OVVERO: ESTREMO APPELLO AL “PARTITO DEL SALE DELLA TERRA”.
di Matteo Donadoni (09-06-2016)
En Passant vengo a sapere, come si dice, quasi in tempo reale, della morte del card. Capovilla, il quale non ho ancora capito se si sia portato la terza parte (completa) del segreto di Fatima nella tomba. Proprio quello che il mio parroco voleva sempre farmi intervistare pur di non farmi scrivere quello che penso. Ha desistito solo quando gli ho promesso che la prima domanda sarebbe stata: «Secondo lei è più forte Silver Surfer o l’Uomo Ragno?».
Ma non sono dell’umore giusto per parlare di queste cose oggi. Direi proprio che religiosamente, devozionalmente, teologicamente parlando, cari cattolici, ci troviamo in quello che si suol definire un cul de sac. Bergoglio ci detesta. Non è una novità, ça va sans dire. Ma, quousque tandem? fino a quando ci sarà consentito sopportare? Mai come oggi per me sono state attuali le parole di Gesù: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera, e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa» (Mt 10,34).
A chi non è capitato di litigare anche solo in famiglia perché “questo papa sì che è il papa dei poveri! Un santo!”? Un santo della fine del mondo. Io sono fra quelli che non possono accettare il fatto che Benedetto non sia stato altro che il rovescio della stessa stoffa di cui è intessuto il disegno teleologico di Francesco.
Più passa il tempo, più ripenso a Ratzinger, e più mi convinco che Bergoglio sia invece il distillato cardinalizio dell’insipienza modernista e del pressapochismo clericale. Non c’era bisogno di leggere le – comunque ambigue – parole di mons. Gänswein sul fatto possa esistere e che vi sia sempre “un solo Papa legittimo”. Da quella sera, da quel fulmine divino ed impressionante sulla Cupola di San Pietro, epilogo cosmologico di quel «Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi», pronunciato il 25 aprile 2005 dal neo eletto Benedetto XVI – che lupi mi chiedevo? Che il Panzerkardinal sia laziale?
Diciamo la verità! Quante eresie si stanno propalando da Roma? Non voglio proporne qui una silloge, perché non ne sarebbe capace probabilmente nemmeno il tenente Colombo con i proverbiali appunti. Tuttavia, le acrobazie esegetiche di Bergoglio sono tantissime quanto evidenti (si veda anche il mio recente “Francesco come Saul”), molti hanno sottolineato le eresie in Amoris Laetitia, dove viene capovolta la parola di Gesù nei confronti della durezza di cuore dei Farisei riguardo il matrimonio (Mc 10, 1-12).
Ora il Vescovo vestitito di bianco se ne esce con: «L’idea di conquista è inerente all’anima dell’Islam, è vero. Ma si potrebbe interpretare, con la stessa idea di conquista, la fine del Vangelo di Matteo, dove Gesù invia i suoi discepoli in tutte le nazioni». E Poitier? E Lepanto? E Vienna? Lo sa Bergoglio che nei paesi arabi si studia la storia a partire da Maometto come se fosse cascato d’improvviso dalla Luna? Citando Blondet: «se Francesco attribuisce a Gesù gli intenti conquistatori di Maometto, sa di diffamare il Salvatore, è cosciente di calunniarlo. […] Come è riuscito a diventare prete? Questo, non glielo permetto. Io non sono nessuno, ma come laico cristiano ho diritto a non veder vilipendere il Figlio di Dio incarnato».
Lui, che vanta origini italiane, non sa più che farsene della cultura Occidentale. Ripudia la storia, i propri antenati: Maratona, Salamina, le Termopili e quella sua Roma aggredita, che sconfisse Cartagine, il nemico assoluto adoratore di Baal, non-integrabile, delenda, da sradicare per non esserne sradicata. La stessa Roma che con intelligenza accolse la cultura greca, riconoscendola superiore, creando terreno fertile per la diffusione della teologia giudaico-cristiana, che sarebbe venuta all’akmè dell’Impero, per volontà dell’unico vero Dio.
Cristo non ci ha lasciato una Sharia, ha riconosciuto quel diritto romano laico (date a Cesare; insieme al diritto di essere soldati accontentandosi di una giusta paga), che coraggiosi e saggi monaci amanuensi salvarono dall’oblio, diversamente dai sapientoni di Al-Azhar, non osando bruciare i libri, anche se licenziosi, ma li ricopiarono, tanto era il prestigio del genio classico, ed è grazie a loro che li abbiamo ancor oggi.
Bergoglio, invece, ha paura della cultura, e la impone alla neoteologia cattolica: «L’apporto del cristianesimo a una cultura è quello di Cristo con la lavanda dei piedi, ossia il servizio e il dono della vita. Non deve essere un apporto colonialista». Addirittura, vecchia tiritera, la leggenda nera sui conquistadores? In tutta questa Misericordia melensa giubilare dove è finita l’opera di carità spirituale che impone di istruire gli ignoranti? Allora evviva il nobile Hidalgo Hernan Cortes e i conquistadores spagnoli che hanno giustamente soppresso, pur con i mezzi e tutte le pochezze proprie del tempo, ma con gran sollievo dei popoli ad esse sottomessi, la belluina spiritualità delle religioni del sacrificio umano.
Le stesse centinaia di migliaia di vittime a cui, secondo il vescovo di Roma, avrebbero dovuto essere felicemente lasciate in balia di quelle “culture”, vere proprie societates diaboli. Importante non colonizzare. Personalmente sono orgoglioso di discendere da chi, fuggito da Canne, chiese ed ottenne di essere schierato in prima acie a Zama. E vinse. Altro che bevitori di sangue umano.
Eminentissimi Cardinali, noi semplici cattolici, noi, fedeli, come tanti piccoli Chesterton, vogliamo una Chiesa che muova il mondo! Non una clima di pusillanimità diffusa che imponga dittatorialmente d’adeguarsi all’andazzo, altrimenti ci saremmo già convertiti all’eresia luterana: grandi dormite la domenica mattina, calcio il pomeriggio, alcol (con una schiumina di senso di colpa) e donnacce la notte. Tanto, sola fide! A me questa non pare una Chiesa viva, in comunione con la tradizione apostolica, in parole ed opere. «Platone vi ha detto una verità, ma Platone è morto. Shakespeare vi ha emozionato con una rappresentazione, ma Shakespeare non può più crearne altre. Ma immaginate che cosa sarebbe vivere insieme a questi uomini se fossero ancora tra noi, sapere che Platone domani potrebbe impartire una lezione o che in qualunque momento Shakespeare potrebbe far vibrare la terra con una nuova canzone. L’uomo che vive in contatto con quella che crede essere una Chiesa viva è un uomo che si aspetta sempre di incontrare Platone o Shakespeare domani a colazione» (Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia).
Altro esempio risaputo: Bergoglio, lavando i piedi senza discriminazione a gente d’altra religione e anche a donne, ha completamente distorto e falsificato il significato del gesto di Cristo, che volle farsi ultimo dinanzi agli apostoli consacrati sacerdoti. La Chiesa intera è il corpo mistico di Cristo, senza discriminazioni di censo, fino a prova contraria.
Eminentissimi Cardinali del “Sale della Terra”: non vi sono forse più cattolici in Vaticano? Hanno tutti paura di parlare, più nessuno predica dai tetti la Verità? Ci sia accontenta di una sorta di neoarianesimo adoratore dell’Uomo? Tornando a Chesterton: «La Chiesa e le eresie hanno sempre combattuto per le parole, perché le parole sono la sola cosa che valga la pena di una lotta» (Gilbert Keith Chesterton, La sfera e la croce). Vi imploriamo di fare qualcosa di concreto e congiunto per fermare la demolizione della Chiesa. Guardie svizzere o documenti, non sta a me, il peggiore fra i peccatori, discrimine o discernimento. Ma a voi, Principi della Chiesa, successori degli Apostoli.
Altrimenti, intelligenti pauca, non ci resta che attendere e sperare nell’eterogenesi dei fini, definita: «conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali». Perché, è vero, si può lodare l’eterogenesi della reazione serena davanti al torto irritante. E sono irritato, parecchio. Ma onestamente io ribalterei la questione in: «Il destino spesso lo si incontra proprio sulla strada presa per evitarlo». Il destino non esiste, il destino non è che la volontà del Padre. Spero proprio che abbiate fatto la vostra scelta con questa convinzione. E, quanto a me, di aver torto.
FONTE: campariedemaistre.com