Jean-Pierre Grallet, il vescovo “blasfemo”

di Mauro Faverzani

«La bestemmia è contraria al rispetto dovuto a Dio ed al Suo Santo Nome. Per sua natura è un peccato grave». Lo dice il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2148, precisando come, col termine «bestemmia» si debbano intendere le «parole di odio, di rimprovero, di sfida» proferite «contro Dio», il «parlar male» di Lui, mancarGli «di rispetto» anche «nei propositi» o «abusare del nome» Suo. Non solo: «La proibizione della bestemmia si estende alle parole contro la Chiesa di Cristo, i santi, le cose sacre».

Peccato che ciò, ora, sembri valere solo per il Catechismo, ma non più per una parte della Chiesa Cattolica. Unitasi, proprio il giorno prima dell’attentato alla redazione di Charlie Hebdo (tempismo perfetto!), a protestanti, ebrei e musulmani, per chiedere ufficialmente che venga abolito il reato di blasfemia, sopravvissuto in Alsazia e Mosella quale retaggio del codice penale tedesco, dopo l’annessione alla Francia, avvenuta nel 1918.

L’arcivescovo di Straburgo, mons. Jean-Pierre Grallet.
L’arcivescovo di Straburgo, mons. Jean-Pierre Grallet.

Attualmente prevede la reclusione fino a tre anni per chi «abbia causato scandalo, bestemmiando pubblicamente contro Dio con intenti oltraggiosi». Ad invocare tale reato di fronte ad un tribunale di Strasburgo, fu nel 2013 la Lega per la difesa giudiziaria dei musulmani, dichiaratasi offesa da una vignetta pubblicata proprio su Charlie Hebdo. Ma la procedura venne annullata per questioni formali. Nel resto della Francia, invece, offender Dio non è più considerato un crimine già dai tempi della rivoluzione francese.

L’Arcivescovo di Straburgo, mons. Jean-Pierre Grallet, ha confermato come i rappresentanti delle varie religioni abbiano «maturato da diverso tempo» la convinzione di chiedere l’abrogazione di tale capo d’imputazione, considerato «obsoleto». «La Repubblica ha mezzi sufficienti per invitare al rispetto reciproco», ha dichiarato. Gli ha fatto eco Abdellaq Nabaoui, vicepresidente del CRCM-Consiglio regionale del culto musulmano d’Alsazia, dettosi «sulla stessa linea. Ciò che ci interessa, è la libertà d’espressione»: infatti, si è visto di lì a poche ore cosa ne pensassero alcuni suoi correligionari…

La sconcertante richiesta è stata mossa formalmente nel corso di un’audizione comune, tenutasi a Parigi di fronte all’Osservatorio della Laicità, ente direttamente alle dipendenze del primo ministro. Osservatorio, subito congratulatosi con i propri interlocutori, per il fatto che abbiano compreso il «carattere eccessivo di tale misura, attentato alla libertà d’espressione. Ci hanno proposto loro stessi di porvi termine», ritenendola una disposizione «ormai desueta», ha affermato il relatore generale dell’ente, Nicolas Cadène.

Una parte della Chiesa Cattolica, compreso un arcivescovo, ritiene quindi «obsoleto» punire chi offenda Dio. Nonostante Sacra Scrittura, Magistero e Tradizione dicano un’altra cosa. Come anche il Catechismo dimostra. Chissà se, per cambiare le carte in tavola anche su questo punto, si giunga prima o poi a richiedere la convocazione di un Sinodo straordinario?

© Corrispondenza Romana (14/01/2015)

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