tutti ‘sti ‘specialisti’ (?) di nuovo conio, inzeppati nella stravolta Pontificia Accademia per la Vita (?!?), sono stati accuratamente scelti per picconare con cura e misericordiosa perfidia tutto il prezioso patrimonio cattolico di tutela della vita (nascente, vivente e morente).
Il tutto in ossequio al sulfureo mandante degli attuali vertici vaticani.
E non inganni il perenne sorrisetto stampato (a dire il vero un po’ stolido) del mons. Paglia. Non tutto ciò che ride è degno di fiducia!
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