Alcune riflessioni in merito alle risposte fornite da Buttiglione sui cinque “Dubia”

Importante dissentire o porsi interrogativi con lo stile dei figli di Dio, dal cuore aperto all’amore per la Verità e alla premura nei confronti dei fedeli, sine ira et studio ma con la dovuta attenzione. Come in questa nuova condivisione di Giuseppe Fallica, che ringraziamo di cuore. (MIC)

di Giuseppe Fallica (24-11-2016)

L’accademico Rocco Buttiglione, nel sito Vatican Insider, ha fornito una sua personale risposta ai Dubia formulati dai cardinali Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Carlo Caffarra e Joachim Meisner (in merito all’Amoris Laetitia), su cui ad avviso di chi scrive è utile riflettere, perché essa costituisce un paradigma degli equivoci, non solo teologici, in cui cadono coloro che rifiutano la dignità, prima ancora che la correttezza, delle domande formulate al pontefice dai sopraccitati cardinali.

un grosso Equivoco sull’Eucarestia

Il primo equivoco che salta all’occhio è il rifiuto, da parte dei critici, di capire che i quattro prelati sono mossi unicamente dal desiderio di favorire la salvezza delle anime e non di precluderla, perché dovrebbe essere noto a tutti che il ricevere o meno l’Eucaristia (come insegna la dottrina) non è un evento neutro, o un gesto che può portare solo benefici spirituali. Se così fosse avrebbero ragione i detrattori nell’accusare di ingiustificata rigidità chi ritiene inammissibile l’accesso alla comunione per i divorziati-risposati more-uxorio.

La dottrina invece insegna che l’Eucaristia dona benefici spirituali ricevendola nello stato di grazia, cioè senza peccati mortali sulla coscienza, perché altrimenti (come spiega san Paolo in 1Cor 11,17-34) si commette il gravissimo peccato di profanazione e sacrilegio, il quale aggraverebbe la situazione spirituale del peccatore anziché favorirla. Consegue come sia fuorviante affermare che “l’Eucaristia è una medicina per i peccatori”, se non si precisa che ciò vale solo per i peccati veniali, e consegue ancora che la richiesta di chiarimento da parte dei quattro cardinali e più che legittima sul piano pastorale, per il bene delle anime, dal momento che l’Amoris Laetita ha dato vita a interpretazioni antitetiche che vedono contrapposti vescovi, cardinali e conferenze episcopali.

In pratica Burke e soci hanno chiesto al Papa: “Dobbiamo ancora credere a Giovanni Paolo II quando afferma che il more-uxorio è sempre peccato mortale, senza eccezione alcuna, oppure Lei, Santità, ci sta insegnando che in alcuni di questi casi il peccato mortale può non sussistere?”. Si tratta di una domanda di chiarimenti che vuole favorire una interpretazione univoca e non certo fomentare divisioni, come affermano malevolmente alcuni critici, dal momento che questa divisione interpretativa è da ricondurre esclusivamente all’ambiguità del testo, il quale da un lato “sposa” il precedente magistero di Giovanni Paolo II, ma dall’altro esprime concetti che sembrano contraddirlo.

L’inganno del “caso per caso”

Ma torniamo all’articolo del professor Buttiglione. Egli risolve la questione suddetta rispondendo che in alcuni casi il peccato mortale non sussiste, ma al limite può esserci solo colpa veniale, in quanto sebbene ci sia presenza di materia grave, a suo dire nel singolo caso può mancare la piena avvertenza o il deliberato consenso. Si tratta di una riproposizione di quella etica della situazione già in passato respinta dal Magistero.

Circa la piena avvertenza ecco cosa ha scritto il teologo don Angelo Bellon: «Va tenuto presente quanto dice il Concilio: “Succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo perda la propria dignità” (Gaudium et spes, 16). In tal caso, commenta il Catechismo della Chiesa Cattolica, “il male commesso dalla persona non può esserle imputato. Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori” (CCC1793). Ma il medesimo Concilio avverte anche che talvolta l’ignoranza, sebbene invincibile, possa essere colpevole: “È colpevolmente erronea, perché l’uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e diventa quasi cieca in seguito all’abitudine al peccato” (GS 16). Ora molti oggi non hanno consapevolezza di compiere il male perché la loro coscienza è diventata “quasi cieca in seguito all’abitudine al peccato” (GS 16). Inoltre, pur sentendo richiami interiori a cercare la verità non si curano di conoscerla. Allora il giudizio della loro coscienza può essere dettato da ignoranza invincibile, ma colpevole».

Da quanto espone il teologo consegue che anche qualora il soggetto non sapesse che il more-uxorio costituisce peccato mortale (cosa che, a rigor di logica, sembra impossibile per chi si definisce cattolico e si prende la briga di chiedere la Comunione), sarebbe sufficiente il primo dialogo con un sacerdote per superare il suo stato di ignoranza. E non si può chiamare a giustificazione il fatto che il soggetto non comprenda il valore della norma morale oppure che interpreti essa come una ingiusta imposizione, perché il cattolico è chiamato ad accogliere ed ubbidire al decalogo SOLO in quanto essa è legge divina, e non nella misura in cui egli capisca o meno la sua utilità (altrimenti non sarebbe un cattolico “ignorante”, ma un apostata).

Per quanto riguarda invece la presunta assenza del deliberato consenso, il professor Buttiglione espone due possibili cause: la tentazione invincibile e il timore di incorrere in gravi conseguenze (qualora ci si astenesse da una determinata azione peccaminosa). Vediamo la prima.

Al concetto eretico di tentazione invincibile ha risposto adeguatamente il teologo don Alfredo Maria Morselli, laddove scrive che «purtroppo si constata, leggendo tanti interventi di chi vuole sovvertire la dottrina della Chiesa sull’Eucarestia e sul matrimonio, un radicato pessimismo nei confronti di quei fratelli verso i quali si vorrebbe esercitare la misericordia (…) le persone con tendenza omosessuale e i divorziati risposati sarebbero soggetti ad una concupiscenza invincibile – sempre di sapore luterano – giansenista -, per cui si ha persino paura a proporre loro la Verità di Cristo;” ma Egli non permetterà mai che siamo tentati sopra le nostre forze “Dio è fedele, e non permetterà che siate tentati oltre il vostro potere, ma con la tentazione provvederà anche il buon esito dandovi il potere di sostenerla” (1 Cor. 10,13). Ecco la promessa che dissolve ogni “etica della situazione”».

Riguardo il timore di incorrere in gravi conseguenze, il quale determinerebbe un consenso forzato (e dunque una minore responsabilità), il professor Buttiglione fa l’esempio di una povera donna che qualora proponesse al partner l’astinenza dagli atti sessuali si troverebbe abbandonata a un destino di indigenza, mentre nell’Amors Laetitia si accenna ad eventuali conseguenze per i figli nati dalla nuova relazione, qualora venisse meno il more-uxorio. Ma le cose stanno davvero nei termini esposti dal professore? No, perché fin quando il soggetto rimane libero di scegliere tra due opzioni (compiere una azione peccaminosa, oppure non compierla) la sua rimarrà una scelta pienamente consapevole e responsabile e questo a prescindere dalla preoccupazione e dalla gravità delle eventuali conseguenze di un scelta rispetto all’altra. Ce lo conferma la storia della Chiesa, per esempio, nel caso dei Lapsi.

I veri percorsi penitenziali

Durante le persecuzioni del III secolo, si pose il problema di accogliere nuovamente nella Chiesa quei cristiani che avevano accettato di sacrificare agli dei pagani perché minacciati di spoliazione e di morte. Nel loro caso ci sarebbero state valide attenuanti “psicologiche”, se queste fossero state ammissibili, ma non fu mai così. I Lapsi furono sempre considerati in stato di peccato mortale e per rientrare nella Chiesa dovettero compiere lunghi percorsi penitenziali.

(fonte: chiesaepostconcilio.blogspot.it)


Carissimi amici,

vi ricordiamo la nostra raccolta fondi (che si concluderà domenica 27 novembre) per aiutare una famiglia in grave difficoltà economica (cliccare qui). Grazie a tutti.

2 pensieri riguardo “Alcune riflessioni in merito alle risposte fornite da Buttiglione sui cinque “Dubia”

  1. “…. il professor Buttiglione fa l’esempio di una povera donna che qualora proponesse al partner l’astinenza dagli atti sessuali si troverebbe abbandonata a un destino di indigenza…”

    Diciamo che ne abbiamo piene le tasche di vicende umane miserevoli, lacrimevoli e strappacuore, guarda caso tutte cascanti a fagiolo, citate a supporto e conforto di tesi sempre più eterodosse che si vogliono spacciare per meritevoli di valutazione “caso per caso”.
    Ma poi, cos’è diventato il professor Buttiglione?
    Un altro (l’ennesimo) portavoce di papa Bergoglio?
    Il quale ultimo, anziché rispondere ai 4 cardinali come richiederebbe (almeno) uno straccio di buona educazione, farebbe palare personaggi peregrini, che meglio farebbero se si dedicassero al proprio lavoro?

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