Un papa può cambiare la dottrina? È tempo di fare chiarezza sull’infallibilità del pontefice

Il testo che riportiamo è la seconda delle tre parti di un saggio approfondito sulla “fallibilità papale” di Edward Feser pubblicato da LifeSiteNews. Traduzione di Chiesa e post-concilio.

di Edward Feser (04-12-2015)

La dottrina cattolica sull’autorità degli insegnamenti del papa è assai chiara, eppure molte persone ne danno una cattiva interpretazione. Un mio amico non cattolico mi ha chiesto recentemente se il papa potrebbe in teoria stravolgere l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità. Mi ha detto: “Potrebbe semplicemente fare una dichiarazione ex cathedra a questo scopo, no?”. Ebbene no, non potrebbe farlo. Non funziona affatto così. Alcuni pensano che secondo la dottrina cattolica un papa sia infallibile non solo quando pronuncia dichiarazioni ex cathedra, ma in tutto quanto fa e dice. Non è affatto vero. La dottrina cattolica ammette che i papi possano in certi casi commettere gravi errori, persino in campo dottrinale.

Il vescovo Luigi Natoli, il maggior sostenitore del dogma dell'infallibilità papale al Vaticano I.
Il vescovo Luigi Natoli, il maggior sostenitore del dogma dell’infallibilità papale al Vaticano I.

Molti cattolici lo sanno, ma interpretano la nozione dell’autorità papale in modi erronei. Alcuni pensano che un cattolico sia obbligato ad accettare l’insegnamento di un papa solo quando tale insegnamento viene da lui pronunciato ex cathedra. Nemmeno questo è vero. L’errore opposto a questo punto di vista ‘minimalista’ è quello di chi pensa che i cattolici debbano essere d’accordo con molte cose che il papa pronuncia non ex cathedra, o che i cattolici debbano aderire più o meno a ogni decisione o insegnamento di un papa in materia di teologia, filosofia, politica, etc. anche quando non li pronunci ex cathedra. Nemmeno questo è vero. Contrariamente a quanto sostiene questo punto di vista ‘massimalista’, vi sono molte cose a cui un cattolico deve prestare esclusivamente una considerazione rispettosa, ma con cui non deve necessariamente essere d’accordo. Come sempre, la dottrina cattolica è equilibrata, un punto intermedio tra due estremi – in questo caso, tra uno minimalista e uno massimalista. Ma presenta anche varie sfumature, e pertanto è necessario fare alcune distinzioni troppo spesso ignorate per comprenderla bene.

Mettiamo innanzitutto in chiaro cosa si intende per “infallibilità’”. Il Concilio Vaticano I ha insegnato che:

«Quando il Romano Pontefice parla ex cathedra, ossia quando – nell’esercizio del suo officio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua autorità apostolica suprema – definisce una dottrina relativa alla fede o alla morale che deve essere osservata da tutta la Chiesa, egli possiede – in virtù dell’ausilio divino a lui promesso nella figura di San Pietro – quell’infallibilità che il Divino Redentore si è degnato di concedere alla Sua Chiesa nel definire le dottrine relative alla fede e alla morale. Pertanto, le definizioni emanate ex cathedra dal Romano Pontefice sono in se stesse – e non in virtù del consenso della Chiesa – immutabili».

Il Concilio descrive qui l’esercizio da parte del papa di quello che è chiamato il suo “Magistero straordinario”, opposto al suo “Magistero ordinario”, ossia alla sua attività di insegnamento quotidiana in forma di omelie, encicliche, etc. Questo passo identifica varie condizioni per l’esercizio del Magistero straordinario: in primo luogo il papa deve appellarsi alla sua autorità suprema di maestro in quanto successore di Pietro, l’esercizio della quale è ben diverso dai momenti in cui egli parla esclusivamente come un teologo privato, quando fa dei discorsi a braccio, etc. L’esercizio del Magistero straordinario dovrebbe quindi implicare normalmente una dichiarazione solenne e formale. In secondo luogo, occorre che il papa stia definendo una dottrina concernente la fede o la morale. Il Magistero straordinario non ha quindi a che vedere né con questioni scientifiche – come per esempio quanti elementi ci siano nella tavola periodica –, né con questioni politiche – come per esempio stabilire se certi elementi di una legislazione proposta siano da considerare validi –, o altre cose del genere. In terzo luogo, occorre che il pontefice stia ‘definendo’ una dottrina che sia un insegnamento ufficiale vincolante per tutta la Chiesa. Il Magistero straordinario non ha a che vedere con gli insegnamenti relativi a circostanze locali o contingenti.

Ma vi è anche un’ulteriore condizione cruciale per le dichiarazioni ex cathedra. Il Concilio Vaticano I lo ha sottolineato in un passo che segue di vari paragrafi quello citato sopra:

«Poiché lo Spirito Santo è stato promesso ai successori di Pietro non affinché essi possano rendere nota – tramite la Sua rivelazione – alcuna nuova dottrina, ma affinché con la Sua guida essi possano conservare religiosamente ed esporre fedelmente la rivelazione o il deposito della fede tramandato dagli apostoli».

L’insegnamento papale, quindi, ivi compreso l’esercizio del Magistero straordinario, non può contraddire la Scrittura, la Tradizione o anteriori insegnamenti papali vincolanti, e non può nemmeno introdurre novità. I papi hanno solo l’autorità di preservare e interpretare ciò che hanno ricevuto. Possono dedurre le implicazioni di insegnamenti precedenti o chiarirli nel caso in cui siano ambigui; possono rendere formalmente vincolante quanto veniva insegnato in modo informale. Ma non possono cambiare insegnamenti anteriori e non possono creare nuove dottrine dal nulla. Il Concilio Vaticano II si è mantenuto sulla stessa linea quando ha insegnato, nella Dei Verbum, che la Chiesa non può insegnare nulla che sia contrario alla Scrittura:

«L’ufficio vivo dell’insegnamento da parte della Chiesa […] non è al di sopra della parola di Dio, bensì la serve, insegnando solo quanto le è stato tramandato, ascoltandola devotamente, conservandola scrupolosamente e spiegandola fedelmente […]».

Papa Benedetto XVI ha chiarito questo punto come segue, in un’omelia del 7 maggio 2005:

«Il papa non è un monarca assoluto i cui pensieri e desideri sono legge. Al contrario: il ministero del papa è la garanzia dell’obbedienza a Cristo e alla sua Parola. Il papa non può proclamare le proprie idee, bensì deve vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza alla Parola di Dio, combattendo ogni tentativo di adattarla o annacquarla e ogni forma di opportunismo […]. Il papa sa di essere legato alla grande comunità della fede di tutti tempi e alle interpretazioni vincolanti che si sono sviluppate durante il pellegrinaggio della Chiesa in questo mondo quando deve prendere importanti decisioni. Il suo potere, pertanto, non è al di sopra ma al servizio della Parola di Dio. Incombe su di lui il dovere di assicurare che questa Parola continui ad essere presente in tutta la Sua grandezza e a risuonare in tutta la Sua purezza, senza essere fatta a brandelli da continui cambiamenti d’uso».

Nonostante il papa non sia sempre infallibile quando esercita il suo Magistero ordinario, lo può essere in alcune circostanze: in particolare, è infallibile quando riafferma qualcosa che faceva già precedentemente parte dell’infallibile insegnamento della Chiesa basato sulla Scrittura e sulla Tradizione.

Giovanni Paolo II chiuse la questione sul "sacerdozio femminile": la Chiesa non può ordinare donne al sacerdozio.
Giovanni Paolo II chiuse la questione sul “sacerdozio femminile”: la Chiesa non può ordinare donne al sacerdozio.

Per esempio, nell’Ordinatio Sacerdotalis, Papa San Giovanni Paolo II ha riaffermato l’insegnamento tradizionale della Chiesa per confermare che la Chiesa non è autorizzata a ordinare le donne al sacerdozio, e la Congregazione per la Dottrina della Fede ha in seguito confermato che questo insegnamento deve essere considerato infallibile. La ragione di ciò non consiste nel fatto che il documento papale in questione sia un esercizio del Magistero straordinario, bensì piuttosto nel fatto che quest’insegnamento sia parte della dottrina costante e universale della Chiesa.

Ora, ciò che rende l’insegnamento costante e universale della Chiesa infallibile è in se stesso un tema importante che va tuttavia al di là dello scopo di questo saggio, che si concentra specificamente sull’autorità degli insegnamenti del papa. Basti mettere in evidenza, per quel che qui ci interessa, che gli atti di esercizio del Magistero ordinario sono infallibili quando non fanno altro che riaffermare l’insegnamento costante e universale della Chiesa, esattamente perché non implicano né lo stravolgimento di un insegnamento del passato né l’aggiunta di qualche novità.

L’infallibilità papale, quindi, non è una sorta di potere magico per mezzo del quale il papa può trasformare tutti gli elementi antichi che vuole in verità nuove che tutti sono costretti ad accettare, bensì un’estensione dell’infallibilità del preesistente corpo di dottrine la cui salvaguardia è proprio il cómpito del papa, un cómpito che deve essere realizzato sempre in continuità con quello stesso corpo di dottrine. Ovviamente, quindi, il papa non parlerebbe in modo infallibile se insegnasse qualcosa che non fosse fondato sulla Scrittura, sulla Tradizione o sul precedente insegnamento magisteriale, o che contraddicesse queste fonti di dottrina. Senza queste basi, potrebbe sbagliarsi, e se contraddicesse queste fonti di dottrina, sarebbe sicuramente nell’errore.

È tuttavia un fatto molto raro che un papa – anche quando stia esercitando solamente il suo Magistero ordinario – affermi qualcosa che sia manifestamente una novità assoluta o che sia in conflitto con la dottrina già esistente. I papi sanno che il loro cómpito è quello di preservare e applicare la dottrina cattolica, pertanto quando non stanno affermando qualcosa che non sia una semplice riaffermazione della dottrina preesistente, stanno di solito cercando di dedurre le implicazioni di una dottrina già esistente, di eliminarne ambiguità d’interpretazione, di applicarla a nuove circostanze, e così via. Se si trovano delle inesattezze in tali dichiarazioni, quindi, sarà necessario essere sottili ed esercitare la ragione con cura per identificarle e correggerle. Nella dottrina cattolica esiste pertanto un presupposto (del quale si può tuttavia non tener conto) a favore di quello che il papa afferma persino nel suo Magistero ordinario, che non è infallibile. La posizione predefinita di un cattolico dev’essere quindi quella di aderire a tali insegnamenti non infallibili, almeno quando tali insegnamenti concernono principi della fede e della morale e non l’applicazione dei principi a circostanze contingenti concrete in cui i giudizi relativi a tali circostanze siano per la loro stessa natura al di là della competenza specifica del papa.

FINE SECONDA PARTE

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